Autonomia differenziata, la scuola rischia di fare la fine della sanità. Anief chiede di stralciare l’Istruzione dal testo in via di approvazione in Parlamento

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La scontata approvazione dell’autonomia differenziato al Senato, iper-promossa dal ministro leghista Roberto Calderoli, merita attenzioni anche in ambito sindacale.

È infatti preoccupante la maggiore autonomia che verrà concessa alle Regioni senza però avere alcuna garanzia di riequilibrio per i servizi essenziali, come pure la scomparsa, nel testo approvato a Palazzo Madama, degli investimenti finalizzati a restringere il divario Nord-Sud.

“La verità – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che senza la garanzia di LEP omogenei e armonizzati tra le regioni, questa legge nei fatti non potrà mai attuarsi. Anief rispetto alle fughe in avanti di alcune regioni ha a questo proposito ribadito la richiesta di stralcio nel testo di tutto il ‘pacchetto’ che riguarda l’Istruzione: la scuola pubblica non può fare la fine della sanità. È tutto dire, inoltre, che anche il primo partito di maggioranza relativa, Fratelli d’Italia, abbia presentato delle richieste di modifica al disegno di legge tese a garantire la parità di risorse per il raggiungimento comune dei livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, pena la realizzazione della riforma”, conclude Pacifico.

Il sindacato Anief ricorda che senza gli accorgimenti indicati non potrà che acuirsi il gap di competenze territoriali bene evidenziato qualche mese fa dallo Svimez con lo studio “Un paese due scuole”. Inoltre, il modello di scuola regionalizzata è stato criticato anche dall’Ufficio parlamentare di Bilancio: i limiti, che “potrebbero essere significativi”, fanno seguito a quelli elencati ancora prima dalla Banca d’Italia, e riguardano vari aspetti tra cui la qualità dei servizi offerti ai cittadini. A rischio vi sarebbe “la diffusione di classi a tempo pieno nella scuola: i dati attuali evidenziano una fortissima differenziazione tra le varie Regioni, con quelle del Mezzogiorno che risultano in generale penalizzate”. Infine, sempre per l’Ufficio parlamentare di Bilancio, “il progetto potrebbe creare ostacoli alla mobilità dei lavoratori e al riconoscimento delle loro competenze specifiche”.

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