Autismo, “Programma DAMA – Dyspraxic Adaptive Motor Autism” e consigli a famiglie, terapisti e insegnanti in una intervista al professore Piero Crispiani

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Tenere alta l’attenzione su alcune patologie che interessano numerosi alunni italiani, in un momento di “distanziamento sociale”, talvolta ingenera attese, spesso paure, in certi casi disapprovazione.

Ma è evidente che bisogna cercare, quando ci si approccia alla lettura, non quello che si vuole trovare o quello che è più aderente alle proprie aspettative, quanto piuttosto il tentativo, talvolta complesso, di riportare al centro dell’attenzione temi importanti che, talora, in momenti drammatici come questo, occupano spazi angusti e, in altri casi, vengono rilegati ai margini del processo formativo.

Purtroppo, internet non sempre fornisce soluzioni e, ancor di più, non permette di acquisire competenze, men che meno conoscenze e abilità. E i personali approcci ai fenomeni e ai problemi, anche se vissuti, in famiglia o a scuola, con intensità, non hanno validità scientifiche e, men che meno, valenza giuridica.

Scrive Filippo Nobile, dottore di ricerca all’Università degli studi di Palermo e docente di Scienze Umane in un Liceo friulano, nel suo volume “Autismo e relazioni d’aiuto” scrive “il mondo interiore degli uomini e delle donne affetti dal disturbo dello spettro autistico parla di bisogno di sicurezza, di protezione, ma anche di egocentrismo, di ferite affettive, di narcisismo e di bisogno continuo di ritornare su di sé. Parla di personalità inclini alla fantasia, ai timori immaginifici, in cui è danneggiato il rapporto con la realtà; la loro mente vaga in più direzioni e non riesce ad organizzarsi con il mondo che sta fuori. La loro prossimità è data dalla barriera eretta verso di noi, verso le richieste di contatto cosiddetto umano. Questo mondo di angoscia e solitudine è sotto i nostri occhi, in pagine e pagine di simboli disordinati ma grandi, grandissimi; questo mondo è nella scrittura e noi possiamo e dobbiamo saper leggere tra le righe. Equipaggiati con questa potente estensione di approcci, possiamo permetterci di essere ottimisti che importanti progressi saranno fatti, presto, nella comprensione di questo grande puzzle di condizioni, al fine di generare dati finalmente significativi nello studio del disturbo dello spettro autistico”.

Riflessione che la dice lunga sul mondo dell’autismo e sulle speranze si nutre sulla ricerca scientifica e sui tanti professionisti seri che operano nel mondo dei soggetti con sindrome autistica.

Per chiarire meglio il fenomeno abbiamo intervistato il professore Piero Crispiani, professore Ordinario di Didattica generale e Pedagogia speciale all’Università degli Studi di Macerata, direttore scientifico del Centro Internazionale Dislessia e Disprassia dell’Istituto Itard e presidente del COMIS (Cognitive Motor International Society), certamente un esperto di fama internazionale e autore, tra l’altro, di pubblicazioni scientifiche di pregio quali “Lavorare con l’autismo” edito da Junior a Bergamo; “Autismo: qualità o quantità, deficit o disordine? Il radar starato!”, in Bollettino ANGSA, n. 1-2/2005; “Disturbi funzionali nell’autismo”, in A. Fiorillo (a cura), “Disprassie e Spettro autistico”, Junior, Bergamo 2011; “Autismo e adattamento: l’organizzazione dello spazio e del tempo”, in Cottini L. (a cura), “La qualità degli interventi nel ciclo di vita”, F. Angeli, Milano 2009.

Professore Crispiani, il DSM 4 utilizzava un approccio categoriale all’autismo individuandolo come categoria diagnostica con caratteristiche cliniche definite. Successivamente alle “Linee guida 21” del ministero della Sanità su “Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti”, viene pubblicato il DSM 5 che propone, in maniera del tutto nuovo, un approccio dimensionale allo spettro autistico in continuum dimensionale. DMS 5 che, evidentemente supera le “Linee guida 21”, non più aggiornate, purtroppo. Quali le novità?

«Premetto che le novità maturate nell’ultimo decennio sono di ordine neurobiologico e neurogenetico, mentre poco si è visto sul fronte del Trattamento abilitativo e della Didattica.

Si riscontra una più netta collocazione nell’ambito delle disfunzioni neurobiologiche riconoscendo come effetti derivati quelli psichici e comportamentali. Unitamente alle emerse categorie di neurodiversità, disturbi del neurosviluppo, disturbi delle funzioni esecutive, disorganizzazione neurologica (categoria in realtà non nuova), ecc., il processo di complessificazione dell’analisi e dell’immagine che si ha di queste forme anomale, ha affermato uno spazio critico definito “Spettro Autistico”.

Il concetto di Spettro Autistico non rivela atteggiamenti rinunciatari, ma corrisponde ad alcune tendenze molto importanti, su cui fa bene riflettere.

Anzitutto dal DSM-IV al DSM.5 si è attivata una accesa discussione nel mondo sulle delimitazioni e le definizioni delle sindromi, in opposizione tra coloro che propendono a definizioni più analitiche (DSM-IV, ad es. i vari disturbi di personalità, tra loro separati), contro coloro che tendono a riaggregare in categorie più ampie e capienti (DSM.5).

Ciò comporta che esiste la tendenza a cogliere le prossimità tra sindromi/patologie diverse, es. tra autismo, X-Fragile, disorganizzazione pervasiva, Asperger, Rett, disturbi degenerativi dello sviluppo. Si tratta di definizioni nosografiche parziali, in costante evoluzione, ad occupare un luogo concettuale non ben distinguibile.

Alla stessa maniera, è ripresa la proliferazione di teorie a riguardo, che oggi si possono sintetizzare in alcune più riscontrate:

  • Teorie neurobiologiche generali.
  • Teorie metaboliche (che conoscono certo revival, in accordo anche con analisi di tipo neuro trasmissivo).
  • Teorie neurofisiologiche, orientate all’attività interemisferica, neuro-motoria, ecc.

Nel DSM.5 si è reso più pertinente il Quadro Sindromico, la triade Autistica (Comunicazione, Socialità e Interessi/immaginazione) è stata concentrata in due ambiti (comunicazione e interessi/immaginazione), i criteri ad altre aspetti sono aggiornati.

Ritengo tuttavia che l’innovazione più significativa sia stata quella concettuale generale che legge il fenomeno alla luce della complessità e della pluralità del suo manifestarsi, ovvero uno sguardo concettuale sensibile all’esperienza ed alla clinica che, su questo tema, appare giustamente in evoluzione ed apertura.

Va detto che in altri Paesi Europei si osserva la tendenza ad accomunare le diverse forme dei Disturbi del neuro sviluppo ed a prender atto della crescente presenza di casi meno gravi, se non lievi, o ad alto (direi “buon) funzionamento».

L’Italia ha una normativa non troppo adeguata sull’autismo in particolare. Pensa che la cornice normativa di cui si dispone, quella sui soggetti con disabilità, sia sufficiente? È questione di normativa? Non abbiamo una normativa troppo arretrata sull’autismo?

«Le Linee-guida, ormai datate, ed altre espressioni normative secondarie in Italia diventano leggi cogenti e, talvolta, intimidatorie (vedi DSA), mentre, proprio per la loro natura, dovrebbero essere più plastiche e pronte al confronto ed all’evoluzione delle esperienze e delle linee concettuali. Non devono essere espressione di Lobby o gruppi. La Legge 104 ed i decreti successivi alla Legge 107 ovviamente hanno carattere generale sul mondo della disabilità e sulla loro Inclusione prima ed Integrazione dopo. Non può esserci una normativa per ciascuna patologie o per ragionati raggruppamenti di sindromi.

Diverso è, però, il caso dell’Autismo o delle forme sindromi che associabili ad esso. L’Autismo è condizione umana dai caratteri diversi dalle altre patologie/sindromi, essendo connotato da natura funzionale, qualitativa, evolutiva, genetica non facilmente comparabile ad altre condizioni. L’autismo nasconde disturbi qualitativi severi, nella forma di: disordine, disorganizzazione, deregolazione, decontestualizzazione, ecc.. Il tutto è meglio indicabile – a mio parere – come “Disordine Evolutivo Severo”, prima che deficit, ritenendo che i deficit cui può dar luogo, sono piuttosto derivati, non primari.

Ci si chiede infatti se la debolezza intellettiva/ritardo mentale presente nell’autistico sia condizione congenita o acquisita per effetto dei forti disordini esecutivi ed organizzativi?

I tratti salienti del pensiero autistico, poiché il comportamento umano è sempre regolato, generato, coordinato, controllato, dal pensiero (non dai programmi di stimoli), attengono alla disorganizzazione sequenziale e spazio-temporale, quindi si manifesta come difficoltà nelle relazioni parte-tutto, presente-passato, analitico-globale, causa-effetto, nuovo-passato, caos-dettagli, ecc., come ben descritto dai “Teorici della mente” e dal belga Theo Peeters.

Il Trattamento Abilitativo, l’Organizzazione Scolastica, la Didattica, l’Educazione generale, la conduzione delle comunicazioni con la persona autistica, a tutte le età, credo debba fondarsi su tali consapevolezze, onde l’autistico non ha bisogno di un incremento di stimoli ma di una loro diversificazione.

Il gruppo non è il punto di partenza ma di arrivo, così come ogni situazione che introduca movimento spazio-temporale rapido, forme di sovrapposizione, di iperstimolazione, di sovraccarico in genere.

L’autistico, complessivamente, è lento e disorganizzato in forma severa, il che rende randomizzati o disorganizzati i processi cognitivi in generale. Un’immagine dotate di qualche significato, datomi 20 anni or sono da un genitore, è quella del “radar starato”.

C’è poi da osservare bene le risposte singolari, talvolta “audaci”, anche in senso semantico, cui l’autistico dà luogo, ma richiederebbe un po’ di tempo».

Oggi si ritiene che l’autismo sia una patologia nella quale è presente una base “organica” di carattere genetico e dunque già presente alla nascita. Pertanto, ogni individuo affetto tenderà a sviluppare la sintomatologia autistica tipica indipendentemente dall’ambiente di provenienza o dalla modalità educative. Lei è fautore del Programma DAMA. In che cosa consiste l’intervento?

«Il Programma DAMA (Dyspaxic Adaptive Motor Autism) interessa ogni forma di lavoro e correlazione con l’autismo, con consapevole riferimento alle condizioni di Disprassia e Disadattamento. La Sindrome viene “aiutata”, nelle logiche della “Relazione di Aiuto”, in modi elevatamente clinici (individuali, sensibili alla diversità ed evolutività) a partire da forme di neuro attivazione. Si compone di valutazione Funzionale ecologica (globale e dei contesti di vita), di assessment continuo, di pratiche di accelerazione dell’incipit, di neuroattivazione costante, di congiunzione del pensiero e del motorio, di consapevole analisi delle “soglie” di competenze e di successivo lavoro nelle “zone di emergenza”, di organizzazione del lavoro prevenendo le crisi, di analisi delle risposte comportamentali, di spinta in avanti delle risposte incongrue, audaci, de contestuali, ecc.».

In Italia e nel mondo sono parecchi gli approcci riabilitativi. In cosa consiste la differenza tra i tanti e, principalmente, la libertà del terapeuta fino a dove può spingersi?

«L’attività del Terapista deve essere orientata dalle proprie convinzioni teoriche in costante comparazione con le diversità che connotano ogni caso: il soggetto, l’educatore e la situazione. Ciò che si rende indispensabile può darsi a diade:

a. dedizione professionale;

b. competenze scientifiche (conoscenze) e professionali (atteggiamento di analisi critica).

Per tali motivi, ritengo sia stato un grave errore aver riunito in una le tre specializzazioni dei docenti di sostegno, il che ha generato la de specializzazione, fenomeno in netta controtendenza alla specializzazione professionale, quale si persegue in tutti i contesti lavorativi.

È mia opinione che andrebbero specializzati i docenti di sostegno in almeno 4 categorie: Vista, Udito, Psicofisici, Disordini dello sviluppo, considerando l’autismo in quest’ultima classe. Conveniamo, infatti, con Peeters: “Il bambino autistico, è un bambino specialmente speciale”».

La DaD e la chiusura delle scuole in qualche modo hanno isolato, un po’, i soggetti con autismo. Il ministero parla di “isolamento da Coronavirus”. A fronte delle preoccupazioni delle famiglie e delle reali necessità di questi bambini e ragazzi, non sarebbe opportuno realizzare una serie di misure, per assicurare il supporto all’utente e alla sua famiglia, attraverso modalità telematiche di monitoraggio e counseling, gestendo dunque il paziente a distanza e condividendo materiali di lavoro?

«Sono al corrente delle molte lamentele dei genitori di alunni autistici, dal momento che la forma a distanza, nelle sue ovvie criticità e difficoltà (ma odierna necessità), diventa poco accessibile in tali casi. Una serie di avvertenze – proprio alla particolare diversità dell’autismo, ovvero della sua “speciale specialità” – sono indicabili e costruibili in termini di competenze preparatorie. Va tuttavia detto che, in questo caso emergenziale, occorre dare linee di condotta ai genitori, riservare ad essi linee-guida e contributi. In proposito, su YouTube, abbiamo posto un nostro video al canale “Istituto Itard”, come “La gestione di Bambini/Ragazzi al tempo del virus”».

Cosa consiglia ai docenti di sostegno? Cosa possono fare in questo momento particolare?

«Dialogare con i genitori sia per chiedere loro “come fanno a…..” sia per dare loro le “soglie”, cioè per ogni attività o disciplina, le soglie di competenza, le capacità presenti, su cui attivare percorsi, evitando il lavoro “a vuoto”. Sono lavori “a vuoto” quelli ripetitivi o su competenze troppo facili, come quelli su competenze non raggiungibili al momento.

In ogni caso: Io non mi arrendo

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