Anp, rilevazione impronte è violazione privacy, ricorreremo

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L’associazione nazionale dei presidi (Anp) guidata da Antonello Giannelli ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella contro le impronte digitali previste dal Dl concretezza. Lo scrive l’Ansa.

“L’introduzione generalizzata di controlli biometrici per la verifica della presenza, sul posto di lavoro, di tutti i dipendenti pubblici contrattualizzati, con l’esclusione dei soli insegnanti, è una misura che presenta una massiva violazione della privacy – scrivono i dirigenti scolastici – in quanto coinvolge oltre 2milioni e mezzo di persone”. Per i presidi si tratta di “una ‘schedatura’ di massa senza precedenti che non migliorerà la produttività delle amministrazioni pubbliche ma favorirà demotivazione e inefficienza. Per i dirigenti – scolastici e non – la misura è del tutto insensata: si tratta di personale senza orario di lavoro e la cui valutazione dipende solo dai risultati ottenuti.

La conoscenza del tempo trascorso in ufficio, non ha nulla a che fare con la trasparenza. L’Anp non esclude il ricorso all’autorità giudiziaria per ragioni di incostituzionalità.

“Mi rivolgo a Lei per evidenziare l’emergenza di una questione che ritengo di primaria importanza per la tutela delle amministrazioni e delle scuole pubbliche – scrive Giannelli – nonché per la dignità dei rispettivi lavoratori. In qualità di Presidente dell’ANP, l’associazione professionale maggioritaria dei dirigenti scolastici, Le rappresento il carattere di assoluta gravità di alcuni provvedimenti contenuti nel cosiddetto decreto concretezza”. Per i presidi, l’introduzione generalizzata dei controlli biometrici è “molto sproporzionata rispetto al dichiarato e pienamente condivisibile scopo: evitare condotte disoneste come quelle dei cosiddetti ‘furbetti del cartellino’. Condotte che, però, riguardano una irrisoria percentuale di lavoratori e che andrebbero combattute conferendo ai dirigenti adeguati poteri gestionali”.

Per dirigenti scolastici, poi, osserva l’Anp, “la cosa è ancora più assurda: per la prima volta, da quando esiste l’organizzazione del lavoro, si sovverte il principio di gerarchia, sottoponendo il capostruttura ad un controllo da cui è esclusa la maggior parte del personale in servizio presso la stessa. Aggiungo che, stante l’equiparazione del dirigente scolastico al datore di lavoro a fini antinfortunistici, dovrebbe semmai avere lui contezza delle effettive presenze, contrariamente a quanto previsto. Tutto questo per non parlare dei costi: trattandosi di un provvedimento “senza oneri aggiuntivi per lo Stato”, la spesa necessaria per acquistare e installare i dispositivi di controllo biometrico nelle scuole, stimabile in circa cento milioni di euro, assottiglierà corrispondentemente le loro risorse ordinarie”.

“I dirigenti scolastici, Signor Presidente – scrive ancora Giannelli – sono i primi garanti di una quantità di diritti di rango primario: dal diritto allo studio, al diritto al lavoro, alla libertà di pensiero e di insegnamento, al diritto alla salute, solo per citarne alcuni. Si tratta di persone che, tra mille difficoltà, si impegnano ogni giorno per migliorare la qualità formativa delle scuole di ogni ordine e grado, creando così le premesse sostanziali di un’Italia più giusta e democratica, proiettata verso un futuro di sviluppo sostenibile ed un concreto benessere che si ispiri ai valori della solidarietà e del bene comune. A questi fedeli servitori dello Stato che, con un carico di responsabilità e di competenze che quasi non ha eguali nello scenario della pubblica amministrazione, si vuole ora imporre un controllo insensato e irragionevole, con un accanimento che non ha precedenti e con grave lesione della loro autorevolezza”.

Di qui l’ appello “alla Sua sempre premurosa attenzione per il rispetto della legittimità formale e sostanziale delle leggi, nonché per la salvaguardia dei valori e dell’autorevolezza che le nostre istituzioni sono chiamate ad incarnare, affinché la proposta di verifiche biometriche venga accantonata durante l’imminente passaggio nell’aula del Senato”.

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