Bevilacqua (Partigiani scuola pubblica): Didattica per competenze? Tutto il male possibile. No precari 36 mesi, no sanatorie
Gianfranca Bevilacqua, avvocato e docente di diritto, è componente integrante ed attiva dei Partigiani Scuola Pubblica, una struttura organizzata in modo orizzontale paritaria tra i componenti e senza vertici, gruppi tra i più attivi specialmente nella critica alla Legge della Buona Scuola, la 107 del 2015.
Ricordo che il gruppo denunciò proprio tramite Gianfranca Bevilacqua il giornalista Fabrizio Rondolino per aver offeso pesantemente gli insegnanti in una trasmissione televisiva. Per questo l’ordine dei giornalisti recentemente ha comminato un avvetimento al giornalista.
Vuole presentare il suo gruppo Partigiani della Scuola Pubblica, innanzitutto il nome così evocativo, come è nato, quali sono le sue finalità, quali gli obiettivi raggiunti e le sue prospettive?
Il nome palesemente evocativo, poiché tutti noi siamo di parte: dalla parte della scuola pubblica. È nato a Bologna, e alcuni di noi, docenti meridionali, sono stati “notati” per l’attivismo particolarmente vivace e assolutamente libero; e quindi “cooptati”; il nome è stato scelto insieme, successivamente. Le finalità più impellenti ed immediate erano evidentemente l’abbattimento della L. 107/15, più distruttiva della s.s. 106 (che percorre un lungo tratto della Calabria ed è spesso teatro di morte). Finalità più immediate, tutelare la scuola pubblica in tutti i suoi aspetti, quindi, non necessariamente, sempre e comunque dalla parte dei docenti, anzi, siamo fortunatamente dotati di un forte senso autocritico. Gli obiettivi raggiunti: senz’altro tenere sempre accesa l’attenzione sugli effetti devastanti dell’applicazione della citata legge e tentare di arginarli con la forza dei ricorsi, se fattibili, e, in ogni caso, della divulgazione. Mi pare che qualche pezzo della Legge stia sgretolandosi -vedi la chiamata diretta- e si continua. La prospettiva finale è il suo abbattimento e comunque tornare a una Scuola che abbia come suo cuore pulsante lo studente persona, attorno alle cui aspettative ed esigenze deve ruotare l’universo scuola.
Voglio iniziare questa intervista da Andrea Camilleri. In una sua intervista incompiuta a Marco Travaglio del 2018, poco prima delle elezioni del 4 marzo, lo scrittore appena scomparso puntava il dito sulla scarsa cultura dell’ italiano medio e sulla perdita costante della nostra memoria storica. Lei che ne pensa, la scuola e gli insegnanti ne hanno una responsabilità?
Nessuno ha il diritto di tirarsi fuori dalle responsabilità di fronte a un “fallimento”. Continuando provocatoriamente la metafora con l’impresa che, sia chiaro, nulla ha a che fare con la scuola, se si verifica la decozione, in percentuale variabile ne è stato responsabile l’ufficio comunicazione, il pool dipendenti, l’ufficio risorse umane, la non corretta ripartizione delle risorse economiche, e, naturalmente, e più di tutti, il vertice.
Il lavoro degli insegnanti spesso è ignorato dall’opinione pubblica, se ne ha ancora una visione alquanto distorta, a volte ostile anche per colpa di certa Stampa. Secondo lei di chi sono le responsabilità?
Si sa che giornalisticamente sono molto più appetibili gli scoop, le “bad news”. Forse, in parte (perché, come già detto, le responsabilità vanno sempre ripartite) andrebbe valorizzata e capillarizzata la bella scuola, quella che ogni giorno, grazie allo sforzo sinergico di tutti i suoi operatori (studenti, docenti e perché no, anche qualche d.s.) “porta a casa” bravi professionisti, abili artigiani, eccellenti scienziati.
Circa il 60% degli insegnanti è iscritto ad un sindacato, ma nel contempo gli insegnanti criticano aspramente tutti i sindacati, come spiega questa contraddizione?
Il problema è sempre quello delle “aspettative”: tanto più alta è la loro asticella nell’immaginario collettivo, tanto più cocente la delusione. A mio parere, un approccio corretto dovrebbe essere quello di non santificare, né demonizzare, ciascuno ha un suo preciso ruolo che dev’essere percorso sinergicamente per ottenere un buon risultato. Questa è ovviamente l’ottica generale, poi ci sono e ci devono essere, le valutazioni “caso per caso”. Comunque, ben venga la critica, anche aspra, talvolta può essere un ottimo stimolo. Purché sia adeguatamente bilanciata da una sana autocritica.
Nella scuola dell’autonomia nella versione ultima della 107 del 2015 prevale il potenziamento dei poteri decisionali del DS tanto che si è parlato di una organizzazione piramidale e neofeudale, che secondo alcuni sta in molti casi coartando la stessa libertà d’insegnamento con una conduzione dirigista delle scuole e l’imposizione di una didattica di stato.Quale la posizione dei Partigiani della scuola pubblica?
La posizione dei PSP sul punto è feroce. Un’organizzazione così complessa e pulsante come la scuola non può essere lasciata in balia di una persona sola nella stanza dei bottoni, non preventivamente sottoposta a un serio test psicoattitudinale sul campo e molto spesso autocircondatasi da collaboratori kapò.
Quale il suo giudizio sulla didattica per competenze, sull’alternanza scuola lavoro, sulla scuola azienda che deve soddisfare il cliente alunno?
Il mio parere (non giudizio, non ho intrapreso la carriera in magistratura perché il giudicare mi fa venire l’orticaria, essere “al di sopra delle parti è un’utopia e non mi appartiene”, pensi che ho un po’ di problemi anche tutte le volte che devo etichettare uno studente con un numero!) è tutto il male possibile. Non c’è proprio nulla in comune tra tutti quegli artifici aziendalistici e la scuola, che non deve “produrre” utili e risultati, ma generare cultura, in un circolo virtuoso con effetto domino.
Quale il suo commento sui dati Invalsi 2019 che vedono ancora un paese diviso in due circa le performance degli studenti. Il Ministro Bussetti ha dichiarato che la colpa è di una didattica non adeguata e che si dovrebbero valutare anche gli insegnanti.
Il mio commento di pancia è che anzitutto “meriti” la valutazione chi la invoca per i suoi dipendenti. E ancora, che un “bel” docente (mi perdoni, ma dopo la 107/15 il termine “buona/buono” ha assunto per me un’ accezione negativa) non teme valutazioni, purché riconosca l’autorevolezza del valutatore. Detto questo, il metodo invalsi è perfettamente valido per testare un macchinario in ditta, non certamente una persona, con le infinite sfumature della sua meravigliosa complessità. E ritengo dunque molto più preoccupante la circostanza per cui al nord si siano registrati risultati “positivi”, perché è senz’altro indice di una massificazione del sapere che stride fastidiosamente con il significato primario ed etimologico della missione educativa.
Che ne pensa della proposta del preside elettivo?
Un po’ mi spaventa, perché potrebbe essere male interpretato, quasi come in un perverso e viziato meccanismo del do ut des, del voto di scambio. Per converso, un concorso corretto e trasparente risponde al disegno costituzionale, ma gli esempi correnti non sono esaltanti. Forse una via di mezzo (i 50 giorni da orsacchiotto tra uno da leone e 100 da pecora, vagheggiati da Troisi) potrebbe essere la soluzione, magari l’elezione dei suoi collaboratori…
Quali sono le critiche dei Partigiani della Scuola pubblica, dopo più di un anno, alle attuali politiche scolastiche del governo gialloverde. Molti docenti sono delusi. Si aspettavano una cancellazione della 107 e dei suoi istituti più caratterizzanti.
I PSP sono trasversali, abbiamo all’interno rappresentanti di (quasi, per carità!) tutte le forze “politiche”. Certo è che, proprio per questo, non abbiamo mai risparmiato critiche. Siamo e continueremo a essere implacabili contro un modello di scuola che non sia pubblica, nazionale e che raccolga dalla base le sue istanze.
Che ne pensa della politica dell’attuale governo sul precariato e in particolare quanto si prospetta per i PAS e il concorso riservato per chi non abilitato ha tre anni di insegnamento?
In ossequio alle leggi nazionali, in qualsiasi settore, il precariato oltre i 36 mesi è inaccettabile. Ma altrettanto inaccettabili sono eventuali sanatorie, iniquità di trattamenti e violazione del precetto costituzionale che impone il concorso per i pubblici dipendenti.
Pensa che una grande associazione della docenza libera e indipendente che riesca ad esempio aiscrivere 300.000 docenti possa essere un interlocutore politico alternativo ai sindacati?
Non alternativo, ma fortemente ad adiuvandum. Ma comunque, avendo ahimè conosciuto tanti (s)colleghi, dubito che possa profilarsi una grande associazione libera e indipendente.
L’ultima domanda ma la più attuale nel dibattito sulla scuola è sull’autonomia differenziata. Ora pare che tutto sia stato rinviato a settembre per l’opposizione interna al governo del M5s. Qual è la posizione del suo gruppo sulla regionalizzazione della scuola e cosa intende fare in proposito. Come commenta la frase del prof Villone degli insegnanti sentinelle della democrazia.
La posizione dei PSP sul punto è recisamente tranchant, senza se e senza ma. Potrei dire tanto sul punto, ma per chi fosse interessato rimando agli atti dei numerosi seminari e incontri studio tenuti anche da me personalmente. Stimo Villone enormemente. Ok agli insegnanti sentinelle della democrazia, ma credo ancora più fortemente nell’azione di vigilanza del cittadino, custode e vestale della democrazia. La democrazia, come la scuola, è bene comune, “cosa pubblica”, quindi, “cosa nostra”, di ciascuno di noi. “La storia siamo noi, nessuno si senta escluso” (F. De Gregori).