Regionalizzazione scuola: ci saranno salari diversi tra una regione e un’altra? Risorse saranno gestite dagli enti locali. BOZZA [PDF]

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Un incontro “positivo, è un percorso che dobbiamo fare insieme. Sostanzialmente nessuno si è dichiarato contrario all’autonomia differenziata” ma c’è stata la richiesta di porre “principi per cui non ci siano parti che possano essere danneggiate rispetto ad altre. Cosa assolutamente condivisa dal sottoscritto”.

Lo ha detto il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli lasciando la Conferenza delle Regioni dopo l’incontro sull’autonomia differenziata.

Riguardo alle materie oggetto delle intese “sono in Costituzione e io non posso toccare quello che è scritto in Costituzione”, ha osservato Calderoli aggiungendo che invece riguardo al tema dei residui fiscali “non c’è traccia né nel testo né nella mia testa”.

“Per me incostituzionale è non applicare la Costituzione come è stato fino ad oggi visto che una riforma del 2001 non ha ancora trovato attuazione”.

“Le critiche vorrei che fossero rivolte a un testo quando un testo ci sarà e non su appunti di lavoro”, ha continuato. Secondo Calderoli “non c’è una spaccatura tra Nord e Sud ma una paura del Sud che qualcuno se ne avvantaggi a svantaggio suo. Io mi auguro che tutti possano trarre un vantaggio da questa riforma“, ha concluso.

Fedriga: “Si può chiudere già nel 2023”

“Quando si può concludere il percorso dell’autonomia? Realmente la norma potrebbe esser approvata entro il 2023. Dopo l’incontro di oggi sono ottimista, c’è stato clima di grande collaborazione”. Lo dice a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora, il presidente del FVG e della Conferenza delle Regioni Massimiliano Fedriga, esponente della Lega. Stamattina “Calderoli si è presentato con una bozza di lavoro aperta, tutte le regioni sono al lavoro per fare le proprie proposte. Non mi è parso che qualcuno non volesse l’autonomia o i Lep, che ci devono essere. L’autonomia deve servire perché le risorse migliorino i servizi ai cittadini – ha spiegato – l’obiettivo finale è la risposta che si dà ai cittadini”.

Per alcune materie, tra cui l’Istruzione (non quella professionale), servirà la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni. Allo stato attuale ogni regione potrà chiedere che nella propria intesa le venga riconosciuta una più forte autonomia in materia (salvo le prerogative che sono in capo alle singole scuole).

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Quattro settori coinvolti

Sono quattro le materie coinvolte: la scuola, la sanità, l’ambiente e le politiche del lavoro, materie sulle quali verrà aperta la trattativa. Alle Regioni virtuose sarà consentito di ottenere un aumento delle somme destinate alle prestazione. Si ipotizza di prevedere un monitoraggio ogni tre anni. Non verrà erogato un solo euro in più: tanto lo Stato spende, tanto lo Stato darà.

La bozza del disegno di legge “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” risulta completa, in questa nuova formulazione, con alcune modifiche rispetto alla bozza elaborata dal ministro Maria Stella Gelmini nell’aprile 2022.

All’articolo 3 si parla anche di scuola. I livelli essenziali di prestazione sono applicati, infatti, anche in questo settore. Ad esempio, entro il 2027, ogni Comune dovrà mettere a disposizione il 33% dei posti negli asili nido per i bambini di fascia 0-3 anni e fissare i numeri di alunni e docenti per ogni scuola e classe.

Si legge: “Nelle materie di cui all’articolo 117, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, (…) il trasferimento delle competenze legislative o delle funzioni amministrative e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”

Con la proposta di regionalizzazione, dunque, si rischia un vero e proprio processo separatista per la scuola: programmi diversi a livello regionale, sistemi di reclutamento territoriale e meccanismo di finanziamento differenziati. Migliaia di docenti transiterebbero, secondo quanto segnala il quotidiano, nei ruoli della Regione con effetti sulla contrattazione nazionale e possibili differenziazioni salariali territoriali.

La proposta di legge, si specifica, non significa che una Regione potrà modificare il programma didattico o svolgere attività di insegnamento, che rimane riservata allo Stato. Ciò su cui l’autonomia potrà incidere è l’organizzazione. L’obiettivo a cui mirano le Regioni è iniziare un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno. Non è in discussione l’autonomia delle scuole nel fissare i programmi, né i concorsi per le assunzioni. I livelli essenziali di prestazione saranno fissati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Prima del trasferimento di competenze lo Stato dovrà approvare i livelli essenziali delle prestazioni, entro un anno secondo la bozza

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