“C’è un’emergenza per i bambini, ora riassumeteci in ruolo”. I diplomati magistrale licenziati si appellano al ministro Azzolina

Hanno perso il ruolo a ottobre 2019, altri lo perderanno. Subito dopo sono stati riassunti come supplenti nella stessa scuola e spesso sulla stessa classe in cui svolgevano quasi serenamente la propria attività di insegnamento.
Quasi serenamente, poiché le diplomate e i diplomati magistrale che avevano conseguito il diploma prima del 2001 sapevano che l’assunzione in ruolo, ottenuta dopo anni e decenni di supplenze temporanee e annuali nelle nostre scuole, era sottoposta a riserva. I procedimenti giudiziari iniziati dai loro controinteressati e dai loro sindacati avevano preso indirizzi di valenza opposta ma poi erano confluiti in una sentenza del Consiglio di Stato per loro negativa. Si è trattato a quel punto di attendere la notifica della propria personale sentenza e rassegnarsi a quel punto alla risoluzione del contratto a tempo indeterminato. Molti così hanno perso il ruolo, la serenità e la stabilità economica, messa in crisi pure dalla beffa di un’indennità di disoccupazione, la Naspi, che a loro non spetta, come sancisce la Circolare Inps 94 del 2015 secondo cui, in applicazione di una nuova norma voluta dal governo Renzi, i dipendenti a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, una volta licenziati, non potranno accedere al sussidio di disoccupazione. Di più, una volta tornati nello status di supplenti, questi lavoratori hanno pure perso la Carta docente, anzi non possono più accedere alla piattaforma che consente il suo utilizzo e così molti di loro, che per paura di dovere restituire le somme non avevano speso un euro della carta in questi anni, hanno perso tutto e hanno dovuto attingere al proprio reddito per rinnovare computer e tablet sostiture i propri vecchi computer con computer che per tecnologia fossero meglio in grado di reggere i collegamenti per la didattica a distanza con la quale, specie nelle zone rosse del contagio, la Lombardia e il Lodigiano in primis, sono stati cercati e trovati quasi tutti gli alunni fin da subito
Proprio nel Lodigiano alcune maestre avevano inscenato una protesta nell’autunno scorso, come avevamo riferito in quei giorni. Per questo abbiamo voluto ricontattare quelle maestre per verificare cosa sia successo nel frattempo e come stia procedendo la didattica a distanza in quelle zone calde del contagio, dove allo stress della pandemia e delle restrizioni si aggiunge per molti insegnanti lo stress della perdita della serenità: “In questa quarantena pensiamo solo a quello, perché per fortuna non siamo stati colpiti dal contagio”, ci confessa molto sconsolata la maestra Katia Scrigna, docente in una classe prima di una scuola primaria della zona. Katia nutre molto risentimento verso la classe politica e verso la ministra Azzolina, colpevoli secondo gli insegnanti vittime della risoluzione del contratto di massa (dovrebbero essere coinvolti circa diecimila tra maestre e maestri dell’infanzia e primaria), di non avere gestito come avrebbero dovuto la vertenza sottesa alla loro posizione – una vertenza che tuttavia è giudiziaria e le sentenze dei giudici vanno rispettate – dopo che da sindacalista e legale dell’Anief avrebbe indotto molte persone – questa è la loro recriminazione – ad aderire ai ricorsi con cui poi sono passati di ruolo.
Cercando queste persone in queste ore festive scopriamo che non sono sparite, ma sono ancora protagoniste di battaglie e richieste. Infatti una delegazione “Diplomate In Ruolo Con Riserva” ha appena scritto alla Regione Lombardia una lettera in cui riassumono la loro storia. La utilizziamo qui per facilitare la comprensione a chi volesse ricordare come stiano le cose, sia pure attraverso il parziale punto di vista chi cerca giustizia, con la consapevolezza che ci sono i diritti dei controinteressati da tutelare e le norme nonché le sentenze, per quanto da alcuni ritenute ingiuste o irragionevoli, da rispettare.
“Insieme ad altri 45000 colleghi abbiamo ricorso per poter accedere alle graduatorie di esaurimento per la classi di concorso infanzia/primaria – scrivono le maestre e i maestri in questione – Questa vicenda giudiziaria, inizialmente a noi favorevole, ha poi avuto risvolti ben diversi che hanno portato a una situazione paradossale: 10000 colleghi sono stati inseriti a pieno titolo nelle suddette graduatorie, mentre altri 45000 si sono visti precludere questa possibilità quando, a dicembre 2017, il Consiglio di Stato ha sconfessato se stesso. Molti colleghi, in questi tre anni, sono già stati licenziati, altri avranno a giugno la sentenza e altri ancora riceveranno il licenziamento nei mesi successivi. Proprio così, poche settimane prima dell’emergenza Covid-19 il Miur ha richiesto moltissime istanze di prelievo con l’obiettivo di accelerare il nostro depennamento. Giustizia Amministrativa ha continuato il suo lavoro e nonostante questa immane crisi sanitaria i nostri licenziamenti stanno andando avanti. Ad aggiungersi a questa situazione di forte criticità la nota Inps 94 del 2015 recita che, i dipendenti a tempo indeterminato presso la pubblica amministrazione, una volta licenziati, non potranno accedere al sussidio di disoccupazione. Ci siamo recate diverse a volte a Roma, in commissione cultura, per cercare di trovare una soluzione, ma nulla. L’anno scorso è stato bandito un concorso straordinario a cui però di fatto, moltissimi docenti già in ruolo e con anno di prova superato, non hanno potuto partecipare poiché hanno lavorato troppo poco per la scuola statale e troppo per quella paritaria che però ha permesso di accumulare quel punteggio utile per essere assunte nel frattempo.Si dice che la nostra oramai sia una situazione giudiziaria e non più politica, ma crediamo fermamente che se la politica vuole la politica può. Nei prossimi mesi l’Italia dovrà affrontare la più grave crisi sociale-economica dal dopoguerra e per tale motivo vengono prese e si prenderanno decisioni eccezionali. E’ possibile licenziare insegnanti che lavorano da anni per lo stato italiano?E’ possibile licenziare, tra l’altro senza alcun ammortizzatore sociale, padri e madri di famiglia?Che prospettiva potremo avere di fronte alla crisi che arriverà?Chiediamo alla politica di non lasciarci soli. Da diversi fronti nascono proposte volte a trovare finalmente una soluzione definitiva.Confidiamo che da questa immane tragedia possa scaturire comunque qualcosa di positivo e che lo Stato Italiano voglia continuare a dare dignità a chi lavora per lui”.Ma che cosa chiedono questi lavoratori? Le soluzioni proposte sono già state comunicate in queste settimane: 1) Assunzioni a pieno titolo di coloro che sono in ruolo con riserva e con anno di prova già superato;2) Reintegro per chi è già stato licenziato e ha superato l’anno di prova;3) Sospensione delle istanze di merito fissate per giugno;4) Utilizzare le graduatorie di istituto come canale ulteriore per l’assunzione. Non è possibile sentire parlare di concorsi in un momento storico come questo”. Infine un appello alla Regione: “Vi preghiamo di darci una mano. Non lasciateci perdere il nostro lavoro e reintegrate chi purtroppo ha già subito questa ingiustizia”.
La storia della maestra Katia Scrigna l’avevamo raccontata a ottobre scorso. E’ la storia di una gavetta e di una formazione avvenute sul campo. Lo scorso anno ha fatto la tutor a una collega neoimmessa in ruolo. Lo Stato che oggi le dice che non ha i titoli per mantenere il posto di lavoro di ruolo è lo stesso Stato che non solo l’aveva valutata benissimo al termine del proprio anno di prova confermandole il ruolo un anno dopo l’assunzione con riserva, ma che l’anno successivo le aveva affidato compiti e funzioni delicate come quella di essere la maestra prevalente di una classe quarta e di affiancare e valutare nell’anno di prova un’altra docente, appena immessa in ruolo. Diplomata all’Istituto magistrale Maffeo Vegio di Lodi, inizia a insegnare nelle scuola pubbliche nel lontano 1994 con supplenze e incarichi fino al 2004, sempre nel Lodigiano, quando arriva il contratto a tempo indeterminato in una scuola paritaria. “All’inizio erano incarichi annuali – rammentava Katia – Si girava anche per un solo giorno. Non c’era il cellulare, “si stava seduti sul divano dalle sette del mattino, e quando suonava il telefono e venivo chiamata da una scuola avevo mezz’ora per raggiungere il posto, che spesso distava tanto da casa mia. Avevo una bambina piccola e l’organizzazione di mamma si svolgeva dopo la chiamata”. In sostanza se la chiamata fosse arrivata tra le sette e mezza e le otto avrebbe dovuto presentarsi al lavoro di mattina. Se fosse arrivata tra le otto e le nove avrebbe dovuto recarsi al lavoro nel pomeriggio. Nel primo caso e nell’altro, non è stato facile gestire la figlia portandola di corsa all’asilo al mattino o facendo i salti mortali al pomeriggio per riprenderla. Ma le donne sanno benissimo che ce la fanno a fare i miracoli, specie quando amano il lavoro che svolgono “e io amo il mio lavoro,non posso pensare all’idea di perderlo, così, dopo tanti anni di sacrificio e di passione”
Il tempo passa. Nel 2000 attivano i corsi abilitanti. “Ho fatto la domanda – aggiungeva la maestra Katia – e ho partecipato a questi corsi. Però tre o quattro giorni prima di fare l’esame ricevo una lettera dove mi si dice che mi mancavano cinque giorni tra i tanti richiesti come requisito di accesso. In pratica non consentivano di sommare il punteggio maturato nella scuola dell’infanzia a quello maturato nella primaria”. Nel 2004 Katia, forte della nomea di buona insegnante viene chiamata a tempo indeterminato e fino al 20017 in una paritaria “dopo che ormai nel Lodigiano tutti mi conoscevano”. E quando ci ha ricordato che nel 2017 era arrivata la chiamata per il ruolo, a Katia è sfuggito un avverbio e quel che è seguito: “Purtroppo – era questo l’avverbio – nel 2017 mi ha chiamato l’ufficio scolastico dicendomi che sarei passata in ruolo. Sapevo che avrei firmato con riserva poiché c’era già un contenzioso, dovuto a qualcuno che aveva fatto causa contro il nostro inserimento nella graduatorie a esaurimento, perché diplomate magistrali prima del 2001. Ma segnalo che nel 1998 il Presidente della Repubblica Scalfaro firmò un decreto secondo cui il diploma magistrale aveva valore abilitante. Con questo decreto noi avremmo avuto il sacrosanto diritto di stare in Gae. Dunque ho firmato il ruolo e il delegato della Cisl e il Provveditorato quando ho mostrato la titubanza di fronte a questo ruolo accompagnato dalla riserva, che non mi poteva garantire il cento per cento della stabilità, mi hanno chiarito che sarei stata depennata da tutte le graduatorie statali se non avessi accettato. Ho capito in quei minuti che potevo stare tranquilla poiché, qualcuno mi faceva capire che le riserve solitamente sarebbero state risolte con delle sanatorie”. Nessuno l’ha costretta, però. “Certo, non mi hanno messo la pistola alla tempia. Ho scelto il ruolo per la maggiore sicurezza rispetto alle private, perché è possono chiudere da un anno all’altro. Dopo tanta gavetta una docente ambisce al ruolo e così ho firmato il ruolo e mi sono licenziata dalla privata”. Era seguito l’anno di prova con esame finale a giugno 2018. “Siamo state monitorate tutto l’anno, abbiamo fatto i corsi di formazione suppletivi rispetto a quelli normali. Corsi sui Dsa, in informatica, sulla didattica inclusiva, abbiamo dovuto ripassare i metodi pedagogici, da Montessori a tutti gli altri. Infine ho presentato un’unità di apprendimento con i bambini. E’ stato un anno impegnativo. Avevo una classe quarta, ed ero maestra prevalente, di italiano, matematica, arte e immagine, musica, storia, geografia e scienze. Come se lo ricordava quell’anno la maestra Katia? “Pieno di speranza, stimolante, mi sentivo appagata, mi sentivo realizzata, era il sogno che si stava realizzando, voleva dire che la mia dirigente aveva deciso di darmi fiducia. Ho preso il posto di una maestra andata in pensione e i genitori sono rimasti contenti. Non è importante la laurea ma la predisposizione: io non sto bene psicologicamente in questo periodo ma un sorriso in classe lo porto sempre”. Ma i genitori e i bambini sapevano? “I genitori non mi sono sentita ancora di informarli, aspettavo un decreto che ci avrebbe garantito il posto fino al 30 giugno ma ci vogliono far fuori. Mi sento umiliata da questo governo che parla di slogan e nient’altro. Mi sento arrabbiata, derubata della mia vita, ho dedicato tanto a questo lavoro. Amo il mio lavoro, è la mia passione. Mi sento abbandonata dalle istituzioni, dai media. Scappano quando chiediamo che se ne interessino. E mi sento… senza stipendio. Sposata, una bella famiglia, e questa è la mia fortuna rispetto a tante colleghe. Ma se dovessi aiutare i miei figli o comprare una lavatrice con un contratto a tempo determinato non potrei farlo. Non ho vent’anni ne ho 48. E come sa non i spetta, non ci spetta la Naspi”.
Questo raccontavamo il 13 ottobre 2019. Due giorni dopo arriva puntuale la risoluzione del contratto a tempo indeterminato. Il ruolo è perso. Ma ancora due giorni dopo, il 17 ottobre, inizia la nuova avventura per la maestra Katia. Lo Stato, che le aveva tolto il ruolo la richiama a insegnare. Come supplente di seconda fascia. Stessa scuola, stessa classe, una prima primaria. Non è ipocrisia di Stato, sono le regole del diritto amministrativo, regole che comunque lasciano l’amaro in bocca. Nel frattempo – e siamo a febbraio 2010 – arriva il coronavirus , con la sua carica di morte e di desolazione. Il Covid-19 investe il Lodigiano, la città di Codogno, che tutti impareranno ben presto a conoscere, è a una ventina di kilometri dalla scuola e dalla residenza di Katia. Scatta la quarantena obbligatoria per tutti. Le scuole vengono chiuse, si attiva in poco tempo la didattica a distanza. Cresce il senso di mortificazione negli insegnanti già alle prese con la perdita del ruolo. Katia si chiude in casa con la famiglia. Ma in poche ore Katia riesce a raggiungere tutti i suoi diciotto alunni, un po’ con whatsapp, un po’ con le piattaforme istituite dalla scuola. Si compra un computer nuovo poiché quello che aveva non era in grado di sostenere l’impatto con le nuove esigenze telematiche. Se lo compra a proprie spese, dacché non ha più la carta docente essendo ripiombata nello status di supplente. Ma perché non ha comprato il computer nuovo quando aveva la carta? “Non ho speso un euro della carta docente – racconta la maestra – poiché temevo che un giorno avrei dovuto restituire quei soldi, sono stata stupida. Ora non riesco più neppure accedere alla piattaforma. Così come quando devo accedere alla piattaforma Sofia per svolgere i corsi di formazione e aggiornamento, la piattaforma non mi riconosce più come prima, come docente di ruolo. Io ci entro lo stesso, con le modalità dei supplenti, poiché ritengo sia doveroso per una come me che coordina le attività di coordinatrice della progettazione, seguire la formazione e l’aggiornamento. Così sempre a mie spese mi sto pagando costosi corsi di aggiornamento che se avessi la carta docente non pagherei”. Lei da supplente coordina gli altri colleghi anche di ruolo? “E’ così. Del resto tutti i precari che lavorano da anni della scuola hanno queste competenze che tante volte se vengono riconosciute dai dirigenti non sono riconosciute per altri versi. Comunque la mia storia di umiliazione dipende anche dalle scelte della ministra che quando militava nel sindacato Anief faceva una battaglia per i diplomati magistrale e non capisco perché in una situazione di emergenza lei non possa dire: riapriamo il doppio canale, che consentirebbe a chi ha tanti anni di servizio di riprendersi ciò che le sentenze incomprensibili ci hanno tolto e che consentirebbe allo Stato di risparmiare un sacco di soldi perché noi siano stati un costo per lo Stato, perché siamo stati formati nell’anno di prova, abbiamo superato un esame, quindi quello che è andato è andato: penso che una persona intelligente possa sempre tornare sui propri passi. In un momento in cui l’Italia deve risparmiare e nel quale ci sono scuole senza insegnanti, penso che con noi sarebbe un modo per risolvere il problema. Ma lei non ha mai ritenuto di perdere tempo con noi, per ascoltarci. La ministra definisce miei alunni gli alunni, ma lei non sa che i bambini si son trovati a non vedere più i compagni all’improvviso e dovrebbe capire che una continuità in questo momento sarebbe di fondamentale importanza per questi bambini. E’ importante sul piano psicologico vedere i compagni e la loro maestra. E’ stata stravolta una quotidianità. Quando le scuole sono state chiuse, tutti i giorni ho cercato e trovato un contatto con le famiglie che non erano ancora organizzate. Quando il Ministero ha deciso di chiudere, noi la didattica a distanza l’avevamo già adottata. Così come abbiamo condiviso il buon senso, ora la ministra deve ascoltare le nostre istanze. A settembre i miei bambini – non i suoi – chi guarderanno in faccia davanti a un computer?