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Aspettativa per motivi personali, posso svolgere altra attività lavorativa? La Guida

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La questione in esame riguarda la possibilità o meno per il dipendente scolastico (docente o A.T.A.) che fruisce dell’aspettativa concessa per motivi di famiglia o personali di svolgere un’altra attività lavorativa. Facciamo il punto sull’istituto dell’aspettativa, sulle incompatibilità e sulle prestazioni lavorative che il legislatore permette di svolgere.

L’aspettativa per motivi di famiglia o personali.

L’istituto dell’aspettativa trova disciplina nel CCNL Comparto Scuola 2006-2009 all’art.18: “L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA.

L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.

Si ricava anzitutto il richiamo della disciplina generale dettata per tutti i dipendenti pubblici. Inoltre la norma chiarisce che l’aspettativa può essere concessa anche al personale docente o ATA con contratto a tempo determinato fino al termine dell’anno scolastico (31 agosto) o fino al termine delle attività didattiche (30 giugno). Non è fruibile dunque dai c.d. supplenti brevi.

La disciplina generale di cui all’art. 69 del D.P.R. n.3/1957 stabilisce che “L’impiegato che aspira ad ottenere l’aspettativa per motivi di famiglia deve presentare motivata domanda al capo del servizio (cioè al Dirigente scolastico). L’amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese ed ha facoltà, per ragioni di servizio da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne l’accoglimento e di ridurre la durata dell’aspettativa richiesta. L’aspettativa può in qualunque momento essere revocata per ragioni di servizio. Il periodo di aspettativa non può eccedere la durata di un anno. L’impiegato non ha diritto ad alcun assegno. Il tempo trascorso in aspettativa per motivi di famiglia non è computato ai fini della progressione in carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza. L’impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il tempo passato in aspettativa”.

Per completezza, si aggiunge che il periodo in aspettativa non è valevole ai fini del punteggio nelle graduatorie interne di istituto per l’individuazione dei soprannumerari.

Come ribadito in varie pronunce dal Consiglio di Stato, nella richiesta il dipendente deve indicare le motivazioni familiari e/o personali sottese.

La facoltà di svolgere ulteriore e diversa attività lavorativa.

È bene chiarire anzitutto e in via preliminare che il dipendente collocato in aspettativa per motivi personali o familiari continua a sottostare al vincolo di esclusività previsto a partire dalla Costituzione e al regime delle incompatibilità, che trova puntuale disciplina nell’art. 53 del D. Lgs. 165/2001 “Testo unico sul pubblico impiego”.

La ratio di tale assunto sta nel fatto che per il dipendente in aspettativa si sospende l’obbligo di prestare la propria attività lavorativa, ma non ne consegue una sospensione dell’intero rapporto di pubblico impiego.

Proprio sulla materia, si è pronunciata l’ARAN (l’Agenzia per la rappresentanza negoziale della pubblica amministrazione, organo che negozia i CCNL per conto della parte pubblica) eliminando ogni interpretazione in senso opposto: “Nessuna norma contrattuale consente, (o potrebbe consentire) al dipendente di poter instaurare un secondo rapporto di lavoro o lo svolgimento comunque, di altra attività di lavoro autonomo, anche di natura libero professionale, durante la fruizione di periodi di aspettativa senza diritto alla retribuzione”.

Prestazioni occasionali.

Si tenga presente che il dipendente in aspettativa, al pari del dipendente in servizio, può svolgere attività lavorativa occasionale, previa autorizzazione formale del Dirigente scolastico, in qualità di datore di lavoro, che ne verificherà la compatibilità con l’attività lavorativa e le funzioni del pubblico incarico, anche ed in particolar modo sotto il profilo di eventuali conflitti di interessi.

Attività lavorative compatibili.

L’art. 53, comma 6, del D. Lgs. n. 165 del 2001 prevede espressamente che sono esclusi dal regime di autorizzazione del datore di lavoro (per le scuole è il Dirigente scolastico) l’esercizio delle seguenti attività:

  • collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
  • utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
  • partecipazione a convegni e seminari;
  • incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
  • incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
  • incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita;
  • attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione o di docenza e di ricerca scientifica.

Ne consegue che, tali attività espressamente indicate, sono compatibili con il rapporto di pubblico impiego e possono essere esercitate senza la necessaria e preventiva autorizzazione.

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