Azzolina (M5S): precariato si supera con tempo pieno, no classi pollaio, quota 100 e concorsi [INTERVISTA]

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“Non ci sono tagli sull’istruzione. Abbiamo lavorato tantissimo nei giorni di stesura della legge di Bilancio per investire e non tagliare. I titoloni falsi, di un quotidiano in particolare, che ci addebitavano 4 miliardi di euro di tagli all’istruzione, hanno generato un allarme infondato”.

Lucia Azzolina, deputata del Movimento 5 Stelle, smentisce categoricamente i tagli alla scuola che sarebbero stati operati con il Bilancio del governo gialloverde. “Il totale della spesa per l’istruzione scolastica nel 2018, sotto il governo Gentiloni – precisa Azzolina – era di 46.312.578.958, quella del governo Conte per il 2019 è di 48.376.017.822. C’è un incremento di 2 miliardi circa, in coerenza con la centralità che abbiamo sempre dato e continueremo a dare alla scuola”. L’on Azzolina, di professione insegnante, è autrice di una proposta di legge tesa a diminuire il numero massimo di alunni per classe, nella convinzione che da questo intervento passi anche il superamento del precariato dei docenti”.

On. Lucia Azzolina, qual è l’obiettivo della sua proposta di legge sulle classi affollate?

“L’obiettivo è quello di rimettere al centro la scuola e la qualità dell’istruzione in questo Paese. Per anni le politiche in questo ambito hanno avuto soltanto l’obiettivo di tagliare la spesa, con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. Ora tocca a noi combattere la dispersione scolastica, rendere più agevole e umano il lavoro dei docenti e garantire agli studenti un apprendimento reale ed efficace. Tutto questo in un ambiente educativo adeguato e sicuro. Cominciamo finalmente a investire sui nostri giovani, sul personale scolastico e, di conseguenza, sul futuro dell’Italia”.

L’on. Valentina Aprea, responsabile scuola di Forza Italia, contesta questa proposta, spiegando che l’idea stessa di classe vada superata grazie alle tecnologie che imporranno alle scuole di cambiare il concetto di aula.

“La deputata Aprea, da troppi anni in politica, ha perso il contatto con la scuola reale. Le tecnologie – su cui pure grazie al sottosegretario Giuliano stiamo puntando con decisione – potranno certamente aiutare a superare il vecchio concetto di aula, ma resta la necessità di spazi di apprendimento adeguato e sicuri per gli studenti e per il personale. La nostra proposta si fonda sulla constatazione di dati oggettivi e propone dei limiti numerici, ma dietro i numeri c’è l’obiettivo di rimettere al centro l’esperienza formativa e il lavoro dei docenti”.

Aprea spiega inoltre che l’automatismo che farebbe sdoppiare la classe in presenza del venticinquesimo alunno costerebbe alcuni miliardi che non ci possiamo permettere e che le classi con pochi alunni piacciono tanto ai prof ma non agli studenti.

“La proposta di legge indubbiamente comporta un impegno economico: Forza Italia parla di costi perché il loro approccio con la scuola è sempre stato quello di un settore dal quale andare a reperire risorse, per noi del MoVimento 5 Stelle è un investimento necessario e utile per la nostra società e la nostra economia, ripeto. Non ricordo che la deputata Aprea si sia preoccupata così tanto degli 8 miliardi che dieci anni fa l’allora ministra Gelmini sottrasse alla scuola. Quanto al fatto che le classi con pochi alunni possano o meno ‘piacere’, lo trovo offensivo sia per i docenti sia per gli studenti: chi insegna vuole soltanto mettere al centro la relazione educativa e la sua efficacia e chi impara ha tutto l’interesse a farlo in un ambiente sicuro e confortevole e in un contesto adeguato”.

Veniamo agli apprendimenti. Cosa pensa dell’arretratezza delle scuole sul piano degli apprendimenti delle competenze digitali? Come attrezzare i docenti, spesso riottosi, perché siano in grado di gestire la quarta evoluzione industriale, dal digitale alla robotica, cui vanno incontro gli alunni che frequentano oggi le scuole dell’infanzia e che usciranno dalla scuola nel 2034?  

“Non tutte le scuole sono arretrate sul piano degli apprendimenti delle competenze digitali. Sicuramente c’è molto da lavorare e non possono essere tollerate forme di riottosità. La scuola esiste per gli alunni. Come dicevo, la nostra attenzione a questo tema è elevata e ha già portato un primo risultato con la legge di Bilancio: per attuare il Piano per la scuola digitale, formare gli insegnanti e puntare sulle metodologie didattiche innovative, le scuole potranno contare su 120 docenti distaccati, le cosiddette équipe territoriali. Ovviamente saranno impegnati anche dei fondi dedicati, già stanziati nel 2015: 1,44 milioni di euro quest’anno, 3,6 milioni nel 2020 e 2,16 nel 2021”.

Molti docenti si dicono delusi dalla mancata abolizione della Legge 107. Cosa risponde?

“La legge 107/2015 non poteva essere abolita tout court, ma siamo già intervenuti radicalmente a risolvere le criticità più evidenti e altro ancora rivedremo. A luglio 2018, nel decreto dignità, abbiamo abrogato con un mio emendamento il comma 131 che avrebbe di fatto licenziato i docenti con più di 36 mesi di servizio su posti vacanti e disponibili. Abbiamo eliminato il concetto di ambito territoriale e c’è una proposta di legge in discussione al Senato contro la chiamata diretta. Il ministro è intervenuto sulla riforma del reclutamento rendendolo più agevole ed evitando che i docenti neoassunti fossero pagati 400 euro al mese. In merito all’alternanza scuola-lavoro l’abbiamo completamente modificata sia nella quantità delle ore sia nel concetto stesso, per cui oggi parliamo di competenze trasversali. È stata rinviata di un anno l’attuazione del d. lgs. 66/2017, così da poter intervenire sul tema dell’inclusione scolastica, su cui sta lavorando con competenza e passione il sottosegretario Giuliano. Infine, un mio ordine del giorno al decreto Milleproroghe ha permesso agli insegnanti, che stanno facendo il concorso transitorio, eventualmente di ripetere l’anno di prova se si rendesse necessario. Tengo a sottolineare che tutti questi provvedimenti sono stati messi a punto nel giro di pochissimi mesi: stiamo lavorando sodo e abbiamo ben chiari sia l’orizzonte a cui ambiamo sia i prossimi step da percorrere”.

Il governo ha diminuito, come ha detto, le ore di alternanza scuola e lavoro. Siamo sicuri che quell’esperienza non fosse positiva per gli apprendimenti dei nostri alunni?

“Il bilancio dell’alternanza scuola-lavoro per come l’abbiamo conosciuta è fatto di luci e ombre, di un modello che non ha ‘cucito’ l’alternanza attorno alle reali esigenze delle ragazze e dei ragazzi. Nella gran parte dei casi non serve una quantità di ore così elevata: meno ore potranno garantire la qualità che sinora i docenti giustamente ricercavano per i loro alunni. Prima si facevano le corse per riempire quelle 400 ore negli istituti tecnici e professionali o 200 ore nei licei, era diventata un adempimento burocratico. Oggi un numero di ore inferiore garantirà alle scuole un’organizzazione più efficiente, mentre la possibilità di puntare sulle cosiddette soft skills renderà questa esperienza utile per il bagaglio culturale dei ragazzi e in tutte le altre opportunità professionali, di studio e di vita che si troveranno a vivere”.

Avete cambiato le modalità dell’esame di Stato fin dall’anno in corso, con i prevedibili disagi per studenti e commissioni. Era proprio necessaria e così urgente questa misura?  

“Ricordo innanzitutto che le modalità dell’esame di Stato nuovo erano state modificate dal Pd con il d.lgs. 62/2017 (attuativo della legge n. 107/15). Noi lo abbiamo modificato con la legge 108/2018 (di conversione del decreto Milleproghe) migliorandolo. Con la circolare n. 3050 del 04 ottobre 2018 abbiamo prorogato al primo settembre 2019 la partecipazione alla prova Invalsi e lo svolgimento dell’alternanza scuola lavoro quali requisiti d’accesso all’esame di maturità. Il Miur ha messo a punto queste nuove modalità partendo dalle esigenze emerse in ambito scolastico e in ogni caso si sta facendo il massimo sforzo per condividere con gli studenti le novità introdotte e metterli il più possibile a loro agio nell’affrontare la prova”.

Regionalizzazione dell’istruzione. C’è molta delusione tra i docenti per questa iniziativa inattesa e preoccupante del governo. Che cosa risponde? 

“Al momento non è stata assunta alcuna decisione, né potrebbe mai essere presa senza chiarire quali sono i livelli essenziali di prestazione che devono essere erogati su tutto il territorio nazionale. In ogni caso io personalmente sono contraria ad ogni forma di regionalizzazione dell’istruzione”.

Anche a causa dell’esodo per quota 100 si paventa un 1 settembre 2019 difficile da gestire, con centinaia di migliaia di cattedre scoperte, con pochi insegnanti iscritti nelle graduatorie utili per il ruolo. I sindacati chiedono al governo misure urgenti come concorsi riservati a chi ha 36 mesi di servizio. Che cosa farà il governo? Partiranno questi concorsi riservati? E i concorsi ordinari?

“Il governo non solo farà, ma sta già facendo. Quota 100 è una grande opportunità per il mondo della scuola. Abbiamo le graduatorie ad esaurimento ancora da svuotare, i vincitori di concorso e gli idonei del 2016 da assumere. A breve verrà bandito anche il concorso ordinario per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria ed entro il 2019 il concorso ordinario per la scuola secondaria di primo e secondo grado con il quale assumeremo sia i precari con più di 36 mesi di servizio – per i quali sarà giustamente valorizzato al massimo il servizio svolto – sia i neolaureati”.

Quali misure avete per risolvere il problema del precariato di docenti e personale Ata?

“Le uniche misure possibili sono legate al tempo pieno, al superamento delle classi pollaio e ad un massiccio investimento sulla scuola. Sono necessarie risorse che stiamo cercando di individuare anche con il contributo del Ministero dell’Economia: c’è consapevolezza di quanto siano urgenti e utili queste iniziative, dunque sono fiduciosa”.

Gli ambiti, nella mobilità, avevano reso precaria anche la situazione degli insegnanti di ruolo. La loro abolizione, decretata dal vostro governo, come ha ricordato prima, ha restituito molta serenità ai docenti. Ci saranno ripensamenti o possono stare tranquilli?

“Nessun ripensamento, i miei colleghi docenti possono stare tranquilli. La tranquillità dei docenti e del personale della scuola è un obiettivo che vogliamo mantenere con diversi strumenti. Sappiamo bene che c’è diffidenza a causa del trattamento riservato dai governi passati, ma credo che questi primi otto mesi di duro lavoro ci siano valsi almeno un’apertura di credito. Faremo di tutto per continuare a meritare questa fiducia continuando a raccogliere tutte le istanze e a dare risposte concrete”.

Tutti i partiti, in campagna elettorale, promettono stipendi europei ai docenti. Ora siete voi al governo, che cosa avete in mente sui tempi e sui contenuti del nuovo contratto, scaduto da più di un mese?

“Su questo sta lavorando il ministro Bussetti insieme ai dirigenti e tecnici del Miur”.

E’ davvero concreta la possibilità che vengano installate le telecamere nelle aule per prevenire i maltrattamenti dei piccoli alunni e il sistema delle impronte biometriche per controllare la presenza dei professori in aula?

“Dopo il via libera della Camera, il disegno di legge sulla videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia è al Senato. Le telecamere potrebbero rappresentare un deterrente, ma non dobbiamo perdere di vista un fatto: costituiscono un modo di fare prevenzione purtroppo solo secondaria e mai primaria, perché difatti consentirebbero di intervenire e di conoscere i fatti a violenza oramai perpetrata. Dovremmo interrogarci tutti sulle cause, perché si arriva addirittura a fare del male a bambini indifesi? Bisogna agire innanzitutto per prevenire che certe situazioni possano solo anche essere pensate”.

Facciamo un po’ di chiarezza sui tagli alla scuola. Girano tanti numeri. Ma a quanto ammontano, in realtà?

“Non ci sono tagli sull’istruzione. Abbiamo lavorato tantissimo nei giorni di stesura della legge di Bilancio per investire e non tagliare. I titoloni falsi, di un quotidiano in particolare, che ci addebitavano 4 miliardi di euro di tagli all’istruzione, hanno generato un allarme infondato. Il totale della spesa per l’istruzione scolastica nel 2018, sotto il governo Gentiloni, era di 46.312.578.958, quella del governo Conte per il 2019 è di 48.376.017.822. C’è un incremento di 2 miliardi circa, in coerenza con la centralità che abbiamo sempre dato e continueremo a dare alla scuola”.

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