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Aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio: come, quando e per quali motivi è possibile la fruizione

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Guida su tutte le assenze del personale, che ha l’obiettivo di offrire utili indicazioni a tutti i lavoratori della scuola e in particolare alle segreterie scolastiche deputate ad emanare i relativi decreti di assenza.

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO

L’aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio è espressamente prevista dal CCNL comparto Scuola.

L’art. 18 comma 1 recita: L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata dell’incarico.

Il comma 2:
Ai sensi della predetta norma [comma 1] il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca.

TIPOLOGIA DI PERSONALE A CUI PUÒ ESSERE CONCESSA

  • a tutto il personale assunto a tempo indeterminato (non è necessario aver superato il periodo di prova);
  • ai docenti di religione cattolica, sia a quelli con 4 anni di anzianità, sia a quelli sprovvisti, al personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo determinato per l’intero anno scolastico (31/8) o fino al termine delle attività didattiche (30/6). È quindi escluso il personale assunto per supplenza “breve”.

DURATA, RETRIBUZIONE E VALUTAZIONE DEL SERVIZIO

L’aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio può essere richiesta senza soluzione di continuità o per periodi frazionati.

Se fruita senza soluzione di continuità, non può avere una durata superiore a 12 mesi.
Se fruita per periodi spezzettati o frazionati non può superare in ogni caso, nell’arco temporale di un quinquennio, la durata massima di due anni e mezzo (30 mesi). Il quinquennio da prendere in considerazione è quello che verrà a scadere nell’ultimo giorno del nuovo periodo di aspettativa richiesto.

I periodi di aspettativa intervallati da periodi di servizio attivo (non possono essere valutati servizio attivo né il congedo ordinario né quello straordinario) non superiori a sei mesi si sommano ai fini del raggiungimento del limite di un anno come se fossero continuativi, mentre se il servizio attivo è superiore a sei mesi il computo del limite massimo riprende dall’inizio.

Per motivi particolarmente gravi è prevista la proroga eccezionale dell’aspettativa di durata non superiore a sei mesi.

Durante l’aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi di proroga eccezionale) il dipendente non ha diritto alla retribuzione.

Il tempo trascorso in aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi proroga eccezionale) interrompe l’anzianità di servizio, non si computa ai fini della progressione di carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescenza e previdenza nonché della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e delle festività soppresse.

In particolare:

Se fruita dal personale con contratto a tempo indeterminato: non è utile ai fini del compimento del periodo di prova o dell’anno di formazione (docenti neo immessi in ruolo o che hanno ottenuto il passaggio di ruolo) nonché ai fini della continuità del servizio valutabile con punteggio specifico nelle procedure di mobilità e nella graduatoria interna per l’individuazione del personale soprannumerario. A tal proposito si ricorda che qualora il docente abbia usufruito di periodi di aspettativa per famiglia il punteggio per i servizi di ruolo e di pre ruolo sarà attribuito per intero, a condizione che nel relativo anno scolastico l’interessato abbia prestato un servizio non inferiore a 180 giorni.

Se fruita dal personale con contratto a tempo determinato fino al 30/6 o 31/8: interrompe l’anzianità di servizio a tutti gli effetti, pertanto non è utile ai fini delle ferie e della tredicesima mensilità, dell’anzianità di servizio, del versamento dei contributi e di conseguenza tale periodo non è valido ai fini del punteggio per l’aggiornamento delle Graduatorie Permanenti/Esaurimento/Istituto.

PER QUALI MOTIVI È POSSIBILE RICHIEDERE UN PERIODO DI ASPETTATIVA

Per  motivi di studio, compresa la frequenza di un corso universitario (Corte dei Conti sez. contr. 03 febbraio 1984, n. 1415);

Sempre per motivi di studio quando, terminato lo specifico congedo per dottorato di ricerca, il dipendente deve ultimare la stesura della relazione finale (circolare MIUR N. 15 Prot. N. AOODGPER 1507 del febbraio 2011);

Per motivi personali e familiari:

in questo caso le esigenze del lavoratore possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola (Corte Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415).

Alla luce di tale configurazione, pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’amministrazione di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro.

RICHIESTA E “MOTIVATA DOMANDA”…

Il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno di motivi urgenti e imprevedibili) motivata domanda (art. 69 del DPR n. 3/1957) redatta per iscritto, in carta semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesta l’aspettativa, la data di decorrenza e la durata dell’assenza.

Il dipendente è tenuto a prospettare le esigenze familiari da soddisfare, al fine dell’ottenimento del periodo di aspettativa richiesta (Consiglio di Stato con sentenza del 29 gennaio 2003, n. 444).
Dovrà quindi motivare la richiesta esplicitando, anche in forma riservata, le condizioni personali, familiari e di studio.
Tale richiesta può essere autocertificata o corredata da idonea documentazione (es. certificato medico di un familiare nel caso si chieda un periodo di aspettativa per assisterlo).

TEMPI DI CONCESSIONE ED EVENTUALE DINIEGO

Il dirigente deve prendere la decisione per la concessione del periodo richiesto entro un mese dalla data di presentazione della domanda; qualora entro tale termine il dirigente non abbia adottato alcun provvedimento positivo, il silenzio non equivale ad accoglimento dell’istanza.

Sottolineiamo che il termine dei 30 gg. non vuol dire che il dirigente non possa concedere il periodo di aspettativa richiesto prima che siano trascorsi i 30 gg., ma solo che dalla richiesta effettuata dal dipendente alla concessione dell’aspettativa non dovrebbero passare più di 30 gg.: pensiamo infatti ad una richiesta per motivi di famiglia urgenti e imprevedibili, la morte o la malattia improvvisa di un congiunto ecc.

Per tali motivi non è opportuno fare passare troppo tempo per la concessione del periodo richiesto, senza inoltre considerare che il dipendente richiedente l’aspettativa sa che la stessa non è retribuita (ha diritto solo al mantenimento, senza alcun effetto giuridico ed economico, del rapporto di impiego).

Nel momento in cui il dirigente concede l’aspettativa tale provvedimento assume la veste di decreto e deve essere trasmesso, unitamente all’istanza in carta semplice prodotta dal dipendente, alla documentazione eventualmente presentata e al parere favorevole emesso dal dirigente, alla Ragioneria provinciale dello Stato per il visto. L’aspettativa infatti non è retribuita e di conseguenza incide sul trattamento economico.

Il decreto sarà numerato progressivamente ed annotato nell’apposito registro dei decreti.

L’impiegato non ha un diritto ad ottenere la concessione dell’aspettativa, ma soltanto un interesse, da valutarsi discrezionalmente da parte dell’amministrazione, in relazione alle esigenze di servizio.

Pertanto, l’amministrazione potrebbe anche:

  • concedere l’aspettativa per una durata inferiore a quella richiesta;
  • differire nel tempo l’accoglimento della stessa richiesta;
  • eventualmente disporre anche la revoca dell’aspettativa già concessa.

In conclusione, il dirigente può respingere la domanda o ritardarne l’accoglimento o ridurre la durata della aspettativa richiesta, esclusivamente “per motivi di servizio”, che vanno enunciati nel provvedimento.

Nota bene

Il dirigente è sempre tenuto a motivare l’eventuale provvedimento di diniego o di revoca dell’aspettativa.

L’art. 3, comma 1 della legge 241/90 (integrato dalla legge 15/05) indica, infatti, che ogni provvedimento amministrativo deve essere motivato.

La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

Un eventuale diniego, ritardo di accoglimento, riduzione della durata o revoca dell’aspettativa dovrà quindi essere sempre motivato dal dirigente e rispondere ai criteri della trasparenza e dell’imparzialità, per evitare ogni dubbio circa l’obiettività e l’opportunità delle determinazioni adottate.

È comunque palese che il dirigente scolastico potrebbe negare l’autorizzazione solo in quelle ipotesi in cui l’assenza del dipendente sarebbe di effettivo impedimento per le esigenze organizzative della scuola.

POSSIBILITÀ DI SVOLGERE ALTRO LAVORO

L’ARAN ad un quesito per il Comparto Enti Locali inerente la possibilità del dipendente di poter svolgere attività lavorativa di natura occasionale durante un periodo di aspettativa risponde:

“Nessuna norma contrattuale consente, (o potrebbe consentire) al dipendente di poter instaurare un secondo rapporto di lavoro o lo svolgimento comunque, di altra attività di lavoro autonomo, anche di natura libero professionale, durante la fruizione di periodi di aspettativa senza diritto alla retribuzione previsti dall’art. 11 del CCNL del 14.9.2000.

Il primo rapporto, infatti, con tutte le situazioni soggettive che vi sono connesse (ivi comprese le incompatibilità) sussiste ancora anche se in una fase di sospensione delle reciproche obbligazioni.

Per quanto attiene alla possibilità ed alla legittimità dello svolgimento da parte del dipendente in aspettativa per motivi personali di attività lavorativa di natura occasionale (per la quale si ritiene sia comunque necessaria l’autorizzazione preventiva dell’ente datore di lavoro, secondo la vigente normativa), trattandosi di una problematica attinente in via prioritaria la definizione della esatta portata applicativa delle vigenti disposizioni in materia di incompatibilità dei pubblici dipendenti, contenute nell’art. 53 del D.Lgs.n.165/2001, indicazioni potranno essere fornite solo dal Dipartimento della Funzione Pubblica, istituzionalmente competente in materia di interpretazione delle disposizioni di legge concernenti il rapporto di lavoro pubblico.”

In poche parole anche il dipendente collocato in aspettativa non retribuita è soggetto al regime delle incompatibilità che vincolano tutti i pubblici dipendenti stabilite dall’art. 60 del T.U. N.3/1957, dall’art. 53 del D.Lgs. n.165/2001 e, per tutti i docenti,  dall’art. 508 del  D.Lgs. 297/1994.

Per esempio, l’art. 508 citato prevede che il docente non può esercitare attività commerciale, industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione. Oppure può essere autorizzato all’esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l’orario di insegnamento e di servizio.

Più in generale la norma prevede che possono essere autorizzati altri incarichi di lavoro che rispondano a tali condizioni:

  • la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività non di lavoro subordinato esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di abitualità, non diano luogo ad interferenze con l’impiego;
  • il non conflitto con gli interessi dell’amministrazione e con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione;
  • la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento.

In conclusione, sia il docente richiedente l’autorizzazione all’eventuale attività lavorativa da svolgere durante il periodo di aspettativa, sia il dirigente che dovrà accordare tale richiesta dovranno muoversi nel quadro normativo sopra riportato.

Una volta richiesta l’autorizzazione al dirigente e stabilito che non esiste regime di incompatibilità il dipendente potrà svolgere un “altro lavoro” durante il periodo di aspettativa non retribuita.

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