Autonomia differenziata? No, grazie. Pacifico (Anief) spiega perché: le Regioni non sono in grado di garantire Lep omogenei

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Il nuovo Governo insiste sull’attuazione dell’autonomia differenziata: entro un anno la norma sarà legge e diventa a rischio almeno il 20% dei dipendenti del ministero dell’Istruzione.

A lasciarlo intendere è stato il ministro degli Affari regionali, Roberto Calderoli, durante l’audizione in Parlamento, soffermandosi anche sull’intenzione di spostare le competenze di alcuni Ministeri, a partire da quello dell’Istruzione e del Merito “Attualmente – scrive oggi la stampa specialistica – il dicastero di Viale Trastevere ha una dotazione organica di 5mila addetti che gestiscono, tra le altre cose, il personale scolastico. Se le competenze dovessero passare alla Lombardia e al Veneto, il Ministero, in teoria, dovrebbe rinunciare ai suoi dipendenti (circa il 20%)”. E sarebbe solo l’inizio, perché anche altre Regioni potrebbero fare lo stesso.

Anief conferma la sua totale opposizione all’autonomia differenziata: “Allo stato attuale del Paese e il progressivo depauperamento di risorse umane e finanziarie al Sud – che si è consumato a partire dall’Unità d’Italia e che oggi è ancora più evidente -, l’autonomia differenziata non può partire perché le Regioni non sono in grado di garantire Lep omogenei e meno che mai nell’Istruzione, unico strumento rimasto in mano allo Stato italiano per realizzare il principio di uguaglianza sostanziale alla base della nostra Costituzione. Abbiamo in Italia già la scuola dell’autonomia, non abbiamo bisogno dell’autonomia differenziata regionale nella scuola”.

 

IL DISEGNO DI LEGGE

Esaminando il disegno di legge di riforma sulla regionalizzazione, di stampo leghista, sempre la stampa specialistica osserva che dalla bozza pubblicata da alcune settimane risulta che “alcune materie, tra cui l’Istruzione (non quella professionale), servirà la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Allo stato attuale ogni regione potrà chiedere che nella propria intesa le venga riconosciuta una più forte autonomia in materia (salvo le prerogative che sono in capo alle singole scuole). Sono quattro le materie coinvolte: la scuola, la sanità, l’ambiente e le politiche del lavoro, materie sulle quali verrà aperta la trattativa. Alle Regioni virtuose sarà consentito di ottenere un aumento delle somme destinate alle prestazioni”. Ciò significa che “con la proposta di regionalizzazione, dunque, si rischia un vero e proprio processo separatista per la scuola: programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e meccanismo di finanziamento differenziati. Migliaia di docenti transiterebbero, secondo quanto segnala il quotidiano, nei ruoli della Regione con effetti sulla contrattazione nazionale e possibili differenziazioni salariali territoriali”. In particolare, “ciò su cui l’autonomia potrà incidere è l’organizzazione” e “i livelli essenziali di prestazione saranno fissati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge”.

 

IL NO DEL SINDACATO

Anief è da sempre contrario a progetti legislativi secessionisti: “Non vi sono le condizioni per pensare che sia possibile assegnare stipendi maggiorati per i lavoratori della scuola di alcune Regioni rispetto che ad altre – dice Marcello Pacifico -, perché sono tutti i compensi di chi lavora a scuola abbondantemente al di sotto dell’inflazione per pensare a differenziazioni. Rimaniamo convinti che la regionalizzazione della scuola, come della sanità e di altre funzioni, sia una scelta inapplicabile nello Stato italiano. Pertanto, se il Governo dovesse approvare la regionalizzazione della scuola, noi dal giorno dopo ci faremo promotori perché si avvii un referendum abrogativo: siamo pronti a scomodare la Corte Costituzionale, immediatamente dopo l’eventuale approvazione dell’autonomia differenziata applicata alla scuola. Siamo iinvece d’accordo per l’assegnazione di quelle indennità mai riconosciute: per chi opera in sedi lontane da casa o in territori disagiati, come pure di rischio e altre ancora. Ma non inventiamoci buste paga differenziate. Come pure non accetteremmo eventuali vincoli sulle assunzioni ed in generale della mobilità. Come non vogliamo nemmeno sentire parlare di un reclutamento territoriale: i lavoratori della scuola vincitori di concorso – conclude il presidente Anief – devono avere la possibilità di spostarsi dove vi sono posti vacanti”.

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