Alunni plusdotati: chi sono, come riconoscerli, quali disagi, cosa bisogna fare. INTERVISTA a Alessandro Bozzato, presidente nazionale UNIPED. Scarica progetto scuole superiori
Il professore Alessandro Bozzato, attuale presidente nazionale dell’UNIPed, offre una panoramica incisiva e riflessiva sul tema dei bambini plus-dotati, ovvero quelli dotati di un potenziale cognitivo elevato, spesso mal interpretato o sottovalutato nel contesto scolastico e sociale. Nel corso della sua carriera, il professor Bozzato ha accumulato una vasta esperienza come educatore e pedagogista, lavorando con il Comune di Venezia in vari settori, dall’infanzia all’adolescenza, e approfondendo il suo impegno nel campo della disabilità e dei disturbi cognitivi attraverso l’educazione e il monitoraggio di progetti.
Nell’articolo-intervista, il professore Alessandro Bozzato esplora il paradigma dei bambini plus-dotati, descrivendo le sfide uniche che affrontano, tra cui il rischio di annoiarsi a scuola a causa della loro rapida comprensione e attuazione delle istruzioni, oltre a problemi potenziali nel loro sviluppo emotivo e sociale. Sottolinea l’importanza di non trasformare il “dono” di questi bambini in una “condanna”, evitando isolamento e frustrazione attraverso un approccio educativo che stimola la loro creatività e il pensiero critico senza separarli dai loro coetanei.
Inoltre, il Prof. Bozzato discute la rilevanza di interpretare correttamente i segni di avanzata capacità cognitiva nei bambini, come una memoria eccezionale o abilità nel problem solving, e l’importanza di differenziarli da altri disturbi come l’ADHD o il disturbo dello spettro autistico. Sottolinea che, nonostante i gifted rappresentino una percentuale significativa della popolazione scolastica, spesso rimangono non riconosciuti a causa di vari fattori sociali ed economici.
L’approccio pedagogico per i plus-dotati
L’approccio pedagogico per i plus-dotati, secondo il professore, non deve necessariamente differire drasticamente dal curriculum standard, ma dovrebbe essere arricchito e diversificato per mantenere l’interesse e promuovere l’inclusione. Questo include il rafforzamento delle strategie didattiche che favoriscono l’interazione e la partecipazione attiva in classe, scongiurando l’isolamento e stimolando un ambiente inclusivo e stimolante.
Necessità di una scuola veramente inclusiva che valorizzi e promuova le abilità individuali dei bambini gifted
Il professor Bozzato chiama all’azione insegnanti, educatori e genitori, sottolineando la necessità di una scuola veramente inclusiva che valorizzi e promuova le abilità individuali dei bambini gifted, riconoscendo e sostenendo il loro diritto a un’educazione che li sfidi e li coinvolga pienamente, evitando di limitarli a un approccio che veda la loro eccezionalità come un problema da gestire anziché come un potenziale da coltivare.
C’è molta confusione in giro: chi è il plusdotato, professore?
«Mi capita sempre più spesso di venir contattato per occuparmi di bambini plus dotati. Capita a me e suppongo capiti lo stesso anche a tanti miei colleghi, e la prima cosa a cui faccio attenzione è quanto ci sia di fondato nella segnalazione: come per tutte le cose, anche nell’ambito professionale di chi si occupa di disturbi dell’apprendimento o di disordini cognitivi, si va a periodi, condizionati dal passaparola e da dinamiche di riconoscimento e immedesimazione. La costante circolazione di notizie causate dalla lettura di titoli di articoli – senza poi approfondire quanto scritto nell’articolo, così come i saggi consigli di sedicenti esperti, amplificati dai social network, generano disinformazione e, ciò che è peggio, false speranze o diagnosi pret a porter senza attendibilità scientifica. Con questo voglio dire che non sempre un bambino goffo nelle attività sportive ma svelto in matematica è un plus-dotato: potrebbe essere semplicemente un bambino lievemente disprassico senza coinvolgimento nelle abilità di calcolo o anche un bambino assolutamente nella norma che risente di deprivazione di un’esperienza motoria qualificante. Insisto sulla deprivazione dell’esperienza motoria perché è una condizione ricorrente nella stragrande maggioranza dei bambini con cui lavoro: camminare, correre, impugnare correttamente una matita, abbottonarsi il cappotto, piegare una maglietta, saltare la corda, sbucciare una mela, usare le forbici, allacciare le scarpe, scrivere in corsivo e palleggiare sono attività che esercitano le nostre competenze motorie. E sono anche attività che vengono progressivamente abbandonate comportando una diminuzione delle cosiddette skills prassico-motorie».
Quale è il paradosso del disagio del bambino plus-dotato?
«Il paradosso del disagio del bambino plus-dotato (in inglese gifted) consiste proprio nel non aver alcun disordine di tipo cognitivo né intellettivo, anzi, si può tranquillamente parlare di una condizione di potenziale cognitivo particolarmente alto, che va coltivato e favorito senza trasformare il “dono” in una condanna. Esiste il rischio che il bambino che capisce ed esegue le consegne molto prima del resto della classe, si possa annoiare e possa risentire anche a livello emotivo di costrizioni apparentemente immotivate. Si hanno alcuni casi di bambini che vengono invitati ad andare fuori dalla classe con vari pretesti per evitare il “disturbo”. A me è capitato un bimbo di sei anni, a tre mesi dall’inizio della scuola, portato nel mio studio per valutare possibili segnali di ADHD, del tipo combinato, cioè con la presenza sia di iperattività che deficit dell’attenzione; a complicare il quadro si trattava di un bambino con genitori che non parlavano molto bene l’italiano, diversamente da lui (e già questo avrebbe potuto far nascere dei sospetti). Si trattava a tutti gli effetti di un bambino molto vivace, impegnativo e poco propenso ad ascoltare gli adulti presenti. Ho provato a capire alcune associazioni usando dei comuni dadi da gioco ed è immediatamente apparsa chiara la sua rapidità nell’acquisizione dei concetti base del calcolo: non aveva mai usato (né visto) dei dadi da gioco prima di quel momento, ma già al mio secondo o terzo lancio aveva capito il meccanismo della somma a due, tre e quattro dadi. Contestualmente, aveva anche iniziato ad essere meno irrequieto e più concentrato. Dopo qualche altro gioco-test sulle funzioni cognitive e su quelle motorie, ho indicato ai genitori un centro specializzato per il riconoscimento e la valutazione dei gifted. Come prevedibile, è stato riconosciuto e si è potuto iniziare a lavorare sia con i genitori che con i docenti».
Come si riconoscono i plus dotati?
«Il riconoscimento non è sempre facile, anche perché non c’è un solo modo e, soprattutto, non c’è un solo segnale. Bisogna far attenzione alla modalità e a come il loro comportamento si inserisce in un quadro generale: bisogna vedere la creatività. A volte va addirittura interpretata: un bambino che inizia a parlarti di come sarebbe il mondo se fosse governato dai canguri, e infila una serie di paradossi logici di cui riesce a tenere il filo, può apparire strambo, ma in realtà sta iniziando a esercitare precocemente delle funzioni ipotetico deduttive che in genere dovrebbero presentarsi in preadolescenza. C’è poi la memoria: la grande capacità di memorizzare velocemente delle procedure complesse e delle sequenze particolarmente lunghe. A volte si evidenzia un’abilità nel calcolo che potrebbe apparire simile a quella di alcuni Aperger ad alto funzionamento, ma è virtualmente impossibile confonderli: i gifted hanno voglia di scherzare, di ridere e hanno un notevole senso dell’umorismo e dell’ironia. La cosa importante, comunque, è recarsi in qualche centro specializzato trovando chi può confermare o smentire i sospetti. E finché non si ha il confronto con gli specialisti, è il caso di continuare a considerarli dei sospetti».
Basta riconoscere i plus dotati o serve anche intervenire sui docenti?
«Si possono fare moltissime cose con i ragazzi e i bambini plus-dotati, adesso non è più un tabù parlarne, e si può arrivare a pensare a un PdP anche per loro: sono considerati giustamente dei BES, anche se il tipo di impegno per l’insegnante è decisamente diverso. Bisogna stimolare anche la creatività del docente, riuscire a immaginare sviluppi di condivisione e strategie didattiche che siano di tipo inclusivo e dialettico rispetto al gruppo classe: non è il caso di ipotizzare una separazione né di inviare un plus-dotato in una scuola speciale, io sono decisamente contrario per moltissimi motivi, che possiamo approfondire in altre sedi e con molto più tempo a disposizione, ma la prima cosa da dire è che non si deve isolare ciò che appare diverso. L’ultima cosa che serve al bambino gifted è il processo di “mostrificazione” che a tanti adulti piace e che viene spesso mascherato da “maggiori opportunità”. Vorrei ricordare che il plus-dotato non è un caso isolato, non è una rarità: si parla di una percentuale che va dal 5 all’8%, che tradotto nella composizione di una nostra normale classe della primaria, corrisponde a almeno un bambino o una bambina in ogni classe. Ma nella realtà io suppongo ci sia un ulteriore sommerso che non compare a causa delle molte differenti provenienze: situazioni svantaggiate, deprivazioni socioculturali, difficoltà linguistiche e povertà educativa in costante aumento che non permettono di poter valutare la platea scolastica nella sua completezza».
Cosa dovrebbe fare il docente, come dovrebbe essere il programma e, principalmente, come dovrebbe essere la scuola?
«Il programma didattico non dovrebbe cambiare in modo sostanziale, ma può essere reso più avvincente e vario grazie ad approfondimenti e all’incoraggiamento della ricerca di collegamenti in forma più o meno autonoma. Con i gifted si può puntare maggiormente sull’inferenza, sulla creatività e soprattutto sull’aspetto metacognitivo, che è alla base degli attuali orientamenti didattici e pedagogici. Ovviamente è necessario per tutti i docenti e il personale didattico, sintonizzarsi sull’idea di una scuola realmente inclusiva non concentrata sul profitto: lo dico non perché credo che i docenti non lo sappiano già, ma perché ogni tanto ci si deve confrontare con alcuni ambiti (soprattutto extrascolastici) che tendono a orientare in senso diverso, quando non addirittura opposto, i naturali percorsi dell’apprendimento (e della funzione della scuola pubblica). L’attenzione non può ovviamente esaurirsi all’ambito scolastico: è bene che i genitori e gli adulti significativi siano informati e consapevoli del fatto che il bambino plus-dotato va incoraggiato, non limitato. Va favorito e va assecondata la sua voglia di spaziare, senza che diventi un obbligo al costante perfezionamento. Il bambino, come tutti gli altri, ha bisogno di stare con gli amici, di fare attività e di sperimentarsi. Un ultimo piccolo consiglio che spero sia superfluo: a volte si vede che il bambino si placa con un’immersione nel computer/tablet/play-station/smartphone e si può così avere l’illusione che stimolando l’ambito virtuale si stia facendo del bene; ecco: no, non si sta agevolando niente, a parte una tendenza all’isolamento che è invece la cosa che va contrastata».
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