Cellulare a scuola, per Lancini non è un nemico: “Vietarlo significa negare la possibilità di apprendere le competenze digitali”

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Il cellulare a scuola? Sì”. Lo ha affermato con forza lo psicoterapeuta Matteo Lancini ieri sera al Museo della Marineria di Cesenatico, davanti a una platea gremita di genitori.

Lancini ha dipinto un quadro preoccupante della salute mentale dei giovani post-pandemia, evidenziando come l’ansia sia la “patologia” principale, causata da un vuoto identitario e dalla mancanza di prospettive. Il mondo digitale, in cui l’identità si costruisce online e il virtuale diventa l’unico spazio di socializzazione, amplifica questi disagi.

Lo psicologo ha puntato il dito contro gli adulti, accusati di essere “fragili” e di non saper gestire i problemi dei figli. Il disagio dei ragazzi viene spesso ignorato o minimizzato, creando un divario di comunicazione tra le generazioni.

Lancini si è schierato a favore dell’uso del cellulare a scuola, non come un pericolo, ma come un mezzo per educare i ragazzi all’uso consapevole della tecnologia. In un’epoca in cui la scuola è l’unico luogo non connesso ad alta velocità, vietare i cellulari significa negare ai ragazzi la possibilità di apprendere le competenze digitali necessarie per il loro futuro.

La risposta alle sfide dell’adolescenza odierna, secondo Lancini, passa dall’identificazione con i figli, dalla comprensione delle loro individualità e dal rispetto per la loro “materia prima”. È necessario un cambio di mentalità negli adulti, che devono assumersi la responsabilità di educare i ragazzi a vivere in una società complessa e ipercompetitiva.

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