Centro estivo, la denuncia di una madre: “Rette troppo alte, si toglie a tantissimi bambini il diritto all’educazione e alla socializzazione

Una cifra che fa discutere: 535 euro per quattro settimane. È questa la somma richiesta ai genitori di Lecco per iscrivere i propri figli al centro estivo cittadino.
Una spesa che, per molte famiglie, rappresenta un ostacolo quasi insormontabile. Daniela, la mamma coinvolta, ha scelto di raccontare la sua esperienza sui social, sottolineando la contraddizione tra il riconoscimento di Lecco come “città amica dei bambini” e la realtà di rette che, a suo dire, “tolgono a tantissimi bambini il diritto all’educazione e alla socializzazione”. Per riuscire a garantire alla figlia la partecipazione al centro ricreativo diurno, Daniela ha dovuto ricorrere a una colletta tra parenti e amici, descrivendo la situazione come “un lusso e non una necessità”.
Il peso economico sulle famiglie
La testimonianza di Daniela mette in luce le difficoltà quotidiane di molte famiglie. Oltre ai 535 euro per la figlia più piccola, la famiglia dovrà affrontare ulteriori 700 euro per le attività estive del figlio maggiore, tra oratorio e vacanza. “Io e mio marito lavoreremo a oltranza, e comunque non resteranno soldi per nient’altro se non per mangiare”, racconta la donna, che lavora come addetta alle pulizie, mentre il marito è operaio. A gravare ulteriormente sul bilancio familiare, anche un mutuo mensile da 550 euro. Daniela non nasconde il disagio provato nel dover chiedere aiuto economico: “È una cosa che toglie la dignità”, ammette, sottolineando come la situazione sia ormai diventata la “normalità” per molte famiglie, costrette a “fare i salti mortali” per garantire ai figli opportunità di crescita e socializzazione.
Nessuna alternativa e un appello alle istituzioni
Le soluzioni alternative, come affidare la bambina ai nonni, non sono praticabili: “Mio padre ha problemi di salute e non è giusto che i nonni si sobbarchino da soli la cura della bambina”, spiega Daniela, che ha dovuto organizzare la settimana della figlia tra vicini e parenti, rinunciando alla prima settimana di centro estivo per risparmiare. Il centro estivo non è gestito dal Comune, e anche il sindaco, secondo quanto riferito dalla donna, avrebbe le mani legate. Daniela, però, non si arrende e lancia un appello: “Dobbiamo fare qualcosa, in tanti si trovano nella mia stessa situazione. Il diritto all’educazione e alla socializzazione dei bambini deve essere garantito a tutti, indipendentemente dalla condizione economica”.
Un quadro complesso e interconnesso
L’analisi dei costi dei centri estivi, delle misure di sostegno economico per le famiglie, delle difficoltà di conciliazione tra lavoro e cura dei figli e del ruolo crescente dei nonni e delle reti informali di supporto restituisce un quadro complesso e interconnesso, che riflette le profonde trasformazioni sociali e le criticità del sistema di welfare.
Le rette dei centri estivi rappresentano una delle principali voci di spesa per le famiglie durante il periodo estivo. Le differenze territoriali sono marcate: nelle grandi città del Nord, i costi possono superare i 500 euro al mese, mentre in altre aree, soprattutto dove la gestione è pubblica o sostenuta da fondi comunali, le tariffe risultano più accessibili. Tuttavia, la tendenza generale vede un progressivo aumento dei prezzi, spesso non proporzionato ai redditi medi delle famiglie, con il rischio concreto di escludere una fascia crescente di bambini dalle opportunità educative e ricreative offerte dai centri estivi.
A fronte di questi costi, le misure di sostegno economico messe in campo da Stato e amministrazioni locali risultano spesso insufficienti o di difficile accesso. I bonus centri estivi, le detrazioni fiscali e i contributi comunali, pur rappresentando un aiuto, non sempre coprono l’intero fabbisogno e, in molti casi, sono vincolati a requisiti stringenti o a risorse limitate.
La frammentazione degli interventi e la mancanza di una strategia nazionale organica fanno sì che il sostegno sia disomogeneo e lasci scoperti molti nuclei familiari, soprattutto quelli che, pur non rientrando nelle fasce di maggiore disagio, faticano comunque a sostenere le spese.
Conciliare lavoro e cura dei figli
La situazione si riflette direttamente sulla conciliazione tra lavoro e cura dei figli. Durante l’estate, la chiusura delle scuole mette a dura prova l’organizzazione familiare, in particolare per i genitori che non possono contare su ferie prolungate o su forme di flessibilità lavorativa. L’assenza di servizi accessibili e la difficoltà a coprire i costi dei centri estivi costringono molte famiglie a soluzioni di fortuna, con un impatto negativo sia sulla qualità della vita che sulla produttività lavorativa. Il problema si acuisce per le famiglie monogenitoriali o per quelle prive di una rete di supporto stabile.
Il ruolo dei nonni e delle reti informali di supporto, pertanto, diventa centrale. Sempre più spesso, i nonni vengono chiamati a supplire alle carenze del sistema pubblico, assumendo un carico di cura che, in alcuni casi, può risultare eccessivo o non sostenibile, soprattutto in presenza di problemi di salute o di età avanzata. Anche le reti di vicinato e l’aiuto tra amici e parenti rappresentano una risorsa preziosa, ma non sempre sufficiente o equamente distribuita.
Il ricorso a queste soluzioni, se da un lato testimonia la resilienza delle famiglie italiane, dall’altro evidenzia la necessità di politiche più strutturate e inclusive, capaci di garantire a tutti i bambini il diritto all’educazione e alla socializzazione, indipendentemente dalla condizione economica o dalla presenza di una rete familiare di supporto.