Caro Ministro, come può pensare che un algoritmo possa dar merito a chi è iscritto nelle graduatorie provinciali? Lettera
Inviato da Silvia Sciancalepore – Egregio Ministro Valditara, scrivo questa lettera proprio nella giornata dedicata agli insegnanti.
Sa, riflettevo sul fatto che non posso proprio dire di aver sempre sognato questo lavoro. Di certo non sono stata quella bambina che immaginava di diventare una maestra, anche se non mi è mai dispiaciuto insegnare a mio fratello più piccolo ciò che imparavo a scuola.
Ho sempre sognato molto in grande, o almeno pensavo di farlo. Prima Ministro dei Beni Culturali con la laurea in Storia dell’Arte per risollevare le sorti del patrimonio artistico della nostra terra. Poi giornalista con la magistrale in Scienze dell’Informazione ed Editoria, perché era il lavoro che stavo svolgendo e mi piaceva moltissimo (infatti sono iscritta all’albo) e, infine, mi sarebbe piaciuto ricoprire un ruolo di prestigio all’interno di una Università italiana. Sì, italiana. Io non sono mai voluta scappare all’estero per cercare lavoro, anche se con il senno di poi, le confesso, sarebbe stato di gran lunga più proficuo e vantaggioso.
Ebbene, mi ritrovo qui davanti al computer per scrivere una lettera che mai avrei pensato di buttar giù. I miei grandi sogni di bambina e ragazza adolescente, si sono scontrati con il mio cambiare strada e imbattermi, per caso, nell’insegnamento. Ecco, non avrei mai pensato di trovarmi dall’altra parte della cattedra. Le confesso che oggi quello è il mio posto. Per la prima volta nella mia vita, all’età di trent’anni, ho capito qual è il mio posto nel mondo. Nessun sogno sarebbe stato più grande di questo. In nessun sogno sarei potuta arrivare più in alto di dove sono oggi. Non di certo per il contratto da precaria, ovviamente. Intendo per il ruolo che ricopro.
Oggi parlare ai ragazzi, avere un rapporto che definirei privilegiato è una grande conquista e una grande responsabilità. La sfida di far capire alle nuove e future generazioni che il loro destino è esattamente nelle loro mani e non è scappando o rinunciando ai sogni che saranno persone migliori, persone felici. Felici proprio come mi sento io quando varco la soglia delle diverse scuole che in questi quattro anni mi hanno accolta. Felice perché mi sento nel posto giusto. Felice perché il mio lavoro lo amo, nonostante le difficoltà crescenti e sempre dietro l’angolo.
Difficoltà, caro Ministro, che non le nascondo, spesso fanno perdere il sorriso e anche la speranza. Come può chiamarsi “Ministero del Merito” qualcosa che di meritocratico ha ben poco? Come può definirsi “Scuola” un’istituzione che mette in difficoltà le stesse persone che la abitano?
Il Covid ci ha insegnato a utilizzare strumenti diversi nelle aule e nella nostra quotidianità. Strumenti utili per abbreviare e annullare spesso tempi e distanze. Strumenti funzionali e innovativi, se impiegati nel modo giusto. Le chiedo, egregio Ministro, come può ignorare le problematiche che oggi ha davanti in merito al reclutamento del personale docente? Come può pensare che un algoritmo, causa di importanti e gravi problemi, possa dar merito a chi è iscritto nelle graduatorie provinciali delle varie regioni italiane? Ritiene davvero giusto e meritocratico un sistema che non prende in considerazione le graduatorie esistenti per le quali migliaia di docenti hanno investito tempo e denaro per poi vedere vanificati anni di lavoro e speranze?
Non le auguro di vivere nella costante ansia di non essere chiamati per un lavoro con il quale si sogna e si vive. Non le auguro di vivere aggiornando costantemente i siti preposti e di balzare a ogni notifica del cellulare. Sicuramente tutto ciò fa parte del precariato ed è una sorta di gavetta, definiamola così, che si può anche affrontare e superare. Ma le ingiustizie, quelle no. Le ingiustizie commesse da un sistema che si definisce perfetto e infallibile e dal quale non si ricevono chiarimenti e risposte adeguate. Questo non è accettabile.
Lei sa come funziona davvero l’algoritmo per la nomina delle supplenze a tempo determinato? Noi precari no. Da nessuna parte esistono indicazioni chiare, dettagliate e precise sul funzionamento di questo sistema. Sappiamo solo che risultiamo rinunciatari, se non selezioniamo tutte le scuole possibili, non conoscendo disponibilità effettive e non capendo per quale motivo scuole in cui esistono con certezza posti vacanti, non rientrino nei nostri turni di nomina e cattedre presenti nelle disponibilità, sempre errate e mai puntuali, non vengano assegnate in maniera chiara.
Caro Ministro, questo lavoro lo si fa per passione, non certo per il tanto chiacchierato posto fisso. Ad attendere quello, sicuramente, si fa prima a emigrare.
È davvero questo che il Governo desidera per l’istruzione pubblica italiana? Non saprei.
Da insegnante e da sognatrice quale sono, le confesso, che nonostante i 52 esami sostenuti nell’arco della carriera universitaria, non mi spaventa ogni giorno rimettermi sui libri per imparare sempre più e comunicare ai miei alunni quanto sia bello saper pensare, avere giudizio critico, imparare a ribellarsi davanti alle ingiustizie e a saper comunicare il proprio punto di vista e le proprie ragioni quando si subisce un torto o durante un dibattito. Questo si insegna nelle aule. Si insegna ad essere persone e cittadini migliori, responsabili, capaci di destreggiarsi nel mondo. E allora se insegno tutto questo, come posso oggi rimanere in silenzio se un Sistema nel quale credo, che non ho mai abbandonato, nel quale spero, non mi riesce a rappresentare?
Non scrivo solo per me, ma per tutti i docenti precari che in questo ingiusto metodo di reclutamento hanno visto sfumare la possibilità di un lavoro stabile fino alla fine dell’anno scolastico. E insieme a questo la speranza di poter sentirsi parte integrante della Scuola pubblica italiana.
Con la speranza che questo appello non cada nel vuoto, le porgo distinti saluti