Autonomia differenziata, le opposizioni compatte sul referendum abrogativo: “Basta divisioni, così si spacca l’Italia”

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La nottata di bagarre parlamentare si è conclusa con l’approvazione definitiva dell’autonomia differenziata, la riforma fortemente voluta dalla Lega e spacca-Italia secondo le opposizioni.

Una vittoria per la maggioranza che si appresta però ad affrontare un nuovo fronte di battaglia extra-parlamentare, con le principali forze di minoranza ormai compatte nel dare il via alla raccolta firme per un referendum abrogativo.

A guidare la carica è il Partito Democratico, con il segretario Elly Schlein, che non ha usato giri di parole per attaccare la premier Meloni, rea secondo la segretaria di essersi “piegata ai ricatti della Lega” approvando una misura che “spacca il Paese in due”. Un “brandello d’Italia” secondo Schlein, che accusa Giorgia Meloni di aver tradito le sue stesse parole di non volersi far “ricattare”.

Sulla stessa linea il M5S e Giuseppe Conte, che torna a muovere le critiche già sollevate quando era presidente del Consiglio, denunciando come la destra governi “col favore delle tenebre” per “spaccere l’Italia”. Accuse di “divisione” degli italiani in “serie A, B, C” che trovano d’accordo anche le forze di opposizione minori come Più Europa, Verdi e Sinistra Italiana.

Un fronte ampio e determinato, con alcune formazioni politiche subito pronte a “mettersi subito al lavoro” per l’ipotesi referendaria, esortando anche il governo a rendere finalmente accessibile la piattaforma per la raccolta firme digitali prevista dalla legge.

Ma a spingere per il referendum non sono solo le forze che avevano aderito alla piazza unitaria di due giorni fa. Alla battaglia si sono unite anche le opposizioni che avevano scelto di disertare la manifestazione, come Italia Viva e Azione. “Raccoglieremo le firme contro questa riforma che non serve al Nord e fa male al Sud” ha annunciato Matteo Renzi, mentre Carlo Calenda pur confermando l’adesione alla battaglia referendaria ha avvertito di considerare il quorum necessario per la validità.

Anche la scuola promette battaglia con i sindacati pronti, in alcuni casi, a impugnare gli atti per diversi profili di incostituzionalità. Nella definizione dei Livelli essenziali di prestazioni, cioè gli standard minimi dei servizi che devono essere garantiti in tutte le Regioni, il provvedimento include anche “norme generali sull’istruzione”. Con il riconoscimento della potestà legislativa esclusiva aumenta il rischio di arrivare a 20 sistemi scolastici differenti. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, però, da Bari, tranquillizza invitando i cittadini a non cadere nella “propaganda” di chi “racconta balle colossali” su questo punto.

Insomma, la “guerra” dell’autonomia si sposta fuori dal Parlamento, con un’opposizione che sembra aver ritrovato un’inedita compattezza attorno all’obiettivo di fermare una riforma vista come un tentativo di “spaccatura” del Paese, secondo un linguaggio ricorrente nelle dichiarazioni di sfida alla premier Meloni. La battaglia del referendum è appena iniziata.

Autonomia differenziata, cosa prevede e cosa può cambiare (anche per la scuola) con la nuova legge

Cosa prevede il testo

Il Disegno di legge n. 615 è composto da dieci articoli e rappresenta uno strumento per l’attuazione dell’autonomia differenziata. Esiste un ampio dibattito accademico sull’autonomia differenziata, in particolare sulla sua implementazione in equilibrio con i principi di unità e uguaglianza. Gli studiosi sottolineano l’importanza di un approccio “solidaristico” o “cooperativo”, assicurando che ogni forma di differenziazione non minacci l’unità sociale ed economica della Repubblica.

Le Regioni potranno chiedere di assumere competenze esclusive su una o tutte le 23 materie previste, tra cui salute, istruzione, ambiente, sport, energia, trasporti, cultura e commercio estero. Per 14 di queste materie, però, dovranno essere rispettati i Livelli essenziali di prestazione (Lep), ovvero standard minimi di servizi garantiti su tutto il territorio nazionale.

Su richiesta di Fratelli d’Italia, è stato modificato l’articolo 4 prevedendo che il trasferimento delle materie alle Regioni avverrà solo dopo la determinazione dei Lep, anche nelle Regioni che non hanno richiesto l’autonomia, e sulla base delle risorse disponibili.

Per determinare i livelli e i costi dei Lep saranno necessari uno o più decreti legislativi, per cui il governo ha 24 mesi di tempo. Stato e Regioni avranno poi 5 mesi per raggiungere gli accordi, che potranno durare fino a 10 anni e essere rinnovati o disdetti con 12 mesi di preavviso.

TESTO

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