“Autolesione” dell’alunno: il docente può essere accusato di mancata sorveglianza? Sentenza

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Il dovere di vigilanza, imposto dalla legge all’insegnante, deve essere commisurato all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. Affinché l’istituto scolastico possa essere ritenuto responsabile, occorre che l’allievo sia stato affidato all’insegnante, potendo quest’ultimo essere chiamato a rispondere dei soli fatti accaduti nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla sua vigilanza. Lo ha stabilito il Tribunale di Crotone (Sentenza 18 febbraio 2021, n. 173), condannando la compagnia di assicurazione di una scuola a risarcire una bimba, per un infortunio da “autolesione”, occorso quando questa frequentava la V primaria.

La caduta in classe

Una bambina, nel mentre si trovava presso l’Istituto Scolastico Comprensivo dove frequentava la classe V elementare, durante la lezione, si alzava dal banco per raggiungere il cestino dei rifiuti in fondo all’aula ed inciampava sul piede del compagno di banco che sporgeva dal banco stesso, cadendo a terra. A seguito della caduta la minore lamentava dolore al braccio sinistro tanto che gli stessi genitori, informati dell’accaduto, vedendo che il dolore persisteva, accompagnavano la figlia presso il Pronto Soccorso dove le diagnosticavano “frattura epifisi distale radio e frattura a legno verde ulna polso sinistro”. Chiedevano quindi il risarcimento dei danni all’Istituto Scolastico ed alla Compagnia di Assicurazione senza ottenere un positivo riscontro. Pertanto, i genitori si rivolgono al Tribunale, dove la domanda di risarcimento ha trovato accoglimento.

Il dovere di vigilanza dell’insegnante per il danno subito dall’allievo

Secondo il Tribunale, il dovere di vigilanza deve essere commisurato all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. Affinché l’istituto scolastico possa essere ritenuto responsabile, occorre che l’allievo sia stato affidato all’insegnante, potendo quest’ultimo essere chiamato a rispondere dei soli fatti accaduti nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla sua vigilanza. Ne consegue che colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante. L’art. 2048 c.c. prevede, infatti, una presunzione di responsabilità sull’insegnante per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, superabile soltanto con la prova, incombente sull’amministrazione scolastica, di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con la diligenza idonea ad impedire il fatto. Per potersi ritenere integrata la suddetta prova non è peraltro sufficiente la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, bensì occorre anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale.

L’autolesione

Nell’ipotesi di “autolesione” ovvero di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la giurisprudenza (Sezioni Unite, n. 9346/2002) ha qualificato la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante come contrattuale: chi agisce in giudizio deve provare che il danno si è verificato durante lo svolgimento del rapporto, mentre l’altra parte deve dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.

La condanna della compagnia

Nel caso di specie era pacifico che al momento del sinistro la bimba si trovava all’interno dell’istituto scolastico ove era regolarmente iscritta, e che il sinistro era avvenuto durante l’orario scolastico, mentre l’insegnante teneva la propria lezione. Al contrario il Ministero convenuto in giudizio non ha fornito la prova liberatoria richiesta dalla legge, attraverso la dimostrazione della sussistenza di una causa non imputabile, essendosi limitato ad allegare che, in considerazione della repentinità del gesto (lo sgambetto) dell’allievo che ha provocato la caduta, l’insegnante non sarebbe stata in grado di spiegare un adeguato intervento correttivo o repressivo. In base a tali risultanze il Tribunale ha ritenuto provata la responsabilità del Ministero, liquidando il danno in Euro 5.543,32, e condannando la compagnia di assicurazione a manlevare il Ministero convenuto in relazione a quanto da quest’ultimo dovuto, a titolo di risarcimento del danno, alla bimba.

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