“Assegniamo ai docenti curriculari ore di sostegno, non toglie posti agli specializzati e attuerebbe la progettualità inclusiva”. INTERVISTA ad Evelina Chiocca
“Si obietta che la cattedra mista potrebbe portar via dei posti di lavoro sul sostegno, ma questo non è vero. La verità è che ci sono insegnanti che non vogliono lavorare con gli alunni con certificazione: lo vediamo in classe, lo sentiamo nelle sale insegnanti, lo leggiamo sui social”. La professoressa Evelina Chiocca è molto dura con chi contesta la rivoluzionaria proposta di introduzione della cattedra mista che di fatto obbligherebbe finalmente tutti gli insegnanti a occuparsi degli alunni disabili presenti in classe.
Ai docenti curriculari, appositamente formati, verrebbero infatti attribuite dalla singola scuola delle ore di sostegno tra le 20 riconosciute all’alunno certificato. La proposta sta per diventare una proposta di legge e i promotori – alcuni docenti tra cui Evelina Chiocca – annunciano che nei prossimi giorni si terrà un evento decisivo a Roma. Chiocca prende posizione in questa intervista in merito all’articolo di Ernesto Galli Della Logga sulle presunte menzogne dell’inclusione, che ha creato sconcerto nella comunità scolastica.
“Il 25 gennaio 2024 – spiegano i promotori – è una data importante per l’inclusione scolastica delle persone con disabilità. Presso il Centro multimediale Esperienza Europa – David Sassoli verrà ufficialmente presentata la proposta di legge “Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado”. Frutto del lavoro di elaborazione di un gruppo di autorevoli esperti, la proposta lancia una sfida culturale e operativa per l’innovazione pedagogica dell’intero sistema scolastico italiano, rafforzando e rilanciando una visione davvero inclusiva per le nuove generazioni alle quali vanno garantite le massime opportunità educative e di sviluppo delle loro potenzialità.
La proposta raccoglie e rende strutturale l’esperienza della cattedra inclusiva che vede tutti i docenti impegnati in un incarico polivalente nel quale una parte delle ore di servizio siano impiegate in attività disciplinari e una parte nelle attività di sostegno, superando malintese deleghe e rendendo effettiva la corresponsabilità. È un percorso progressivo che comporta garanzie, formazione e previsione di luoghi di coordinamento, ma che può segnare davvero una differenza sostanziale.
Il primo passo è la condivisione dell’idea fondante e della sua formalizzazione: l’evento di presentazione del 25 gennaio a Roma ne è l’espressione. Vi parteciperanno gli autori della proposta (Evelina Chiocca, Paolo Fasce, Fernanda Fazio, Dario Ianes, Raffaele Iosa, Massimo Nutini, Nicola Striano) in una esposizione coordinata da Maurizio Molinari.
L’ingresso nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado di alunne e alunni con disabilità ha generato, in ormai mezzo secolo di storia, una crescita nella qualità della progettazione educativa e didattica a favore di tutti coloro che accedono al sistema dell’istruzione del nostro Paese. La loro presenza in un primo momento ha innescato un costruttivo dibattito accompagnato dal costante impegno di individuare “modi nuovi” per proporre insegnamenti e stimolare apprendimenti. Questa tensione ideale è oggi nuovamente alla ricerca di una direzione di senso oramai ineludibile a fronte di percepibili resistenze e di una cultura dell’esclusione e dell’abilismo difficili da estirpare.
“Cogliamo sempre più involuzioni – spiegano i promotori – che danno luogo a pratiche che tendono a riprodurre modalità didatticamente superate se non anche formalmente illegittime e che non giovano certo alle nuove generazioni, alimentando marginalità, conflitti, perdita di opportunità. Accanto ad esse, però, è possibile cogliere nuove e vivaci esperienze che confermano come la scuola inclusiva si dimostri ancora l’unica realtà davvero capace di assolvere al compito ultimo di valorizzare le differenze e le potenzialità di ciascuno”.
Ed è proprio questo impulso “che ci spinge ad andare oltre spiccando un ulteriore salto verso una qualità ancora più decisamente inclusiva. La visione e l’idea sono di consolidare e rendere strutturale quell’esperienza che ci piace definire cattedra inclusiva. Con essa si può attuare una nuova organizzazione che, nel tempo, veda tutti i docenti della scuola italiana impegnati in un incarico polivalente nel quale una parte delle ore di servizio siano impiegate in attività disciplinari e una parte nelle attività di sostegno, superando malintese deleghe e rendendo effettiva la corresponsabilità”.
I promotori sono consapevoli del fatto che per rendere operativo e concreto questo intento sia necessario un congruente intervento legislativo: “La scuola e i docenti inclusivi – spiegano – devono infatti essere sostenuti da una serie di garanzie che riguardano sia le dotazioni organiche sia un piano straordinario di formazione, fino all’attivazione di nuove strutture, che consentano di semplificare l’attuale sistema. Va introdotto il coordinamento pedagogico che deve essere previsto sia a livello di singola istituzione scolastica che a livello di ambito territoriale. Un’impostazione che valorizza l’autonomia organizzativa, didattica e curricolare delle singole istituzioni scolastiche nello sviluppo delle forme di flessibilità ritenute maggiormente idonee”.
È un provvedimento legislativo – e prima ancora culturale – con il quale la scuola viene riportata al centro delle politiche inclusive, affrontando finalmente quel vulnus, in modo che l’inclusione costituisca fattivamente, come ha scritto Andrea Canevaro “… un’occasione straordinariamente utile per accrescere il benessere di giovani che stanno maturando nell’apprendimento e per l’apprendimento, per aiutarli a realizzare il loro progetto di vita.”
La proposta di legge ”Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado” è stata redatta da un gruppo di esperti dell’inclusione scolastica ed le linee essenziali sono state anticipate durante il tradizionale Convegno Erickson, svoltosi a Rimini il 19 novembre 2023
La norma approvata produrrebbe una reale e piena attuazione della progettualità inclusiva anche attraverso una ridefinizione, in termini di corresponsabilità, come pure di professionalità, del personale docente, oltre a garantire la continuità educativo-didattica, questione frequentemente riproposta all’interno del dibattito generale.
La proposta investe l’intero sistema scolastico e si pone quale elemento di “rottura” rispetto a visioni standardizzate e stigmatizzanti, che non di rado allignano nei nostri contesti educativi: il cambiamento, infatti, non riguarda unicamente gli aspetti organizzativi, ma anche e soprattutto la dimensione culturale.
La proposta, nella sua attuazione, prevede una necessaria fase transitoria, indispensabile per pervenire a una forma organizzativa nel suo insieme completa e significativa. Si tratta della “cattedra mista” o “incarico misto” che verrebbe ridefinita “cattedra inclusiva”.
Il progetto di legge stabilisce poi che “a decorrere dal sesto anno scolastico successivo all’entrata in vigore della legge, nelle scuole di ogni ordine e grado tutti i docenti incaricati sui posti comuni effettuano una parte del loro orario con incarico su posto di sostegno, mentre tutti i docenti con incarico su posto di sostegno effettuano, anche nell’ambito dell’ampliamento dell’offerta formativa dell’istituto, una parte del loro orario su posto comune.”
Non tutti saranno da subito coinvolti e non si prospetterà un’applicazione vincolante per tutti: coloro che abbiano “l’età anagrafica di anni sessanta o che abbiano maturato un’anzianità di servizio superiore ai venticinque anni” potranno essere non coinvolti, a eccezione di coloro che, invece, chiederanno di poter partecipare attivamente alla nuova forma organizzativa.
La cattedra inclusiva non si limita agli aspetti organizzativi, ma prevede anche appositi percorsi formativi, mediante i quali i docenti acquisiranno le necessarie competenze per lavorare “con tutti gli alunni della classe”. Si profila un piano di formazione quinquennale, rivolto a tutti i docenti in servizio, che consentirà l’acquisizione delle competenze sostanzialmente coerenti con il percorso di “specializzazione”, per chi non le possiede, e l’abilitazione all’insegnamento, per coloro che ne sono privi.
A ciò si aggiunga l’istituzione di due nuovi organismi operativi, nell’ottica della semplificazione: un “coordinamento pedagogico”, presso ciascuna istituzione scolastica e un “coordinamento pedagogico territoriale”, che comprenderà i CTS, i CTRH, i CTI, le scuole-polo per l’inclusione e i GIT, gruppi non ancora operativi.
Al tempo stesso è contemplato il congelamento degli organici ai numeri attuali, senza dunque tenere in considerazione i potenziali effetti derivanti dal calo demografico. Grazie a questo congelamento, non vi saranno aggravi di spesa per la finanza pubblica per quanto riguarda la costituzione dei coordinamenti pedagogici d’istituto e territoriali,
I costi per la formazione del personale in servizio sono stati calcolati in modo dettagliato in 150 milioni annui per 6 anni (per un totale di 900 milioni) necessari per finanziare cinque edizioni di un corso di specializzazione biennale, con una struttura diversa da quelli introdotti dal decreto 30 settembre 2011, anche perché tiene conto della professionalità acquisita e documentata dagli anni di anzianità di servizio, ognuna delle quali vedrà coinvolti circa 80.000 docenti non specializzati.
Evelina Chiocca è Docente specializzata per il sostegno. Insegna nei corsi di specializzazione presso le Università di Trento, del Molise e di Milano. Presidente del CIIS, (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno). Referente Osservatorio 182. Cura, con l’avvocato Salvatore Nocera, la rubrica FAQ di EdScuola. E’ autrice di varie pubblicazioni sul tema dell’inclusione scolastica.
Professoressa Evelina Chiocca, la scuola dunque attualmente non è inclusiva?
“Non è tanto l’espressione utilizzata, quanto il richiamare il senso profondo di una progettazione che intende promuovere l’inclusione in senso concreto e reale. Sono 30 anni che ragiono in questa direzione poiché nella scuola ci si è dimenticati di sviluppare in ogni insegnante la consapevolezza ogni alunno della classe è un tuo alunno, nessuno escluso. E non invece che quel determinato alunno appartenga all’insegnante di sostegno e che se occupi lui e che tu insegnante curriculare ti possa sentire estraneo”.
Succede questo?
“E’ palese ed evidente che questo accada. Basta leggere i social. Peraltro per chi come noi entra in classe e si confronta con i colleghi la cosa è ben evidente appena entriamo in sala insegnanti”.
Questo perché succede, secondo lei?
“Perché qui qualcuno ha dimenticato di creare le condizioni per una vera formazione del personale docente che entra nella nostra scuola. Se io a scuola ho alunni con disabilità non posso pensare di fare entrare in classe persone prive di competenza per lavorare anche con alunni con disabilità. Tutti gli insegnanti per contratto hanno come alunni anche gli alunni con disabilità ai quali devono insegnare la disciplina. Non è che il contratto di lavoro faccia distinzioni. Quindi c’è una forte esigenza di promuovere un contesto che renda l’inclusione come concreta e non come qualcosa da raggiungere. Per questo occorre fare qualcosa. Andare oltre”.
Andare oltre, ma dove?
“Andare oltre rispetto alle prospettive attuali dove abbiano una formazione su due binari in base alla quale ci sono insegnanti che ritengono che quell’alunno non sia affar loro. Se avessi voluto mi sarei specializzata, ti senti obiettare, ma quell’alunna è della tua classe. Chi lavora nella scuola queste frasi le sente e devo dire che si resta basiti”.
Da qui la vostra proposta per una cattedra mista.
“Come coordinamento di insegnanti di sostegno ne parliamo da 20 anni. Lo chiamavamo scambio di ruolo. Poi, in un gruppo di insegnanti del secondo grado si è cominciato a parlare di cattedra mista”
Come funziona?
“L’incarico misto significa che a ogni docente viene ad esempio assegnato l’incarico di matematica, mettiamo, di 7 ore in una classe e poi ne farà anche 2 ore o 4, a seconda dell’organizzazione della scuola, di sostegno sull’alunno o sull’alunna. Le altre ore saranno svolte da altri insegnanti con lo stesso criterio, fino ad arrivare alle 20 ore assegnate E se sono assegnate 20 ore di sostegno devono risultare tutte. Una parte le fa uno e un altro e un altro. Più è alto il numero di insegnanti coinvolti, meglio è. Non esiste un pacchetto predefinito, esiste invece la possibilità di utilizzare il docente sulla sua disciplina e anche alcune ore come sostegno. Quello che conta è che le ore debbano ritornare tutte. Questo dovrebbe promuovere la corresponsabilità dei docenti sia nelle azioni sia nella progettazione”.
E gli altri insegnanti della classe, non coinvolti nell’operazione?
“L’ideale sarebbe che tutti gli insegnanti avessero delle ore. Ma è una mia opinione. Nessun docente si può sentire escluso. La corresponsabilità sul Pei, peraltro, è di tutti gli insegnanti, oltre che degli specialisti e dei genitori”
La vostra rivoluzione rappresenterebbe un salto di qualità sul tema dell’inclusione reale.
“Sì, e soprattutto svilupperebbe la consapevolezza del professionista insegnante rispetto ai propri compiti e in ordine al proprio ruolo. E’ da spezzare via quella diade per cui si pensa che ci sia un insegnante privato per il singolo alunno e invece l’insegnante è dell’intera classe. Le ricadute a livello culturale non sono indifferenti. Significa fare in modo che l’alunno sia una persona che diventa fattivamente alunno della classe”.
La vostra proposta non è ancora un Disegno di legge
“E una proposta scritta da noi e che verrà presentata il 25 gennaio a Roma presso il Centro multimediale Esperienza Europa Davide Sassoli, con la collaborazione del Parlamento e della Commissione europea”.
Cosa vi aspettate?
“Che qualcuno possa interessarsi a questo progetto e che quest’ultimo possa diventare realtà. In poche parole, speriamo di dare un contributo per una scuola di qualità e la scuola di qualità è la scuola dell’inclusione, che passa dalla responsabilità, dalla corresponsabilità e dall’autoconsapevolezza dei docenti e dei dirigenti scolastici”.
E’ un progetto fattibile?
“Sì. C’è molto entusiasmo tra i docenti, non solo quelli specializzati che lavorano con competenza. Esiste una realtà poco conosciuta dove già si lavora bene. In senso generale c’è molta attenzione verso l’inclusione. Al contempo la cattedra inclusiva viene vissuta in maniera formale. Ad esempio con l’università del Molise c’è una sperimentazione che vede coinvolte delle classi dove si sta sperimentando la cattedra mista. Poi ci sono realtà dove c’è collaborazione e molta interazione tra gli insegnanti. Però io credo che le condizioni ci siano. Se ragioniamo con la logica di fare in modo che l’inclusione diventi qualcosa di più di una parola allora di può fare.
Lei però lo sa che tra i docenti c’è molta resistenza su questa idea della cattedra mista. Le obiezioni e le critiche sono anche feroci, stando a quel che se legge sui social. Tra le obiezioni c’è quella legata al rischio di perdere dei posti di lavoro tra i docenti di sostegno, ma non è solo questo.
“Sì, assolutamente. Le vediamo anche noi. Sappiamo che le critiche sarebbero potute emergere. Mi sorprende che sia soprattutto la parola tagli che preoccupi di pù. Immagino infatti che i docenti di sostegno pensino ai tagli”.
Non dovrebbero?
“No, perché di tagli in prospettiva parlava già la Legge di Bilancio del 2021. Questo perché perché con il Decreto interministeriale n 182, quello che ha introdotto il nuovo PEI sarebbero stati tagliati 5000 posti sul sostegno. Ma con il nostro progetto noi siamo agli antipodi. Se a quella determinata classe sono assegnate 20 ore, 20 devono esserci. Insisto su questo. Peraltro, la norma prevede il congelamento dell’organico. Se noi oggi abbiamo 800.000 insegnanti e gli alunni sono 8 milioni, il rapporto è un insegnante ogni dieci alunni. Considerato il calo democratico, se congelo gli organici grazie a questa nostra proposta, pur calando il numero degli studenti, noi abbiamo lo stesso numero di insegnanti. Dunque, la popolazione scolastica diminuirebbe ma addirittura diminuirebbe pure il rapporto alunni-insegnanti. L’attenzione semmai dovrebbe essere posta nei confronti del legislatore che sta pensando di fare i tagli. La nostra proposta – ripeto – non prevede tagli, anzi è esattamente il contrario. Semmai c’è dell’altro”.
Che cosa?
“L’altra obiezione è che ci sono insegnanti che non vogliono lavorare con gli alunni con certificazione”
Magari perché non hanno le competenze.
“Ma la nostra proposta di legge prevede un piano pluriennale di formazione del personale che tiene conto della professionalità acquisita e dell’anzianità di servizio. Quell’alunno è tuo alunno. Lo valuti e non è che puoi ma devi insegnare a quell’alunno. Abbiamo già chiesto come associazione la formazione dei docenti. Non si può pensare di non passare dalla formazione dei docenti e questo lo abbiamo sempre chiesto. La formazione è una cosa seria. Devi dare il tempo alle persone di potersi formare. La scuola di qualità passa dalla didattica”.
E per converso gli insegnanti di sostegno hanno le competenze per le varie discipline: italiano, chimica, diritto, matematica, scienza delle terra, economia aziendale… e tutte le altre?
“Il decreto ministeriale del 30 settembre 2011 prevedeva che questi corsisti fossero abilitati all’insegnamento e il possesso dell’abilitazione è relativa a una classe di concorso. La questione si pone per coloro sono privi dell’abilitazione. In questo caso il nostro progetto prevede l’acquisizione dell’abilitazione all’insegnamento all’interno del piano pluriennale.
In realtà le obiezioni potrebbero essere di tipo culturale.
“Ma sono obiezioni infondate e quando il piano sarà reso noto queste obiezioni cadranno.
Esperienza di un collega che è partito così e poi si è ricreduto strada facendo quindi credo che occorra provarsi. Il pensare non concretizza la realtà. Io ho vissuto l’esperienza in termini informali. Con il cosiddetto scambio dei ruoli non c’era una formalizzazione dell’assegnazione dell’incarico da parte del dirigente scolastico. Dentro la classe si lavora insieme e con spirito di collaborazione, coinvolgendo gli alunni e lavorando sulla classe e questo crea un clima di collaborazione e di condivisione di cui beneficiano tutti gli alunni. Dobbiamo imparare a vedere nell’alunno con disabilità una persona”.
Ma non si rischia di stravolgere tutto?
“Non vedo grossi stravolgimenti, semmai vedo un grosso arricchimento per gli insegnanti. Abbiamo sempre detto che la presenza degli alunni disabili ci ha permesso di scendere dalla cattedra e ci ha consentito di individuare delle metodologie attente alle singole persone che ci sono in classe. Se questo è vero affermo che il progetto di riforma non fa altro che concretizzare il tutto perché posso davvero pensare in una dimensione più alta e attenta al singolo. Io parlo in generale, poi ci sono le singole situazioni e nelle singole situazioni intervengono i GLO”.
Il MIM cosa pesa in merito al vostro progetto?
“Al momento non lo so. Avranno contezza della proposta quando l’avremo presentata in maniera formale.
Come ha reagito lei all’articolo di Ernesto Galli Della Loggia sull’inclusione, che tanto sconcerto ha creato negli ambienti scolastici?
“Dopo aver letto l’articolo del giornalista Galli della Loggia mi sono posta delle domande. Di quale scuola sta parlando? E perché la definisce regno della menzogna? E perché quel Promossi con la lettera maiuscola? L’intermezzo che conduce al mito dell’inclusione pare casuale, quasi un refuso della penna ansiosa di andare oltre, ma sollecitando, di fatto, alla lettura del testo citato. Il mito dell’inclusione non viene proposto attraverso un’analisi o una riflessione, bensì come mero elenco, intriso di visioni abiliste, con richiami a luoghi comuni, che palesano la scarsa conoscenza della scuola italiana. Ma se la si conosce così poco, come è possibile stigmatizzarla quale regno della menzogna? Nelle aule delle nostre scuole entrano i figli e le figlie delle nostre famiglie. Ognuno diverso dall’altro. Sono alunni e alunne, bambini e bambine, studenti e studentesse che, insieme, crescono, si confrontano, condividono, apprendono, interagiscono. Insieme. Ma leggendo quelle poche righe emerge un pericoloso distinguo in relazione a concetti che sono superati e abbandonati da decenni, non solo sotto il profilo pedagogico, ma anche, e soprattutto, sotto quello valoriale e culturale. Gli alunni con disabilità – alle cui classi sono assegnati docenti con incarico sul sostegno, che devono possedere competenze pedagogico-didattiche, coerenti con la loro professione – gli alunni con diagnosi di DSA e gli alunni non italofoni – per i quali la nostra scuola attiva laboratori di L2, per l’apprendimento dapprima dell’italiano per comunicare e poi per la lingua per lo studio – non sono orpelli, non sono inciampi, non sono capitati per caso nelle nostre aule. Questi alunni e queste alunne frequentano la scuola di tutti, come sancito e garantito dalla Costituzione, affinché tutti possano diventare cittadini consapevoli e partecipare alla vita sociale. Questa è la nostra scuola.
La scuola italiana. Una scuola che, probabilmente, vive molte contraddizioni, che non riesce a liberarsi dalle troppe etichette che lei stessa ha introdotto, nonostante la Nota ministeriale 1143/2018 la inviti ad abbandonare ogni forma di etichettamento, in cui non sempre sono garantiti i diritti di ciascuno, una scuola che soffre anche di alcune carenze. Ma la nostra scuola non è il regno della menzogna. La nostra scuola è una realtà complessa, proprio grazie alle molteplici differenze che la abitano. La ricchezza che ogni persona porta con sé è evidente. La presenza poi degli alunni con disabilità nelle nostre classi ha contribuito a modificare e rendere migliore la didattica e la ricerca, attraverso l’adozione di nuove strategie, di nuove forme di insegnamento-apprendimento, ispirate a quei valori che Delors e l’Europa ci ricordano. Questo è andato a beneficio di tutti.Se c’è un appunto da fare, e lo riconosciamo senza timore, esso contiene due elementi: liberarsi delle etichette che impediscono di vedere nell’alunno la persona e la sua unicità e rivedere la formazione del personale docente e dirigente, per incrementare e migliorare la qualità della scuola inclusiva. E questo oggi potrebbe essere possibile anche grazie a un progetto di legge sulla proposta della cattedra inclusiva, che sarà presentato giovedì 25 gennaio a Roma e che ha come obiettivo primario la formazione di tutto il personale docente, strutturata in un piano pluriennale, insieme alla costituzione di coordinamenti pedagogici, presenti sia a livello di singola istituzione scolastica che di territorio. La forma organizzativa garantisce docenti preparati, capaci di far lavorare fra loro tutti gli alunni, valorizzando le capacità di ciascuno. La nostra non deve essere la scuola del setaccio (Bertagna), bensì la scuola del lievito (Lombardo Radice), culturalmente coerente con il principio pedagogico del riconoscimento dell’unicità della persona”.
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Il gruppo redigente
La proposta di legge intitolata “Introduzione della cattedra inclusiva nelle scuole di ogni ordine e grado” è stata redatta e sottoscritta da un gruppo di noti esperti dell’inclusione scolastica di cui proponiamo una sintetica presentazione
Evelina Chiocca
Docente specializzata per il sostegno, insegna nei corsi di specializzazione presso le Università di Trento, del Molise e di Milano. Presidente del CIIS, (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno). Referente Osservatorio 182. Cura, con l’avvocato Salvatore Nocera, la rubrica FAQ di EdScuola. Autrice di varie pubblicazioni sul tema dell’inclusione scolastica.
Paolo Fasce
Dirigente scolastico dell’ITTL “Nautico San Giorgio” di Genova e Camogli e reggente dell’IC “San Gottardo” di Genova, già insegnante specializzato sul sostegno, abilitato in matematica applicata e in informatica, docente a contratto con l’Università di Genova nei corsi di specializzazione e nei master su autismo e intercultura.
Fernanda Fazio
Insegnante (studi classici e Laurea in architettura) specializzata (corso polivalente) per il sostegno, già consulente per il Centro Regionale Sant’Alessio di Roma, docente di sostegno per oltre trent’anni, docente nei corsi di specializzazione universitaria e svolge attività di formatrice.
Dario Ianes
Professore ordinario di Pedagogia dell’inclusione alla Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano-Bozen e co-fondatore del Centro Studi Erickson di Trento.
Raffaele Iosa
Maestro, direttore didattico e ispettore scolastico, pedagogista. Ha fatto parte del gruppo che ha elaborato il Regolamento dell’autonomia nel 1998 e ha coordinato l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica presso il Ministero della Pubblica Istruzione.
Massimo Nutini
Esperto in legislazione scolastica e degli enti locali. Collaboratore dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani ANCI.
Nicola Striano
Docente con specializzazione monovalente per l’insegnamento agli alunni sordi, minorati della vista e psicofisici. Già referente del CTS e della scuola Polo Provinciale per l’Inclusione, capofila del Lazio, presso l’IIS De Amicis – Cattaneo Roma. Formatore nei Corsi di Specializzazione Universitari