“Avvicinare scuola e impresa non significa creare ‘pezzi di azienda’ ma formare cittadini che trovino il loro posto nel mondo”. INTERVISTA a Carlo Mazzone
La scuola, l’impresa e lo sviluppo di un territorio. Sono i tre pilastri che guidano Sannio Valley, un progetto ideato da Carlo Mazzone, finalista del Global Teacher Prize e che mira ad interrompere l’esodo di giovani dalla regione.
Sannio Valley, ci racconta proprio Carlo Mazzone in un’intervista rilasciata ad Orizzonte Scuola, raccoglie l’eredità di quasi un ventennio di sperimentazione territoriale, dove singole azioni meritevoli sono state raccolte e strutturate, per offrire un percorso di sviluppo di competenze ed opportunità organico e completo.
Ne è un esempio il progetto “Vivariumware”, un neologismo costruito dall’unione delle parole vivarium, dall’inglese (di derivazione latina) con significato di “vivaio” e dalla arcinota parola ware che, sempre dall’inglese, ha il significato di materiale. È uno dei tasselli del “La Scuola Fuori”, che ha dato il via a piccole imprese, molto innovative e competitive, che nascono all’interno dell’Istituto Lucarelli di Benevento, ricevono finanziamenti e sostegni anche esterni e privati (i cosiddetti business angels), sono collegati a università, associazioni di categoria e centri di ricerca, e poi si trasformano in vere e proprie imprese. Con grandi opportunità di lavoro e di scommesse imprenditoriali per i ragazzi, ancora quando frequentano la scuola.
Oggi, secondo il docente, si può parlare di un vero e proprio ecosistema nascente sul modello SUI-ScuolaUniversitàImpresa, un percorso che sembra naturale, ma che spesso necessita di una spinta, di azioni in sinergia che creano i giusti presupposti per finalizzare un viaggio centrato sulla cultura di impresa.
Professore, che cos’è Sannio Valley e in che modo viene coinvolta la scuola?
I dati sulla dispersione e abbandono scolastico del Sannio sono disarmanti e fotografano una situazione non più definibile semplicemente emergenziale e che è sotto gli occhi di tutti. Solo per dare un ordine di grandezza si può pensare al fatto che in 4 anni si sono persi oltre 13mila residenti e che il trend dell’Istat prevede nel Sannio, tra 8 anni, al 2031, altri 14mila abitanti in meno. Tale stima potrebbe addirittura essere per difetto. Per quanto riguarda la disoccupazione, il tasso giovanile è del 25% nel Sannio contro la media italiana del 17,9 per cento. Sostenere il mondo della scuola rappresenta una scelta strategica, così come già evidenziato dall’Ufficio Scolastico Regionale, per cui l’“orientamento permanente” sta a indicare il “processo volto a facilitare la conoscenza di sé, del contesto formativo, occupazionale, sociale, culturale ed economico di riferimento, delle strategie messe in atto per relazionarsi e interagire con tali realtà, al fine di favorire la maturazione e lo sviluppo delle competenze necessarie per poter definire o ridefinire autonomamente obiettivi personali e professionali aderenti al contesto, elaborare o rielaborare un progetto di vita e sostenere le scelte relative”.
Il tratto caratteristico del progetto?
Sannio Valley rappresenta così il nuovo brand, gestore e collettore di risorse per invertire una apparente inarrestabile deriva di spopolamento e impoverimento del tessuto sociale ed economico costruendo un patto reale e concreto tra forze imprenditoriali, enti di formazione e istituzioni. Sannio Valley nasce come progetto concreto e fattibile basato sulla profonda competenza ed esperienza dei suoi fondatori nei disparati campi della formazione e progettualità di impresa con obiettivi chiari e definiti. L’obiettivo è creare sviluppo socio culturale ed economico nel Sannio e nelle aree interne della Campania mettendo al centro della rinascita di tali aree il digitale come strumento attrattivo per l’insediamento di nuove imprese e lo sviluppo di quelle preesistenti. Con una ben precisa mission: essere il catalizzatore che produce talenti ed opportunità tecnologiche di alto livello al servizio di aziende, localizzate nel territorio, che vengono guidate e favorite nel loro insediamento e crescita di produttività.
Motore di questa rivoluzione delle aree interne oltre al sottoscritto, quale presidente, vi è Claudio Monteforte (vice presidente) e Antonio Domenico Ialeggio (segretario). Con loro Bruno Ascione, Eugenio Ascione, Armando Calabrese, Maria Gabriella Fedele, Corrado Vittorio Ferrara, Francesco Fusco, Antonio Pepe e Gaetano Viglione.
Quindi è d’accordo con il Ministro Valditara sul potenziamento del rapporto fra scuola e impresa?
Assolutamente sì. La scuola è ovviamente un pilastro della società ma non può vivere all’esterno di essa e il mondo dell’impresa è parte integrante di tale società. Quando, nel 2004, ho iniziato questa straordinaria esperienza nel mondo della docenza, venendo dal contesto aziendale, ricordo che parlare di impresa a scuola era per molti aspetti riferirsi a qualcosa di alieno. Per molti anni, impresa e scuola sono stati visti, erroneamente, mondi separati e inconciliabili. Il mio modello didattico Vivariumware nasceva allora proprio dal tentativo di unire questi due mondi. Credo che i tempi siano maturi per un’ottica completamente nuova che possa arricchire da una parte la scuola e dall’altra la società in generale.
Non è che però così si conferisce alla scuola un’impostazione eccessivamente mirata ad un preciso obiettivo anziché fornire quel bagaglio di conoscenze e stimolare una maggiore coscienza critica negli studenti?
Credo ci sia un errore di fondo in un’ottica che vuole per forza di cose vedere nell’avvicinamento dell’impresa alla scuola un modo per creare dei “pezzi di azienda”. Noi, a scuola, formiamo innanzitutto dei cittadini che possano trovare il loro posto nel mondo e realizzarsi come esseri umani. Ciò non è possibile senza una formazione di base e in particolare umanistica che risulta, sempre e comunque, imprescindibile. Per dirne una, io sono più che favorevole alla possibilità di insegnare filosofia anche negli istituti tecnici. Quello che si cerca di fare avvicinando i giovani studenti al mondo dell’impresa è di aiutarli a trovare le loro passioni sin dai primi anni e a realizzare un orientamento a ciò che riempirà loro la vita. Uno dei problemi di fondo è proprio la difficoltà di far capire alle giovani generazioni quali sono le strade che potranno dare loro maggiori soddisfazioni di vita. Ciò è particolarmente vero nei tempi che stiamo vivendo che scorrono a velocità impressionanti in termini di nuove competenze richieste e di una straordinaria complessità e molteplicità di attività lavorative possibili. Infatti, molto spesso anche la formazione tecnica è di tipo generale e insegna degli approcci piuttosto che dei meri dettagli.
Il digitale può aiutare a combattere la dispersione scolastica?
Sì, senza ombra di dubbio. Ciò vale sia per la dispersione esplicita, ovvero, semplificando, per coloro i quali non completano un determinato percorso di istruzione, sia per quella implicita. In questo secondo caso ci riferiamo ai soggetti che pur completando gli studi presentano delle competenze non in linea con quelle attese. In entrambi i casi è possibile mettere al centro la formazione cosiddetta STEAM che se opportunamente presentata e trattata può essere un grimaldello per contrastare la dispersione in questione. Credo sia fondamentale riuscire ad ispirare i giovani in un nuovo modello di mentoring e, come dico io, in una sorta di evangelizzazione rispetto al contesto digitale. In questo ambito, di forte orientamento, ragazze e ragazzi nativi digitali potrebbero scoprire la bellezza e l’utilità sociale di essere non semplici utilizzatori degli strumenti digitali quanto piuttosto costruttori degli stessi. Il digitale, in somma sintesi, può trasformare i semplici utilizzatori e spettatori in attori dell’evoluzione tecnologica ormai sotto gli occhi di tutti, rendendo possibile essere artefici delle proprie vite.