Ans-IA, uno studio spiega il rapporto tra l’uso dell’intelligenza artificiale e lo sviluppo di ansia. Le analogie storiche di tecnofobia

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L’adozione dell’intelligenza artificiale non si misura solo in termini tecnici o economici: essa coinvolge dimensioni psicologiche profonde. D’altra parte, ogni grande innovazione tecnologica ha suscitato timori e resistenze.

La storia delle trasformazioni produttive è, infatti, segnata da episodi ricorrenti di ansia collettiva, manifestata nei confronti di strumenti percepiti come minaccia all’ordine sociale e all’identità umana. Già nel corso della prima rivoluzione industriale, la sostituzione del lavoro manuale con le macchine generò movimenti di protesta per il timore che si perdessero mestieri e competenze.

Due volti dell’ans-IA

Secondo un recente studio, l’ansia legata all’uso dell’IA si manifesta in due forme distinte:

  • ansia anticipatoria, legata alla paura di cambiamenti futuri e incertezze occupazionali;

  • ansia da annichilimento, connessa a timori esistenziali sulla perdita di identità e autonomia umana.

L’analisi rivela che il rapporto tra utilizzo dell’IA e ansia non è lineare: un uso moderato tende a ridurre l’ansia, mentre un uso minimo o eccessivo la intensifica. Questo andamento a U evidenzia come la familiarità riduca il timore, ma una dipendenza crescente possa riaccenderlo.

In effetti, le reazioni alla tecnologia si sono articolate nel tempo in forme psicologiche specifiche. Tra queste, la tecnofobia – definita come timore irrazionale verso la tecnologia – è stata una costante nell’adozione di strumenti digitali, in particolare tra le fasce meno esposte o meno formate. Questi stati emotivi non riguardano solo l’uso degli strumenti, ma anche la rappresentazione simbolica che essi veicolano. La macchina, nei momenti di transizione, viene percepita come entità competitiva o sostitutiva, generando sentimenti di inadeguatezza o perdita di controllo.

Motivazioni e leve psicologiche per l’adozione

Lo studio ha indagato anche le motivazioni che spingono all’adozione dell’IA, identificando cinque dimensioni principali:

  • aspettativa di successo personale;

  • desiderio di acquisire competenze;

  • utilità percepita nello studio o lavoro;

  • interesse intrinseco;

  • percezione dei costi (tempo, sforzo, sacrifici).

Una correlazione positiva tra uso dell’IA e motivazioni suggerisce che un’esposizione crescente stimola l’interesse e l’utilità percepita, rafforzando l’impegno nell’uso della tecnologia.

L’emergere di una nuova dipendenza

Il fenomeno della dipendenza da IA viene descritto dai ricercatori come un comportamento compulsivo che si sviluppa progressivamente con l’uso crescente. In particolare, è stato rilevato che:

  • un uso frequente dell’IA è associato a maggiore dipendenza;

  • non vi è però una correlazione diretta tra ansia e dipendenza.

Questo suggerisce che la dipendenza da IA possa evolvere in assenza di segnali emotivi evidenti, innescando modelli di uso disfunzionali, soprattutto in contesti ad alta pressione o orientati alla performance.

Implicazioni e strategie

Lo studio sottolinea che, per una adozione sostenibile dell’IA, è necessario bilanciare l’introduzione degli strumenti con:

  • percorsi formativi graduali e trasparenti;

  • strategie comunicative chiare;

  • ambienti di lavoro sicuri e psicologicamente accoglienti.

Questo approccio può ridurre l’ansia anticipatoria, rafforzare la motivazione intrinseca e prevenire forme di dipendenza. Inoltre, la trasparenza dei sistemi IA e l’etica algoritmica diventano elementi essenziali per mantenere la fiducia dell’utente.

Continuità e discontinuità con il presente

L’odierna ansia nei confronti dell’intelligenza artificiale, come analizzata nello studio, riprende dinamiche già osservate in passato, ma introduce elementi inediti. A differenza delle tecnologie precedenti, l’IA è in grado di emulare competenze cognitive complesse, come ad esempio il linguaggio, che storicamente definivano la specificità umana. Ciò amplifica preoccupazioni esistenziali, che si configurano in nuove forme di ansia, come appunto l’ansia da annichilimento, legata alla percezione di perdita dell’identità o della centralità umana.

Tuttavia, come accaduto in epoche precedenti, anche oggi l’aumento della familiarità e dell’esperienza con le nuove tecnologie può ridurre l’ansia e favorire l’accettazione. La storia mostra che l’adattamento psicologico e culturale è possibile, a condizione che venga accompagnato da percorsi formativi e da un approccio inclusivo.

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