Assegnazione bonus premiale docenti, non può essere solo decisione del dirigente. Delibera Corte dei Conti
Nel 2016 ricordavo che il noto comitato di valutazione di cui alla legge 107 del 2015 per l’assegnazione del noto “bonus” o meglio salario accessorio, la cui decisione finale in ordine all’assegnazione spetta alla Dirigenza Scolastica, necessitava della formulazione di criteri oggettivi e soprattutto predeterminati.
Cosa che nei primi momenti di definizione non accadde per non parlare del problema trasparenza dove appellandosi le amministrazioni ad una rigorosa interpretazione in materia di tutela dei dati personali si è rifiutata quasi sempre di rendere nota i nominativi associati alla percezione del detto salario accessorio, cosa che ha creato un gran malumore e grande senso di sconcerto tra i dipendenti della scuola.
Ricordavo, sempre, nel 2016, che vi era stata una importante sentenza della Corte dei Conti della Lombardia del 2008, i cui principi possono riguardare la questione del bonus di cui al comitato di valutazione, che in sostanza ha condannato a restituire una indennità finalizzata ad incentivare il merito, perché sono stati violati una serie di principi giuridici basilari. “ E’ per queste ragioni che, relativamente alla posta di danno inerente l’indebita erogazione delle indennità di risultato per posizioni organizzative, in carenza di predisposizione di criteri predeterminati per la valutazione individualizzata del relativo personale, va pertanto affermata, ricorrendo evidentemente i presupposti richiesti dalla legge”.
Ora vi è stata una nuova delibera della Corte dei Conti, questa volta del Lazio, (del 6 febbraio 2018) che interviene in merito ad un caso verificatosi nel settore della sanità. Il Direttore Generale con una delibera aveva assegnato gli obiettivi da raggiungere per l’anno 2011 al Direttore Sanitario ed a quello Amministrativo, rinnovati per gli anni 2012 e primo semestre 2013, senza però stabilire gli indicatori per la valutazione, né tantomeno le percentuali di raggiungimento degli obiettivi stessi. La Procura contestava l’illegittimità dell’operato del Xxxxx circa il riconoscimento del raggiungimento dei risultati e della liquidazione dell’integrazione retributiva al Direttore sanitario e a quello amministrativo, in quanto ciò sarebbe avvenuto secondo modalità autoreferenziali del Direttore Generale senza basarsi su riscontri effettivi, non avendo egli mai definito né la percentuale di raggiungimento degli obiettivi medesimi, né i relativi indicatori.
In diritto è emerso quanto ora segue: “Il quadro normativo di riferimento impone una “misurazione dell’azione amministrativa”, basata sulla “costruzione di obiettivi”, alla luce di un sistema di indicatori di attività” e di “valutazione dei risultati della gestione“.
Un tale meccanismo per l’attribuzione degli emolumenti accessori, quale il trattamento premiante in contestazione, risulta indispensabile anche sul piano dei principi generali. L’art. 97, comma 1, Cost. individua nel principio del buon andamento il canone giuridico di riferimento dell’assetto funzionale (e organizzativo) della pubblica amministrazione. Il principio di buon andamento, in particolare, si riferisce alla valutazione complessiva dell’attività amministrativa: esso è stato oggetto di un’interpretazione volta ad enfatizzarne la valenza di strumento destinato a migliorare il rendimento dell’apparato pubblico.
Il principio si riflette nei criteri di efficacia ed economicità menzionati dall’art. 1 della legge n. 241 del 1990. Si tratta di criteri funzionali di matrice economico-aziendalistica, normalmente adottati per la gestione delle attività private. I canoni di azione ispirati a ragioni di efficientismo non sono appannaggio esclusivo delle attività di interesse privato e individuale volte alla massimizzazione del profitto. Tali canoni entrano a pieno titolo anche nel circuito della razionalità dell’agire amministrativo.
L’obiettivo è quello della massimizzazione dell’utile amministrativo, attraverso il miglioramento della performance degli apparati. E’ questo il significato del richiamo ai criteri di efficacia ed economicità (art. 1 della legge n. 241 del 1990) in cui si riflette il principio costituzionale del buon andamento(…) In definitiva, dunque, i criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nella loro integrazione, impongono, la “misurazione dell’azione amministrativa”, basata sulla assegnazione di specifici obiettivi da raggiungere, sull’accertamento ex post dei risultati di gestione effettivamente ottenuti sulla base di parametri prestabiliti per la misurazione dei risultati stessi.”
Tutto questo, nella fattispecie, non è avvenuto comportando la condanna dei soggetti interessati da questa vicenda ad un sostanzioso risarcimento danni a favore dell’amministrazione.