Assenza causata da responsabilità del datore di lavoro, no al licenziamento per superamento periodo comporto

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Una interessante sentenza della Cassazione Civile, Sez. Lav., 04 marzo 2022, n. 7247 entra nel merito della questione dello scomputo delle assenze dovute ad infortunio o evento similare. Pur essendo un contenzioso avvenuto nel privato, quanto affermato dalla Cassazione interessa tutti i lavoratori, quindi anche il personale della scuola, affermandosi un concetto interessante su come debba essere considerata la malattia dovuta alle violazioni delle misure di sicurezza sul posto di lavoro, similmente per come accade per la malattia professionale o l’infortunio sul lavoro.

Il fatto

La Corte di appello ha rigettato il reclamo avverso la sentenza del Tribunale che aveva accertato l’illegittimità del licenziamento intimato per avvenuto superamento del periodo di comporto. La Corte di merito ha preso atto del fatto che il lavoratore si era assentato per cinquecentosei giorni ma che dalle assenze andavano scomputate quelle comunque riferibili ai tre infortuni sul lavoro sofferti tenuto conto anche del mancato mutamento delle mansioni, che pure era stato sollecitato dal lavoratore, evidenziando che aveva provato il nesso causale tra dette assenze ed in particolare l’ infortunio considerato oltre che l’avvenuta violazione da parte della datrice di lavoro dell’art. 2087 cod. civ.. Ha ritenuto del pari provato che le operazioni cui si era dovuto sottoporre il lavoratore erano anch’esse causalmente collegate all’infortunio citato.

Vanno scomputate dal computo le assenze dovute a malattia conseguente ad infortunio sul lavoro

La Corte di appello ha escluso dal computo utile ai fini dell’accertamento dell’avvenuto superamento del periodo di comporto tutte le assenze considerate avendo accertato in fatto che il lavoratore aveva provato l’esistenza di un nesso causale con una malattia da ricollegare ad una compiuta violazione degli obblighi di sicurezza da parte del datore di lavoro. La censura di parte reclamante invece si appunta sulla circostanza che detti periodi di malattia erano successivi alla certificazione di avvenuta guarigione dagli esiti dell’infortunio. Si tratta di ragionamenti che si muovono su piani diversi. La Cassazione afferma che la circostanza che sia stata attestata una guarigione dagli esiti temporanei di uno specifico infortunio non esclude che possano persistere delle conseguenze permanenti che, come nel caso in esame, rendano morbigeno l’ambiente di lavoro in relazione alle modalità di espletamento della prestazione.

Legittimo non considerare utile ai fini del comporto la malattia se dovuta a responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme sulla sicurezza

In questa prospettiva la Corte di appello si è attenuta a principi ripetutamente affermati dalla Corte (cfr. tra le altre Cass. 27/06/2017 n. 15972 e Cass. 28/03/2011 n. 7037) secondo cui “le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o a malattia professionale, in quanto riconducibili alla generale nozione di infortunio o malattia contenuta nell’art. 2110 cod.civ., sono normalmente computabili nel previsto periodo di conservazione del posto, mentre, affinchè l’assenza per malattia possa essere detratta dal periodo di comporto, non è sufficiente che la stessa abbia un’origine professionale, ossia meramente connessa alla prestazione lavorativa, ma è necessario che, in relazione ad essa ed alla sua genesi, sussista una responsabilità del datore di lavoro ex art. 2087 cod. civ.. ” In tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata. In sostanza è corretta la sentenza che ritiene che le assenze del lavoratore dovute a malattia connessa a specifici fattori di nocività insiti nelle modalità di esercizio delle mansioni e comunque presenti nell’ambiente di lavoro, e siano pertanto collegate allo svolgimento dell’attività lavorativa, anche quando il datore di lavoro sia responsabile di tale situazione nociva e dannosa, per essere egli inadempiente all’obbligazione contrattuale a lui facente carico ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., norma che gli impone di porre in essere le misure necessarie – secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica – per la tutela dell’integrità fisica e della personalità morale del lavoratore, atteso che in tali ipotesi l’impossibilità della prestazione lavorativa è imputabile al comportamento della stessa parte cui detta prestazione è destinata (cfr. Cass. n.7037/2011 cit.).

Nella scuola..

Nella scuola ricordiamo che la materia è regolata dall’art. 20 del CCNL 2007

Il quale afferma che in caso di assenza dovuta ad infortunio sul lavoro, non si computa ai fini del limite massimo del diritto alla conservazione del posto il periodo di malattia necessario affinchè il dipendente giunga a completa guarigione clinica. In tale periodo al dipendente spetta l’intera retribuzione di cui all’art. 17, comma 8, let. a). Fuori dei casi previsti nel comma precedente, se l’assenza è dovuta a malattia riconosciuta dipendente da causa di servizio, al lavoratore spetta l’intera retribuzione per tutto il periodo di conservazione del posto di cui all’art. 17, commi 1, 2 e 3. Le disposizioni di cui al presente articolo sono dirette alla generalità del personale della scuola e pertanto si applicano anche ai dipendenti con contratto a tempo determinato, nei limiti di durata della nomina, e anche a valere su eventuale ulteriore nomina conferita in costanza delle patologie di cui sopra.

Dei principi espressi della Cassazione, come precedentemente richiamati, se ne dovrà però tenere conto certamente anche in tale comparto.

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