Cellulare in classe, Petri: “La scuola non può avere paura della tecnologia, lo smartphone è meglio del diario”
Valentina Petri, docente e scrittrice, dalle pagine de La Stampa risponde con ironia alle recenti uscite del Ministro dell’Istruzione, che inneggia al ritorno a scuola di strumenti “antichi” come il diario cartaceo e il divieto dei cellulari.
Un’operazione nostalgia che, secondo Petri, rivela tutta la fallacia di una certa retorica sulla scuola, più attenta alla forma che alla sostanza.
“Una prosa degna del maestro Perboni”, così Petri definisce l’elogio del Ministro al “buon vecchio diario”, dove “il bambino segna con la sua mano e la sua penna”. Un’immagine romantica, ma lontana dalla realtà di una scuola che dovrebbe insegnare ai ragazzi ad usare la tecnologia in modo responsabile, non a rifugiarsi in un passato idealizzato.
L’autrice si chiede, con un pizzico di sarcasmo, se il ritorno al diario cartaceo impedirà davvero agli studenti di “dimenticare” i compiti o di mentire ai genitori. La risposta è ovviamente no, perché il problema non è lo strumento, ma l’approccio.
E che dire del divieto dei cellulari? Un’altra misura che, secondo Petri, rischia di trasformarsi in un boomerang. “Aspettiamo con impazienza che del sequestro dei telefoni adolescenziali si occupi una task force ministeriale”, ironizza l’autrice, sottolineando l’assurdità di un provvedimento che scarica sugli insegnanti l’onere di far rispettare una regola irrealistica e controproducente.
La vera sfida, secondo Petri, non è “fare della scuola una bolla passatista”, ma insegnare ai ragazzi ad usare la tecnologia in modo consapevole e responsabile. Un compito complesso, che richiede impegno, dialogo e capacità di mettersi in gioco. Tutte cose che, a quanto pare, non si trovano nel “buon vecchio diario”.