“Bidella” di mattina, alunna di sera: realizzo un mio sogno e così capisco meglio i ragazzi [INTERVISTA]

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“Stando tra i banchi si capisce che cosa provano i ragazzi. Il fatto di avvicinarsi a loro ti consente di comprendere il loro stato d’animo, specie in questo periodo”. Collaboratrice scolastica di mattina, studentessa di sera nella stessa scuola, Anna Accetta, 53 anni, si è diplomata a luglio presso l’Istituto tecnico economico “Jacopo Barozzi” di Modena, coronando il sogno di portare a termine il percorso scolastico che s’era interrotto quando era adolescente, quasi alla fine della quarta classe di un istituto professionale di Portici, in provincia di Napoli. In quel periodo, quasi all’improvviso, dovette allontanarsi dall’Italia per raggiungere Montreal, in Canada, dov’era nata e da dove era partita per la Campania che aveva solo due anni. Una peripezia che poi l’avrebbe ricondotta in Italia, dopo qualche anno, finendo in Emilia, dove vive con due figli. Al “Barozzi”, in verità, sta vivendo due vite.

Quella di collaboratrice scolastica, di mattina, e quella di studentessa, di sera, esperienza conclusa in estate. Durante la pandemia, inoltre, si è ritrovata come compagna di studi del figlio adolescente, alle prese, entrambi a casa, con il monitor della didattica a distanza da due stanze diverse. Sono lontani i tempi del Canada, Anna guarda al futuro e nel futuro ora c’è il passaggio, grazie al diploma, alla carriera in segreteria, se sarà accettata la domanda che pensa di inoltrare. Ma i ricordi di Montreal non sono svaniti. “Proprio mentre studiavo diritto, in quarta, quando ero adolescente – racconta lei – venni a sapere che se non fossi tornata entro breve, là dove ero nata, avrei perso i miei diritti. Avrei perso la cittadinanza canadese, che si aggiunge a quella italiana. Io nacqui a Montreal, i miei genitori erano emigrati là un anno prima che nascessi. Quando avevo un anno mio padre ebbe però la nostalgia di casa e si rientrò tutti in Italia. Lui aveva intanto trovato lavoro nei cantieri Mediterranei. Iniziai la scuola a Portici e poi, quand’ero già alla fine della quarta superiore, appresi che avrei perso la cittadinanza canadese e anche i miei figli non l’avrebbero avuta. Così rimasi, e fino ad oggi, con la sola qualifica professionale”.

Era importante per lei avere anche la cittadinanza canadese?

“È un’altra porta aperta, oggi con la cittadinanza possiamo andare in qualsiai momento in Canada e restarci. E’ importante. Sono rimasta lì due anni, ho lavorato in un ristorante di lusso di mio zio e la sera andavo a scuola, perché mi è sempre piaciuto studiare. Ho frequentato per un anno una scuola di inglese prendendo quasi il massimo dei voti. Poi mio zio si è ammalato e ho deciso tornare in Italia. Più tardi ci siamo trasferiti in Emilia, dopo che mi sono sposata. Ho trovato lavoro presso un Istituto scolasti privato, in cucina, dove ho lavorato per diversi anni anni, prima di essere assunta come responsabile cuoca alla Cnh (l’ex Fiat Trattori, ndr). Infine ho deciso di presentare la domanda a scuola come collaboratrice e ho lavorato in varie scuole e poi al Barozzi, dove sono ora”.

Come arriva la forza di riprendere a studiare dopo tanti anni e tanti sacrifici?

“È stato grazie a un collega tecnico che lavora nella mia scuola, è lui che mi ha incoraggiata e sostenuta. Ed è stato come rimettersi in gioco dopo tanti anni. Ho iniziato la quarta a settembre 2019, qualche mese prima della pandemia. E’ stato molto faticoso, alzarsi tutte le mattine alle cinque, andare a lavorare, preparare da mangiare e dopo pranzo dedicare tutti i giorni qualche ora allo studio prima delle lezioni. E’ stato impegnativo ma molto appagante. Per questo vorrei mandare due messaggi ai ragazzi più giovani. Prima di tutto quello di dedicarsi allo studio, ora che non hanno molti impegni. Invece a coloro che avevano abbandonato gli studi per andare a lavorare dico di mettersi in gioco e tornare a scuola in un corso serale perché lo studio e la scuola danno molte soddisfazioni e possono favorire la realizzazione personale sul lavoro. Io grazie al diploma l’anno prossimo farò la domanda per entrare nel personale amministrativo. Intanto sta per iniziare nella nostra scuola il corso di inglese B1 e C1 frequentato da alcuni prof e amministrativi. Ma ci sarò pure io”.

Non è che da grande vorrà iscriversi all’università?

“Ci ho pensato, ma un po’ per il tempo, un po’ per quello che costa, un po’ per altri impegni familiari con credo che riuscirò. Intanto inizio il corso di inglese”

Lei ha vissuto la Dad come collaboratrice scolastica, con tutte le gravi incombenze che sono arrivate addosso al personale Ata, ma anche come studentessa. Com’è stata la Dad dal suo doppio osservatorio?

“Non c’era lo stress dell’autobus, non bisognava andare avanti e indietro per la città la sera. In compenso mi sono ritrovata con mio figlio adolescente alle prese con la didattica a distanza. Lui in una stanza la mattina e io la sera nell’altra. C’era una gara tra noi. Ci chiedevamo a vicenda tu quanto hai preso? in questa o quella interrogazione. Insomma, sono tornata ragazza. Stando tra i banchi si capisce cosa provano i ragazzi, e il fatto di avvicinarsi a loro ti consente di comprendere il loro stato d’animo, ho cercato di aiutarli in tutti i sensi, non sono stata solo una compagna di banco, li ho confortati e li ho coccolati, ero la più vecchia. Ero un’ancora per loro, li sento ancora, ma mi sento molto vicina anche ai professori più giovani, qui al diurno. Sento talvolta la normale insicurezza dei nuovi arrivati che sono al primo anno di insegnamento ma poi con la loro preparazione che hanno li vedo crescere. Comunque loro chiedono sempre consigli e io sono sempre pronta a incoraggiarli”.

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