Aumento stipendi, organici docenti e ATA, nuovo concorso docenti. A tu per tu con Marcello Pacifico (Anief)

Stipendi, personale, nuovi concorsi. Un panorama frastagliato, quello della scuola, che merita attenzione da parte della politica e un utilizzo sapiente delle risorse. Il nostro giornalista Andrea Carlino incontra il Presidente Anief Marcello Pacifico per una conversazione sui temi più caldi del periodo prenatalizio.
Il Ministero ha comunicato ulteriori risorse per i docenti di sostegno: 256 unità aggiuntive, portando l’organico a 1866 unità. Inizialmente si parlava di 5000 posti, ma il Ministro Valditara ha dichiarato che questa riduzione è dovuta alla scarsità di risorse, in particolare a causa del bonus 110. Cosa ne pensa?
Noi, come Anief, abbiamo presentato una denuncia nel 2021 al Comitato Europeo dei Diritti Sociali per la violazione della Carta Sociale Europea, relativamente al diritto allo studio degli studenti con disabilità. L’istruttoria si è chiusa e aspettiamo la pronuncia del Comitato. Come è successo in passato per la questione del precariato, ci auguriamo che questa denuncia venga recepita come raccomandazione dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.
Il problema di fondo è che abbiamo oltre 110.000 posti in deroga sul sostegno, molti dei quali vengono rinnovati per anni alle scuole. Questo rappresenta più del 50% dell’organico. È chiaro che con 1866 posti aggiuntivi non si risolve nulla. Anche se il Ministro inizialmente puntava a 5000 posti, l’obiettivo finale sarà di circa 2000 posti in due anni. Ma, ripeto, nemmeno 5000 posti avrebbero fatto la differenza. La continuità didattica non si ottiene con chiamate dirette o con il favore delle famiglie e dei dirigenti scolastici: si risolve solo con la stabilizzazione dei ruoli.
Se l’Europa dovesse darci ragione, l’Italia dovrà trovare i fondi, indipendentemente dal bonus 110 o da altre questioni. L’Europa non può essere ignorata, e sarà necessario intervenire con una prossima manovra.
Gli idonei del concorso chiedono spiegazioni, considerando che il PNRR2 è sostanzialmente una riproposizione del PNRR1 e che il PNRR3 sarà uguale ai primi due. Si tratta di tre concorsi fotocopia, ma il precariato resta irrisolto. Qual è la posizione in merito?
Questa situazione l’abbiamo già vissuta. Nel concorso Profumo del 2012, non erano previsti idonei; abbiamo fatto ricorso al TAR e abbiamo vinto. Nel concorso Renzi del 2016, la situazione era simile: inizialmente non erano previsti idonei, ma alla fine il governo ha cambiato idea. Anche nel concorso del 2020 c’era una piccola percentuale prevista per gli idonei; noi abbiamo lottato per ottenere di più e ce l’abbiamo fatta.
Porteremo a casa anche gli idonei del 2023. Il problema, però, è più ampio. Il precedente governo ha deciso di affrontare il PNRR con una soluzione inefficace: bandire concorsi a raffica, uno dopo l’altro, che non risolvono la questione del precariato. Lo avevamo detto chiaramente: non funzionerà, e non ha funzionato nemmeno con la “Buona Scuola” del 2015, che prevedeva tre concorsi (straordinario, riservato e ordinario). Il risultato è stato un aumento del precariato del 200%.
Ci servono 200.000 assunzioni tra docenti e personale di sostegno, non 70.000. Il PNRR, così com’è stato contrattato, è inadeguato. Ora dobbiamo aspettare febbraio per un nuovo confronto con il governo sulla revisione degli obiettivi del PNRR. Intanto continuiamo a lavorare con i tribunali e a dialogare con la Commissione Europea per difendere gli idonei e portare avanti questa battaglia.
Non ci sono novità sull’organico aggiuntivo ATA. Un emendamento inserito nel decreto fiscale è stato ritirato e poi rimodulato nella legge di bilancio, ma sembra non esserci nulla di concreto. Cosa possiamo dire in merito?
Non è una questione di fondi, ma di volontà politica. La legge di bilancio prevedeva 5000 tagli per i docenti e 2000 per il personale ATA. Tuttavia, sembra che il taglio per il personale ATA verrà rinviato o annullato, almeno per il prossimo anno.
Da una parte si chiede di tagliare posti, dall’altra si chiede un organico aggiuntivo. Il problema sembra derivare da una resistenza interna al governo, probabilmente dal MEF, che ha preteso il rispetto dei tagli. La nostra posizione è chiara: l’organico PNRR non è paragonabile all’organico COVID. Se il PNRR esiste, e se le persone sono state assunte grazie a questi fondi, queste devono rimanere in servizio.
Il problema è che la legge di bilancio non ha accolto l’emendamento necessario, probabilmente per le resistenze di altri ministeri. Ora dovremo attendere l’approvazione della legge di bilancio per certificare i fondi. Nel primo decreto utile che parlerà di PNRR, bisognerà reinsistere affinché l’emendamento venga ripresentato e approvato. È una norma di buon senso: l’organico aggiuntivo è necessario, altrimenti si rischia di compromettere i progetti del PNRR e di perdere miliardi di euro. Bisogna essere chiari su questo punto.
Un concorso fotocopia e la mancanza di stabilizzazione spingono molti precari a cambiare lavoro. È comprensibile?
Sì, comprendo questa posizione. Il problema è che per anni non sono stati banditi concorsi regolari. Oggi, invece, ci troviamo con concorsi ravvicinati, a volte anche sovrapposti, e questo può scoraggiare chi non ha ancora terminato le prove del concorso precedente.
Non bisogna dimenticare, però, che partecipare a un concorso rappresenta sempre un’opportunità. Anche se non si supera, è un’esperienza utile per migliorarsi nelle selezioni successive. Chi ha studiato e si è preparato con serietà può ripetersi e ottenere risultati migliori. Questo succede anche in altri ambiti della pubblica amministrazione.
Quello che serve è un sistema di reclutamento regolare e prevedibile. Come avviene per i corsi di laurea, dove ogni anno ci sono selezioni e spesso anche numeri chiusi, bisogna garantire procedure concorsuali costanti. Chi è preparato, prima o poi, riuscirà a stabilizzarsi. Lo so che può sembrare faticoso e frustrante, ma chi si impegna davvero, alla fine, riesce a raggiungere l’obiettivo.
Presidente, parliamo degli stipendi. Anief ha recentemente sollevato la questione della tredicesima, che quest’anno sembra essere tornata alla normalità rispetto allo scorso anno. Però ci sono ancora arretrati e risorse che mancano, in particolare per il contratto 2022-2024, che non è ancora iniziato. Valditara aveva promesso di chiudere entro l’anno, ma siamo già a dicembre. Cosa sta succedendo?
Mi viene quasi da ridere, perché sai, negli ultimi mesi, facendo assemblee con i colleghi, ho imparato non solo a leggere e scrivere, ma anche a fare i conti. La legge dice chiaramente che, in assenza di un contratto firmato, ogni mese dobbiamo ricevere il 50% dell’inflazione sotto forma di indennità di vacanza contrattuale. Allora, insieme ai colleghi, abbiamo controllato i cedolini stipendiali: nel 2022, nel 2023 e nel 2024, l’indennità è sempre uguale, circa 10-13 euro. Questo corrisponde allo 0,5% dello stipendio base.
Ora, le cose sono due: o l’inflazione negli ultimi tre anni è rimasta ferma all’1%, oppure qualcuno non sa leggere i numeri, e di sicuro non sono io. Dal sito del MEF sappiamo che l’inflazione è stata dell’8,1% nel 2022, del 5,6% nel 2023, e si prevede un 1,9% per il 2024. Sommando questi dati, arriviamo al 16,4%. Il 50% di questa cifra è l’8%, non lo 0,5% che ci viene dato. Quindi, invece di ricevere 10 euro al mese, dovremmo riceverne 80, con arretrati di circa 3000 euro.
Se qualcuno ha scritto una lettera al MEF dicendo di voler interrompere la prescrizione e chiedere ciò che gli spetta, sono sicuro che otterrà risposta. Questo è anche il motivo per cui lo scorso dicembre è stato emesso un decreto anticipi, una sorta di contentino, che ha erogato solo il 3,35%, molto lontano dall’8% che ci è dovuto.
E quindi, cosa prevede il nuovo contratto?
Il contratto prevede aumenti del 6%, ma al momento non è stato ancora certificato l’atto di indirizzo unico che riguarda sia il MIM che il MUR. Finché non sarà certificato, l’ARAN non può convocarci. Quando lo farà, ci diranno che gli aumenti saranno di 150 euro lordi al mese per il 2025, 70 euro netti per il 2024 e qualche spicciolo per il 2022-2023. Ma attenzione: l’indennità di vacanza contrattuale, cioè quei 3000 euro di arretrati, verrà assorbita una volta firmato il contratto.
Il governo ha già previsto risorse per il contratto 2025-2027 e per quello 2028-2030. Si parla di aumenti complessivi del 16% entro il 2030, ma senza tenere conto dell’inflazione dal 2025 al 2030, che stimano al 6%. È chiaro che, senza ulteriori risorse, i contratti saranno comunque a perdere.
Quindi quali sono le priorità?
Primo, recuperare il 2013, che può essere pagato grazie a una sentenza della Cassazione. Secondo, recuperare l’indennità di vacanza contrattuale per il 2022-2023-2024. Terzo, firmare il nuovo contratto con aumenti dignitosi. E infine, capire che questi stipendi non riguardano solo il presente, ma anche la nostra pensione.
Sai cosa mi ha colpito? Dai rapporti ARAN sugli stipendi ho visto che nel 2001 chi lavorava nella scuola guadagnava più di chi lavorava nei ministeri: 25.000 euro contro 24.000 euro lordi. Nel 2010 la situazione era identica, con 30.000 euro per la scuola e 29.000 euro per i ministeri. Oggi, invece, la situazione si è ribaltata: chi lavora nei ministeri prende 37.000 euro, mentre chi lavora nella scuola ne prende 31.000, ovvero 500 euro in meno al mese.
Se oggi avessimo quei 500 euro in più, la situazione sarebbe diversa. Questo problema non riguarda solo lo stipendio mensile, ma anche la pensione. Ecco perché abbiamo raccolto 75.000 firme per chiedere che i docenti possano andare in pensione a 59 anni, con la piena valorizzazione dei contributi, come avviene per le forze armate.
La legge di bilancio prevedeva di erogare la Carta del Docente anche ai supplenti con contratto al 31 agosto. È stato fatto?
Sì, è stato fatto. La legge, se non erro, è la 103 del 2023, e inizialmente prevedeva l’erogazione solo per un anno. La legge di bilancio ha stabilito che i supplenti al 31 agosto continueranno a riceverla anche negli anni futuri. Tuttavia, c’è un limite: non saranno più 500 euro, ma la cifra esatta verrà stabilita con un decreto congiunto del Ministro dell’Istruzione e del Ministro delle Finanze.
Questo non ci basta. Abbiamo già ottenuto 20.000 adesioni per i ricorsi sulla Carta del Docente, anche per i supplenti con contratto al 30 giugno. La Cassazione ha già detto chiaramente che i supplenti al 30 giugno hanno diritto alla Carta del Docente, e continueremo a batterci per loro.
Non è inutile avviare i corsi TFA per il sostegno, considerato che molte classi di concorso sono sature?
No, è tutt’altro che inutile. I numeri parlano chiaro: abbiamo 110.000 insegnanti di sostegno precari, di cui 80.000 non sono specializzati. È inaccettabile che gli alunni con disabilità non abbiano insegnanti adeguatamente preparati.
Lo Stato deve affrontare questa situazione in modo strutturale. Prima di tutto, deve trasformare i 110.000 posti in deroga in organico di diritto, così che i docenti possano essere assunti stabilmente nelle loro regioni. In secondo luogo, dobbiamo specializzare i docenti non qualificati, dando loro accesso ai corsi TFA. Terzo, dobbiamo garantire condizioni dignitose ai docenti che lavorano lontano da casa.
Sai che nei contratti dei metalmeccanici è prevista un’indennità di trasferta di 47 euro al giorno, più 23 euro per il pernottamento e 11 euro di buono pasto? Sono 100 euro al giorno. E nella scuola? Niente. Noi chiediamo che anche i docenti ricevano un’indennità adeguata, ma questa richiesta continua a cadere nel vuoto.
È un sistema perverso: ci sono insegnanti non specializzati che lavorano sul sostegno e insegnanti specializzati che non ottengono il ruolo. La soluzione è semplice: trasformare i posti in organico di diritto, dare la possibilità ai docenti di specializzarsi e valorizzare la loro esperienza. Ma dobbiamo smetterla di farci la guerra tra di noi. Il problema non sono i 10.000 specializzati all’estero o i 40.000 specializzati in Italia: il problema sono i 110.000 posti in deroga che non vengono stabilizzati.
La soluzione è quella di scappare da questa nazione.
Guardate, l’Italia ha una storia culturale straordinaria, siamo al centro della cultura mondiale. Pensate che, secondo una recente classifica del New York Times, tra le 50 città più desiderate al mondo in cui vivere, ben 15 sono italiane. Questo vuol dire che non facciamo poi così male. Il problema è che dobbiamo riscoprire il valore dell’educazione, che è ciò che ci ha reso internazionali e cittadini del mondo.
L’educazione, la giustizia, la cultura, lo studio: sono valori che non vanno barattati con interessi personali o con la dignità della persona umana. Come possiamo farlo? Riscoprendo il nostro valore come educatori. È difficile, lo so, ma se non lo facciamo noi, allora sì, il problema diventa reale. Non si tratta di scappare da questa nazione, ma di impegnarsi per non far scomparire l’umanità. Tra scegliere di abbandonare e salvare questo mondo, io preferisco sempre provare a salvarlo.
Un aggiornamento sulla mobilità, presidente? C’è ancora la questione dei vincoli e si attende la chiusura del contratto, ma sembra difficile che chiudano prima di Natale.
Abbiamo presentato degli emendamenti in legge di bilancio, ma sono stati dichiarati inammissibili. La volontà politica è stata chiaramente quella di non affrontare il tema. Il problema è sempre legato al PNRR: il governo precedente, in nome della continuità didattica, ha imposto dei blocchi, rispondendo alle richieste europee. Però c’è un paradosso: mentre il PNRR chiede la mobilità transfrontaliera, come un docente che va a insegnare da Palermo a Parigi, qui non è possibile spostarsi da Palermo a Milano.
Questa situazione è il risultato di un mancato confronto: ricordo che il ministro Bianchi ci illustrò il PNRR con appena dieci slide. Non c’è mai stata una vera discussione. Ora bisognerà aspettare febbraio per capire se il governo intende rinegoziare i parametri non solo sulla mobilità ma anche sul reclutamento. Però devo dire che sento poche voci politiche in merito alla mobilità, mentre sugli idonei la battaglia è chiara e viene portata avanti da molti.
Cosa si sta facendo a livello contrattuale per mitigare questa situazione?
Dal decreto Brunetta, cioè dal decreto legislativo 150 del 2009, sappiamo che il contratto non può andare in contrasto con la legge. Se la legge impone dei vincoli, il contratto non può eliminarli, può solo cercare di mitigarli. Questo è quello che stiamo facendo: abbiamo introdotto, ad esempio, la possibilità di assegnazione provvisoria per chi ha figli fino a 12 anni – un parametro stabilito dall’Europa – e per chi assiste familiari con la legge 104. Senza firmare il contratto, queste misure non si potevano applicare.
Inoltre, stiamo lavorando a una revisione completa del testo del contratto: parola per parola, punto per punto. È un lavoro lungo, perché erano tre anni che non si toccava nulla, e stavolta ci siamo anche noi. Tuttavia, i problemi di fondo restano: o il vincolo c’è, o non c’è.
E per quanto riguarda i neoassunti e i vincoli che derivano dal PNRR?
La situazione dei neoassunti è emblematica. Secondo il PNRR, questi insegnanti devono superare prove che sembrano più difficili delle dodici fatiche di Ercole. È assurdo che per diventare Presidente della Repubblica basti avere cinquant’anni, mentre per diventare insegnante si debbano superare mille ostacoli.
Questi vincoli, però, non riguardano solo i neoassunti, ma anche chi lavora a tempo determinato, che non ha gli stessi diritti del personale di ruolo, nemmeno per le assegnazioni provvisorie. C’è poi un problema enorme: l’età media di immissione in ruolo degli insegnanti è di 48 anni. A quell’età si hanno già figli adolescenti e famiglie consolidate, e imporre vincoli significa rompere questi equilibri.
Come si può risolvere tutto questo?
La soluzione c’è: basta prevedere un’indennità di sede o di trasferta, come accade in altri settori. I metalmeccanici, ad esempio, ricevono 100 euro al giorno per lavorare fuori sede: 47 euro per la trasferta, 23 euro per il pernottamento e 11 euro per il pasto. Noi chiediamo lo stesso. Se un insegnante viene messo nelle condizioni di vivere dignitosamente con il proprio stipendio, sarà libero di decidere se trasferirsi o meno, senza bisogno di vincoli.
Il lavoro deve essere pagato adeguatamente, perché non è gratis. Chi lavora ha diritto a una giusta retribuzione per quello che vale. Se lo Stato non riesce a garantire questo, il problema non è il singolo insegnante, ma un sistema che deve essere completamente rivisto.