Mobilità insegnanti, ha ancora senso negare precedenza al figlio referente unico che assiste un genitore disabile? Cosa dicono i Giudici
C’è una norma del CCNL mobilità che sta determinando plurimi contenziosi, di cui più volte abbiamo dato notizia su Orizzonte Scuola, e su cui bisogna interrogarsi se non sia il caso di rivederla secondo gli orientamenti giurisprudenziali che oramai si stanno consolidando in seguito ai ricorsi avviati da diversi studi legali ed avvocati.
I contenziosi principali riguardano quelle limitazioni in materia di precedenza per il figlio referente unico che assiste un genitore disabile stante il fatto che la precedenza, per disposizione contrattuale, opererebbe unicamente all’interno della stessa provincia e non come precedenza assoluta come contemplato per altre ipotesi nello stesso CCNL. Paradossalmente andando a penalizzare proprio chi più di altri avrebbe diritto e necessità di ricorrere a questo strumento per prestare assistenza.
Il contesto
Il quadro normativo è stato sinteticamente e con efficacia ricostruito ad esempio dalla sentenza del Tribunale di Taranto del 4 giugno 2019, n. 2143. Il giudice del Lavoro ha precisato che “il sistema della mobilità degli insegnanti è assai complesso (come si evince dal fatto che occorre una contrattazione nazionale integrativa che regolamenta il tutto), articolato in tre diverse fasi, via via consecutive.
La risoluzione della controversia dipende dall’interpretazione della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 5, come modificato dalla L. n. 53 del 2000, e, successivamente, dall’articolo 24, comma 1, lettera b), della legge 4 novembre 2010, n. 183, secondo cui il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado (…) “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
A sua volta, l’art. 601 d.l.vo 16.4.1994 n. 297 – testo unico in materia di istruzione – stabilisce che “gli articoli 21 e 33 della legge quadro 5 febbraio 1992 n. 104, concernente l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate si applicano al personale di cui al presente testo unico” (co. 1) e che “le predette norme comportano la precedenza all’atto della nomina in ruolo, dell’assunzione come non di ruolo e in sede di mobilità” (co. 2).
L’interpretazione si giova dei ripetuti interventi della Corte costituzionale, con i quali è stato chiarito che la L. n. 104 del 1992 ha sicuramente un particolare valore, essendo finalizzata a garantire diritti umani fondamentali, e tuttavia l’istituto di cui al cit. articolo 33, comma 5, non è l’unico idoneo a tutelare la condizione di bisogno della “persona handicappata”, nè la stessa posizione giuridica di vantaggio prevista dalla disposizione in parola è illimitata, dal momento che, anzi, la pretesa del parente della persona handicappata a scegliere la sede di lavoro più vicina è accompagnata dall’inciso “ove possibile” (C. Cost. n. 406 del 1992, n. 325 del 1996, n. 246 del 1997, n. 396 del 1997)”.
I benefici della 104 spettano pienamente anche nel caso della mobilità
Affermano i giudici che deve “disattendersi l’orientamento giurisprudenziale, ormai minoritario, secondo cui il beneficio di cui all’art. 33, comma 5, l. 104/92, anche dopo le modifiche introdotte dagli artt. 19 e 20 della l. n. 53 del 2000, in favore del familiare che assista con continuità un parente handicappato, è concedibile unicamente in fase di prima scelta della sede lavorativa (all’atto cioè dell’assunzione e non anche, come nella specie, in sede di trasferimento), aderendo questo giudice al più recente indirizzo che estende il beneficio in parola anche alle ipotesi di richiesta di trasferimento per sopravvenuta situazione di handicap (valga per tutte, Cass., 18.12.2013, n. 28320)”.
L’articolo 13 del CCNL mobilità punto IV è illegittimo
Plurime sentenze di tribunali di merito hanno oramai pacificamente riconosciuto che ad esempio il punto IV del CCNL in questione, per quanto concerne le limitazioni previste in materia di mobilità interprovinciale, è palesemente penalizzante ed illegittimo. Affermando che si pone in essere un mero “trattamento discriminatorio tra i docenti” ed evidenziando l’assenza di qualsiasi logica nel riconoscere il diritto di precedenza nella mobilità provinciale e nella procedura di assegnazione provvisoria ed invece escluderlo in quella interprovinciale, stante proprio la più complessa situazione oggettiva che si viene a determinare con la mobilità interprovinciale. In sostanza una precedenza che non viene riconosciuta lì dove maggiormente avrebbe ragione di esistere.