Basta con le sculacciate e gli schiaffi ai figli, i genitori devono educare “senza violenza”. Svolta in Svizzera

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Il Consiglio nazionale svizzero ha approvato una modifica al Codice civile che vieta espressamente l’uso di violenza fisica e psicologica nell’educazione dei figli.

Con 134 voti a favore e 56 contrari, il testo ora passa agli Stati per l’approvazione definitiva. Come segnala il Corriere del Ticino, l’articolo 302 stabilisce che i genitori devono educare i figli “senza ricorrere alla violenza”, escludendo punizioni corporali, minacce e umiliazioni. In caso di difficoltà, le famiglie potranno rivolgersi a consultori cantonali, già esistenti ma che dovranno essere potenziati.

Un passo verso la tutela dei minori

Durante il dibattito, i relatori hanno sottolineato che l’integrità fisica ed emotiva dei bambini è già protetta da leggi esistenti, ma la modifica al Codice civile rende esplicito il principio dell’educazione non violenta. Secondo i dati citati, nel 2023 oltre 2.000 bambini sono stati trattati negli ospedali per violenze domestiche. La riforma allinea la Svizzera alla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e alla tendenza europea, seguita da molti Paesi vicini. I sostenitori hanno precisato che l’autonomia educativa dei genitori non verrà limitata, ma si intende chiarire quali comportamenti siano inaccettabili.

Prevenzione e sostegno alle famiglie

Il progetto punta a un effetto preventivo, evitando di criminalizzare i genitori ma promuovendo consulenze e supporto. I Cantoni dovranno potenziare i servizi esistenti, garantendo accesso facile a percorsi di aiuto. Tuttavia, alcuni partiti politici hanno criticato la riforma, ritenendola superflua e dannosa per l’autorità genitoriale. Secondo i contrari, il rischio è che i figli abusino dei consultori per sfuggire a regole legittime. Nonostante le polemiche, il testo rappresenta un cambio culturale, ribadendo che violenza e umiliazioni non hanno posto nell’educazione.

L’impatto psicologico e pedagogico delle punizioni corporali: perché l’educazione non violenta è cruciale

La violenza fisica e le umiliazioni, anche quando inflitte con l’intento educativo, lasciano tracce profonde nello sviluppo dei bambini. Numerosi studi in psicologia dell’età evolutiva e neuroscienze dimostrano che sberle, sculacciate e minacce non solo sono inefficaci nel correggere i comportamenti a lungo termine, ma possono generare ansia, bassa autostima e difficoltà relazionali. Bambini cresciuti in contesti punitivi tendono a interiorizzare modelli basati sulla paura, riproducendoli in età adulta o sviluppando, al contrario, un rifiuto verso qualsiasi forma di autorità.

Dal punto di vista pedagogico, l’alternativa esiste e si fonda su discipline non violente, come il metodo della disciplina positiva, che privilegia l’ascolto, la negoziazione e la coerenza delle regole. Invece di reprimere, questo approccio insegna ai bambini a comprendere le conseguenze delle proprie azioni, favorendo l’autoregolazione emotiva. Le scuole che adottano programmi di educazione socio-emotiva registrano, ad esempio, un calo dei conflitti in classe e un miglioramento del clima di apprendimento.

Tuttavia, il passaggio a un’educazione completamente priva di violenza richiede un cambiamento culturale. Molti genitori e insegnanti, cresciuti in contesti dove le punizioni corporali erano normalizzate, faticano a immaginare alternative efficaci. Eppure, i dati sono chiari: nei Paesi dove il divieto è stato accompagnato da campagne informative e sostegno alle famiglie, come la Svezia, si è osservata una riduzione degli abusi e un maggiore benessere psico-fisico dei minori. La sfida, quindi, non è solo normativa, ma anche formativa: servono risorse per aiutare gli adulti a sostituire la coercizione con strumenti educativi più rispettosi e, in definitiva, più efficaci.

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