Caro Roberto Vecchioni, penso che tutti gli educatori abbiano il dovere di ascoltare la voce dei genitori. Lettera

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Inviata da Giuseppe Bruno – Caro Roberto Vecchioni, sono un tuo ammiratore, quasi tuo coetaneo e quasi tuo collega. Infatti ho 75 anni e ho insegnato Filosofia e Storia nei Licei, tu, se non sbaglio, Lettere. Mi sono sempre piaciute le tue canzoni in cui scorgo tratti di vera arte, ho apprezzato anche molti tuoi interventi sulla scuola e i suoi problemi di oggi.

Sono perciò rimasto molto stupito di fronte all’ultimo tuo intervento a “La 7” riguardo al consenso informato. Innanzitutto mi lascia del tutto “ basito” la tua frase “i genitori devono starsene a casa loro e star zitti”.

Questa frase denota un disprezzo non solo dei genitori, ma della intera legislazione scolastica che dal 1974 prevede la partecipazione alla vita scolastica dei genitori e, inoltre, anche di tutta la legislazione relativa all’Autonomia scolastica che dal 1997 cerca con, purtroppo sempre meno ascoltati, ripetuti proclami di far nascere la cosiddetta Comunità Educante che dovrebbe essere la base del suo funzionamento. Per non parlare del Patto di corresponsabilità educativa e degli auspicati Patti territoriali, tutti strumenti non solo raccomandati, ma presentati come indispensabili dalla normativa vigente per rendere ottimale il funzionamento di una scuola autonoma e democratica.

Non penso che tu auspichi una scuola centralizzata e autoreferenziale che imponga la sua visione del momento ad alunni, genitori e società. Non sarebbe coerente col tuo personaggio pubblico sempre difensore delle libertà e dei diritti di tutti. Certo credo che tu sia stato preso in contropiede da una reazione isterica delle opposizioni e ne abbia subito il negativo influsso e abbia parlato in questo caso più con astio e preconcetto che con “ragione e sentimento”.

Consentimi poi di dissentire anche dalla affermazione di fondo del tuo intervento. L’insegnante marxista di storia e filosofia, se è un vero insegnante e non uno che vuole far propaganda alle sue idee, può benissimo insegnare storia e filosofia senza che nessuno si permetta di contestarlo. Il suo dovere professionale oltre che la sua onestà intellettuale e morale gli impongono di presentare le materie che insegna separando i fatti e le realtà che insegna dalle sue convinzioni, anzi sarebbe auspicabile che palesasse le sue idee a riguardo e si prestasse a, meglio ancora promuovesse, un confronto con gli alunni che potrebbero avere idee diverse o addirittura contrarie alle sue.

Ti lascio immaginare, io che ho insegnato Filosofia e Storia, quante volte mi sia potuto trovare in questa situazione e quante volte ho scelto, credo non sbagliando,
quanto fosse possibile, l’aperto confronto. Viceversa per l’educazione sessuale, come dici bene tu, vi è una parte scientifica ed una parte, molto delicata relativa ai rapporti personali che vengono coinvolti nella vita sessuale delle persone. Su questo secondo aspetto sai meglio di me che si possono avere idee molto diverse e, soprattutto sai che, essendo questo un campo molto delicato e coinvolgente molto la sfera emotiva di persone in formazione, quindi anche molto incerte e influenzabili, bisogna andare con i piedi di piombo e tenere conto di tutto l’underground e il background che coinvolge inevitabilmente le famiglie, nonché di tutti i fattori personali e sociali che agiscono in modo più o meno palese.

Insegnare educazione sessuale come si insegna la storia o la filosofia è del tutto impossibile, specie in questo periodo ed in un’Italia che vede contrapporsi in modo pregiudiziale visioni ideologiche diverse se non opposte. Quali dovrebbero essere i contenuti e in che modo andrebbero presentati? E chi e come dovrebbe stabilirlo? Tu stesso lo dici nel tuo intervento. Chi ? Questo è il problema e proprio per questo, se si vuole introdurre un’ educazione di questo tipo sia essa affettiva, sentimentale, emotiva, o direttamente sessuale o qualsiasi altra educazione che entri in questo delicato ambito, pur partendo, cosa che spesso inopinatamente accade, da tematiche apparentemente alquanto distanti, non si può non coinvolgere i genitori.

D’accordo che molti genitori oggi non fanno più il loro “mestiere”, forse quelli saranno i primi ad ascoltare la tua esortazione a stare lontani e zitti, ma in un stato democratico che voglia funzionare bene, che abbia nella sua Costituzione l’art. 30, penso che tutti gli educatori che entrano in temi particolarmente delicati come quelli in oggetto abbiano il dovere, oltre che l’obiettiva necessità per assolvere bene il loro compito di veri educatori, di ascoltare la voce dei genitori. Mi farebbe piacere ricevere una tua risposta a riguardo.

Cordiali saluti

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