Bambini con difficoltà comunicative nei suoi primi mesi di vita, cos’è l’Infant Achievements? Lo studio

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Quando un bambino fatica a comunicare o sembra meno interessato al contatto con gli altri, è normale che i genitori si preoccupino. Spesso si tratta di segnali ancora poco chiari, soprattutto nei primi mesi di vita. Per questo motivo un gruppo di ricercatori ha voluto capire se esistono modi concreti per aiutare i genitori fin da subito, quando i bambini hanno tra gli 8 e i 12 mesi.

Un percorso a casa per imparare a comunicare meglio

Lo studio ha coinvolto due gruppi di famiglie con bambini che presentavano un possibile ritardo nello sviluppo della comunicazione. Alcuni genitori hanno partecipato a un programma pratico, chiamato Infant Achievements, che prevedeva incontri a casa con uno specialista. Altri hanno invece ricevuto solo informazioni generiche.

Durante le visite, i genitori hanno imparato a usare piccoli gesti e parole per incoraggiare il proprio bambino a comunicare. Ad esempio, osservare insieme un oggetto, descrivere ciò che il bambino sta facendo, oppure scegliere giochi che stimolino lo scambio di sguardi e l’attenzione condivisa.

Alcuni esempi di interazione

1. Commentare le azioni del bambino

Cosa fare: quando il bambino gioca o compie un’azione, il genitore può descrivere con parole semplici quello che vede.

Esempio: “Hai fatto rotolare la palla!” oppure “Stai guardando il libro!”

Perché è utile: aiuta il bambino ad associare le parole alle azioni e favorisce l’attenzione condivisa, ovvero l’interesse comune verso un oggetto o un’attività.

2. Aspettare una risposta

Cosa fare: durante l’interazione, il genitore può fare una pausa dopo aver detto qualcosa o mostrato un oggetto, attendendo una reazione del bambino.

Esempio: Mostri un pupazzo e dici “Guarda chi c’è!”, poi resti in silenzio qualche secondo, osservando la reazione del bambino.

Perché è utile: stimola il bambino a prendere l’iniziativa, magari con uno sguardo, un gesto o un suono, e crea spazio per l’interazione.

3. Imitare il bambino

Cosa fare: se il bambino produce un suono o esegue un gesto, il genitore può ripeterlo, mantenendo il contatto visivo.

Esempio: il bambino batte le mani, il genitore fa lo stesso e aggiunge: “Batti le mani!”

Perché è utile: rafforza la connessione sociale e motiva il bambino a ripetere o variare le azioni.

4. Offrire scelte

Cosa fare: il genitore propone due oggetti al bambino e nomina entrambi, osservando quale viene scelto.

Esempio: “Vuoi la macchina o il libro?”, mentre tiene i due oggetti a distanza visibile.

Perché è utile: stimola il bambino a indicare, guardare o vocalizzare per esprimere una preferenza, ponendo le basi per la comunicazione intenzionale.

5. Ripetere le parole chiave

Cosa fare: il genitore può ripetere più volte la stessa parola legata a un’azione o oggetto specifico.

Esempio: “Palla! Guarda la palla. La faccio rotolare: palla!”

Perché è utile: la ripetizione aiuta il bambino a memorizzare i suoni e riconoscere le parole nel contesto.

Come integrare queste attività nella giornata

Tutte queste strategie possono essere inserite facilmente nella routine quotidiana, come durante il cambio del pannolino, il bagnetto, i pasti o il gioco libero. Non servono materiali speciali: ciò che conta è la qualità dell’interazione e la responsività del genitore ai segnali del bambino.

Risultati che fanno ben sperare

I risultati dello studio sono stati chiari: i bambini i cui genitori avevano partecipato al programma hanno mostrato maggior interesse per l’interazione e hanno migliorato la capacità di comunicare senza parole. Allo stesso tempo, i genitori si sono sentiti più sicuri e preparati nel capire e rispondere ai segnali del proprio figlio.

Anche dopo la fine del programma, questi miglioramenti sono rimasti nel tempo. Tra i progressi osservati ci sono stati:

  • più frequenti tentativi del bambino di attirare l’attenzione del genitore;
  • aumento del tempo passato in attività condivise, come giocare o guardare insieme un oggetto;
  • miglioramenti nel modo in cui i bambini rispondevano agli stimoli visivi e linguistici.

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