Carta docente ai precari a seguito di sentenza, chi paga le spese processuali?

Il caso in commento riguarda un contenzioso proposto dall’appellante che aveva lavorato alle dipendenze del Ministero prestando servizio quale docente con incarichi a tempo determinato di durata annuale e/o fino al termine delle attività didattiche e lamentava di non aver fruito della carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione del docente ex art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015 . Otteneva il riconoscimento della carta ma il ministero non veniva condannato al pagamento delle spese processuali. Vediamo la Corte d’Appello di Bari come si è pronunciata su una questione che continua a determinare contenziosi e che ad oggi vede il riconoscimento a favore del personale precario di tale diritto negato solo nel caso di sentenza positiva. Per non parlare del personale ATA che continua a subire ingiustizie nel mondo della scuola, con gli stipendi più bassi dell’intera PA, con incrementi aggravi di lavoro e totalmente ignorato in materia.
La questione
La docente censura la sentenza laddove ha statuito che, stante l’assoluta novità delle questioni trattate (art. 92, secondo comma, c.p.c.), sulle quali – allo stato – si registrano pronunce di merito di segno parzialmente difforme, le spese di lite dovevano essere compensate per intero. In particolare, l’appellante rileva che – contrariamente a quanto affermato dal Tribunale – nella specie non si versa in un’ipotesi di “assoluta novità” della questione trattata, dal momento che nel corso del giudizio di primo grado era intervenuta una pronuncia di legittimità, la Cassazione, che aveva affrontato e risolto la questione relativa al diritto al beneficio della c.d. “carta docente” da parte del personale precario della scuola, in linea peraltro con quanto affermato dal Consiglio di Stato già in precedenza (sentenza n. 1842 del 16 marzo 2022). Dunque, ha chiesto la condanna del Ministero al pagamento delle spese relative al primo grado di giudizio, da liquidarsi secondo i parametri di cui al d.m. 147 del 2022 in ragione del valore della causa di lavoro. Per la Corte d’Appello pugliese nella sentenza che ci viene segnalata il motivo è solo in parte fondato, nei limiti di cui si dirà.
Il principio di soccombenza
Fermo il principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. (secondo cui «Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa»), il Tribunale, osserva la Corte d’Appello di Bari, avrebbe potuto compensare le spese tra le parti solo nella ricorrenza di una delle tre ipotesi tassativamente previste dalla norma, e cioè in caso di soccombenza reciproca, assoluta novità della questione trattata oppure mutamento della giurisprudenza rispetto alla questione dirimente. È risaputo, peraltro, che la Corte costituzionale, con sentenza n. 77 del 2018, ha dichiarato l’illegittimità dall’art. 92, secondo comma, c.p.c., come novellato dall’art. 13 cit., «nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni».
Nel caso di specie, la Corte reputa solo in parte condivisibile quanto affermato dal Tribunale, ossia che l’assoluta novità della questione trattata, sulla quale la giurisprudenza di merito si è pronunciata in maniera non uniforme, giustifica la compensazione delle spese di lite in misura integrale.
È certamente vero che la questione relativa al diritto degli insegnanti non di ruolo a fruire della c.d. “carta elettronica del docente” prevista dall’art. 1, comma 121, della l. n. 107 del 2015, era controversa in seno alla giurisprudenza di merito e aveva dato luogo a soluzioni interpretative non univocamente orientate. Ne è riprova il fatto che essa è stata affrontata e risolta dalla Suprema Corte con ordinanza n. 29961 del 27 ottobre 2023 emessa in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 363bis c.p.c. (articolo introdotto dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Il personale docente precario vede il proprio diritto ad avere la Carta docente essere frustrato dalla P.A.
La Corte ritiene che in relazione alle specificità del caso concreto sia maggiormente equo compensare le spese del primo grado non già per intero, ma solo parzialmente, e per l’esattezza in misura pari al 50%. Occorre considerare, difatti, che in ogni caso, onde far valere le proprie ragioni, la docente è stata costretta ad adire il Tribunale allo scopo di ottenere il riconoscimento del proprio diritto frustrato dalla condotta della pubblica amministrazione datrice di lavoro; inoltre, va osservato che l’interpretazione accolta dal Tribunale – e poi sposata anche dalla Suprema Corte nella citata sentenza del 2023 – equipara la posizione dei docenti non di ruolo a quella dei docenti di ruolo, applicando così alla “carta docenti” un indirizzo in linea con i principi ripetutamente affermati dalla Corte di Giustizia in tema di divieto di discriminazione in danno dei lavoratori a termine rispetto a quelli a tempo indeterminato qualora vi siano condizioni d’impiego comparabili e in assenze di valide ragioni oggettive che giustifichino il diverso trattamento. Concludendo con la condanna del Ministero al pagamento della metà delle spese processuali relative al primo grado di giudizio. cit. Corte d’Appello di Bari, Sentenza n. 1390/2024 del 17-10-2024.