Bruno Conti: “Oggi tutti i genitori sono convinti di avere un figlio fenomeno. Cosa mi è mancato? La scuola”

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Cinquant’anni fa, un ragazzino di 19 anni esordiva in Serie A con la maglia della Roma. Quel ragazzino era Bruno Conti, che da quel giorno sarebbe diventato una leggenda del club giallorosso e della Nazionale Italiana.

In un’intervista al Corriere della Sera, Conti ricorda il suo debutto: “Non mi sentivo pronto, ma il Barone Liedholm mi buttò nella mischia all’ultimo minuto. Fu questo il segreto.” Da allora, la Roma è stata la sua seconda casa: “Ho realizzato il sogno di mio padre, che era un tifoso romanista. Ho giocato, allenato, ricoperto ruoli dirigenziali… quando potevo essere d’aiuto, non mi sono mai tirato indietro.”

Il calcio di oggi è molto diverso da quello che ha vissuto Conti. “Il problema è spiegarlo ai genitori,” dice. “Noi siamo cresciuti in strada, pensando solo a divertirci. Oggi c’è troppa enfasi sul risultato, si litiga e si sovrasta, invece di far capire ai ragazzi che la scuola viene prima di tutto e che il calcio dev’essere un divertimento.”

Conti è stato campione del Mondo nel 1982, un’esperienza che ha segnato la sua vita: “Vincere il Mondiale significa ricevere ancora oggi lettere da tutto il mondo. Vuol dire lasciare un segno nella gente.”

Nonostante i successi, Conti non dimentica i momenti difficili, come il rigore sbagliato in finale di Coppa dei Campioni: “Lo sport è fatto di gioie e dolori. Bisogna accettare le sconfitte e reagire, perché il calcio è bello comunque.”

Conclude l’intervista parlando di De Rossi, nuovo allenatore della Roma: “Per me Daniele è sempre stato un allenatore in campo. Ha preso la squadra in un momento delicato e si sta dimostrando un allenatore vero. Sono contentissimo per lui.”

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