Attacchi di panico a scuola, timidezza, fragilità degli alunni: consigli per i docenti. INTERVISTA a Gaetano Cotena

Attacchi di panico a scuola, un fenomeno in preoccupante aumento. Attacchi di panico e lessico emotivo. La fragilità e e la timidezza dei nostri alunni. Di tutto questo parlerà il professor Gaetano Cotena, psicoterapeuta, professore a contratto di Psicologia Clinica e Abilità relazionali presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Brescia e docente di Scienze Umane presso il Liceo G. Galilei di Ostiglia.
Cotena, che è anche autore del libro Insegnare senza farsi male (UTET, 2021), si occupa da molti anni di formazione relazione ed emotiva per i docenti di ogni ordine e grado di scuola. Giovedì 19 maggio, alle ore 15.15 presso la Sala Bronzo del Salone Internazionale del libro di Torino, lo psicoterapeuta parlerà degli attacchi di panico a scuola, della loro prevenzione e della necessità che il docente, soprattutto in questa fase di disagio emotivo crescente tra i giovani, rappresenti per il bambino e per l’adolescente un adulto stabile di riferimento, presenza fondamentale per la gestione dell’ansia e l’interiorizzazione di un dialogo interno rassicurante.
Professor Gaetano Cotena, sono in aumento gli attacchi di panico a scuola?
“C’è stato purtroppo un aumento degli attacchi di panico, delle ideazioni suicidarie e elle problematiche legate alla depressione”.
Perché questa diffusa e crescente depressione tra i più giovani?
“In questi due anni è mancata la relazione, il contatto, in un’età in cui l’identità non è ancora strutturata pienamente, come non è ancora strutturata la capacità di autorassicurarsi e di nominare la propria emotività”.
Quali sono i maggiori fattori di rischio?
“I fattori di rischio principali sono la difficoltà a condividere la propria emotività, un clima familiare svalutante e non pienamente sintonizzato con i bisogni emotivi del ragazzo o della ragazza e la diffcioltà a chiedere aiuto, oltre che una tendenza all’isolamento”.
I bambini della fascia 0-4 anni hanno visto, al nido e nelle scuole dell’infanzia, adulti che li toccavano con i guanti, non hanno ricevuto carezze…
“Tutto questo richiederà una grande attenzione negli anni a venire per andare a recuperare la spinta naturale del bambino ad amare, a toccare e ad esprimere il proprio bisogno e desiderio di contatto”.
Chi lo dovrà svolgere questo ruolo?
“La scuola, i genitori, gli adulti di riferimento in generale, che avranno la responsabilità di ripristinare la spontaneità del bambino che è stata bloccata o parzalmente bloccata in questi anni”.
Quali sono le cause degli attacchi di panico a scuola?
“Le cause degli attacchi di panico a scuola, non sono soltanto attribuibili alla fragilità degli studenti, come spesso si sottolinea. E’ necessaria una formazione su questi aspetti a tutto il personale docente, perché gli attacchi di panico possono manifestarsi a seguito della svalutazione da parte di un adulto significativo, che a volte è il docente, e dal sovraccarico di richieste, a fronte della percezione interna di non riuscire a soddisfarle. Riuscire a nominare la propria emotività, la propria ansia, le proprie fatiche, i propri timori, anche rispetto alla richiesta sempre più pressante di performance, è necessario per favorire il benessere emotivo a scuola. Ma questo è possibile solo in un clima di classe accogliente, rispettoso e non giudicante”.
Però non si può dire che gli attacchi di panico a scuola siano imputabili esclusivamente all’ambiente scolastico
“Certo, ma il docente può contribuire a non nuocere e a non favorire il manifestarsi degli attacchi di panico”.
Sarebbe bene ricorrere ai farmaci, opportunamente prescritti e somministrati da personale specializzato, di fronte agli attacchi di panico a scuola?
“Non è sempre necessario trattare l’attaco di panico con farmaci, ma si può trattare con la psicoterapia. In certi casi è collegato a certe fasi della vita e ad una non pienamente organizzata capacità di rassicurarsi di fronte alle eccessive richieste esterne o al giudizio dell’adulto significativo”.
Come si crea una buona cultura di gruppo in classe?
“Il ruolo del docente è fondamentale per la costruzione di una cultura di gruppo, cioè di quell’insieme di norme di comportamento non dettate dalle regole ma dall’esempio del docente. Queste regole, spesso implicite, non dichiarate, regolano il rispetto tra gli alunni, le modalità di interazione in classe connotano la differenza tra l’esprimere un disaccordo, il confrontarsi e la svalutazione del pensiero dell’altro. Solo assumendo sullo sfondo queste differenze e queste regole non scritte è possibile parlare di un clima di inclusione e accoglienza reciproca della diversità, anche solo di pensiero. Solo in questo clima è possibile per l’alunno esprimere le proprie riflessioni, fare domande e parlare della propria emotività senza rischiare esperienze, a volte traumatiche, di svalutazione, vergogna, imbarazzo, nelle quali l’alunno rischia di sentirsi da solo anche in compagnia di altre persone. Questa delicatezza, che caratterizza gli esseri umani nella espressione della propria emotività, è evidente soprattutto quando è presente in classe un alunno che non interviene, e che viene etichettato dalla famiglia e dalla scuola come timido”.
Maledetta timidezza: lo abbiamo sentito dire tante volte. Ma chi è l’alunno timido?
“Non esiste, per me, il timido. Esiste chi si è ritirato dalla relazione con l’altro, dove l’altro può essere l’adulto in generale, un docente o una classe. Conosce bambini di pochi mesi che sono timidi? Che fanno fatica a manifestare la propria rabbia, la propria tristezza, la propria gioia? Io no.
Dietro un alunno timido il docente deve vedere una persona che ha vissuto esperienze di svalutazione, a volte in classe a volte in famiglia, magari nei primi cicli di istruzione scolastica, esperienze di invasione, a casa o a scuola, esperienze di vergogna di fronte alla espressione di parti interiori ed emotive di sé. Anche gli adulti si ritirano dove sentono che esprimono qualcosa di loro, condividono i loro pensieri, le loro riflessioni e la propria emotività e sentono la derisione, la svalutazione o l’indifferenza. Ecco, dietro il timido ci sono tutti questi vissuti e il docente ha il dovere di non rinforzare quelle esperienze negative dell’alunno che hanno portato al ritiro. Non è importante conoscere che tipo di esperienze hanno causato il ritiro, è fondamentale che il docente non invada, si ponga come adulto stabile e comprensivo di riferimento, che aspetti fuori dal castello che l’alunno possa tornare pian piano a fidarsi e a raccontarsi”.
Come si può intervenire su un alunno timido?
“Quando in classe c’è un alunno timido non è detto che quella timidezza sia un tipo di relazione che si ha dovunque, il timido è colui che ha fatto un passo indietro rispetto all’esternazione di sé, dei propri pensieri e della propria emotività e delle parti autentiche di sé. Il timido è uno che sta custodendo per sé delle cose bellissime, ma è proprio lì che va offerto un ambiente accogliente e, se trova quello, il bambino o ragazzo timido riuscirà lentamente a fare il dono di parlare di sé, ma deve trovare un ambiente che gli lascia il tempo e la libertà per farlo gradualmente. Il silenzio dell’alunno non va clinicizzato. Con quell’alunno anzi bisogna fare attenzione a non invadere con la richiesta. Lui ha bisogno di tempo e di sentire che c’è un docente che non invade e che lo rispetta, che gradualmente lo aspetta, e che rinforza i piccoli doni che quel bambino o quell’adolescente fa ogni volta che dice qualcosa di sé: quella volta che alza la mano – anche per dire una cosa sbagliata – occorre sottolineare l’importanza di ciò che ha detto di positivo. E’ importante che sia intervenuto, al di là del contenuto. Perché se lui fa l’esperienza di alzare la mano, e trova invece un ambiente ostile o svalutante, lo abbiamo perso”.
Eppure tante volte, nel corso dei consigli di classe, i docenti si mostrano restii a premiare la condotta di un alunno riservato, con la giustificazione che l’alunno o l’alunna, pur bravi e volenterosi, non sono però espansivi come invece lo sono altri compagni e compagne di classe. E’ corretto fare così?
“La timidezza non deve influire negativamente nel voto della condotta perché quello del timido è uno dei modi di stare in una classe. E anche uno dei modi di stare in ascolto proteggendosi: dall’esporsi di fronte ai compagni, dal chiedere al docente, dall’esprimere i propri pensieri e la propria emotività”.
Quanto tempo è necessario perché un alunno timido inizi ad intervenire?
“A volte ci vogliono mesi, a volte anni. Per fare questo è necessario che la classe rappresenti un luogo dove non ci siano rischi di svalutazioni. E la strutturazione del clima del gruppo classe è responsabilità del docente, anzi, dei docenti in classe. Basta un solo docente, un suo sguardo o una sua svalutazione a far arretrare uno o più alunni dall’intervenire e dall’esprimersi. E’ anche per questo che ho voluto che ad introdurre e relazionare insieme a me durante il seminario al Salone del libro di Torino fosse la professoressa Federica Setti, dottoressa in Filosofia e docente di sostegno presso il Liceo G. Galilei di Ostiglia dove, nel corso delle mie ore di insegnamento di Scienze Umane, in particolare in una classe quinta, ha dato, con il suo modo di stare in classe, in un contatto presente e discreto con gli alunni, il suo prezioso contributo nella costruzione di un clima relazionale ed emotivo accogliente che favorisse un terreno adatto alla espressione emotiva ed umana degli studenti e delle studentesse. Perché ogni elemento del gruppo classe, docente o alunno, può favorire o scoraggiare l’espressione del sé”.
Come partecipare
Per questo evento e per la partecipazione al Salone Internazionale del Libro di Torino è previsto per i docenti l’esonero dal servizio, come da circolare ministeriale. La prenotazione all’evento non è necessaria, ma sono prenotabili alcuni posti al seguente link. La stessa tematica, relativa agli attacchi di panico, al benessere emotivo a scuola e alla necessità di nominare in classe il lessico emotivo, sarà affrontata a Firenze il 22 maggio, presso la Fiera Didacta Italia organizzata da Indire, l’Istituto nazionale documentazione innovazione e ricerca educativa. Introdurrà il seminario il professor Armando Trazzi, filosofo, che introdurrà il libro del professor Cotena, sulla base della lettura del volume e della sua esperienza in classe come docente di Filosofia presso l’Istituto G. Galilei di Ostiglia: un’ulteriore testimonianza concreta delle competenze emotive e relazionali di un docente. Considerate le numerose richieste di partecipazione pervenute per questo evento, è stata aggiunta una seconda edizione del seminario (sempre nella giornata di domenica 22 maggio, presso Palazzina Lorenese, sala S5)), per la quale è possibile prenotarsi al seguente link.
I partecipanti all’evento riceveranno un attestato di partecipazione al corso di formazione.
“Quando in classe c’è un alunno timido non è detto che quella timidezza sia un tipo di relazione che si ha dovunque, il timido è colui che ha fatto un passo indietro rispetto all’esternazione di sé, dei propri pensieri e della propria emotività e delle parti autentiche di sé. Il timido è uno che sta custodendo per sé delle cose bellissime, ma è proprio lì che va offerto un ambiente accogliente e, se trova quello, il bambino o ragazzo timido riuscirà lentamente a fare il dono di parlare di sé, ma deve trovare un ambiente che gli lascia il tempo e la libertà per farlo gradualmente. Il silenzio dell’alunno non va clinicizzato. Con quel bambino anzi bisogna fare attenzione a non invadere con la richiesta. Lui ha bisogno di tempo e di sentire che c’è un docente che non invade e che lo rispetta, che gradualmente lo aspetta, e che rinforza i piccoli doni che quel bambino fa ogni volta che dice qualcosa di sé: quella volta che alza la mano – anche per dire una cosa sbagliata – occorre sottolineare l’importanza di ciò che ha detto di positivo. E’ importante che sia intervenuto, al di là del contenuto. Perché se lui fa l’esperienza di alzare la mano, e trova invece un ambiente ostile o svalutante, lo abbiamo perso”.
Nel mese di maggio parteciperò a due eventi che coinvolgono il mondo della scuola: Il Salone del libro di Torino e la fiera Didacta, organizzata da INDIRE a Firenze.
In entrambi gli eventi, a partire dai contenuti del mio libro “Insegnare senza farsi male” affronterò due tematiche ricorrenti, attuali e ancora troppo poco trattate nel mondo della scuola.
Presso il Salone del libro di Torino (19 maggio) parlerò degli attacchi di panico a scuola, della loro prevenzione e della necessità che il docente, soprattutto in questa fase di disagio emotivo crescente, rappresenti per il bambino e per l’adolescente un adulto stabile di riferimento, presenza fondamentale soprattutto per la gestione dell’ansia e l’interiorizzazione di un dialogo interno rassicurante. Interverrà insieme a me nel corso dell’evento anche la Professoressa Federica Setti, docente di sostegno e dottoressa in Filosofia. Per questo evento è previsto per i docenti l’esonero dal Servizio, come da circolare Ministeriale.
Presso la Fiera Didacta di Firenze (22 maggio) invece mi occuperò del lessico emotivo, della necessità di nominare le emozioni a scuola e della possibilità di rendere la classe un luogo di intimità emotiva, nel quale ogni alunno possa esprimere e imparare a gestire la propria emotività in un ambiente accogliente e rispettoso del diritto di “sentire”. Interverrà come moderatore il Prof. Armando Trazzi, docente di filosofia. Per questo evento sarà rilasciato un attestato valido come corso di formazione.