Chiamata diretta. Quante volte dobbiamo essere giudicati? Lettera
Sto leggendo in questi giorni di richieste talvolta stravaganti di alcuni presidi, effettuate in sede di colloquio.
Sto leggendo in questi giorni di richieste talvolta stravaganti di alcuni presidi, effettuate in sede di colloquio.
Si tratterà di casi isolati, certo, ma è già l'idea del colloquio che mi lascia perplessa. Per ciò che sottintende. Cioè che, come recita il famosissimo detto, "gli esami non finiscono mai". Vorrei ricordare che tutti noi, per diventare docenti, abbiamo già superato con successo uno o più concorsi, dunque siamo stati valutati.
Molti di noi hanno esperienza plurima nei lunghi anni di precariato, in ogni caso non c'è nessuno di noi che non sia stato giudicato idoneo all'insegnamento tramite procedure pubbliche e statali. Dunque? Non riapro la polemica contro la chiamata diretta, perché i suoi inconvenienti sono sotto gli occhi di tutti: è una procedura poco trasparente che dà adito a discriminazioni e arbitrio. Voglio sottolineare un altro aspetto: quello che alla nostra categoria si chiede sempre di più, offrendo sempre di meno.
Prima si aveva titolarità su cattedra, eterna, senza dover fare la corsa alle "fabbriche di titoli" e senza colloquio. Oggi si emigra fuori regione per soli tre anni, senza titolarità su cattedra, con stipendi bloccati da sette anni, senza neppure vedersi riconosciuta la dignità di chi è stato già ampiamente valutato. Dallo Stato. Non si tratta di non volersi mettersi in gioco. Lo facciamo ogni giorno. Lo stiamo facendo. Si tratta di vedersi riconosciuto un barlume di dignità. Quante volte dobbiamo essere giudicati? Non mi risulta che nessun'altra categoria subisca lo stesso trattamento di "sfiducia".
Adele Perrella