Anief: dopo 100 giorni nessun provvedimento per precari 36 mesi, nessun aumento stipendio ma una lettera di infrazione dall’Europa

comunicato Anief – Svelato il grande inganno che fece fallire lo sciopero generale proclamato a ridosso delle elezioni europee. Ora alcuni sindacati maggiori corrono ai ripari e propongono una inutile detassazione dei futuri aumenti, in assenza di risorse aggiuntive inserite nel DEF e nella manovra di assestamento all’esame del Parlamento.
Sono passati 100 giorni dall’accordo del 24 aprile siglato dal premier Conte, dal ministro Bussetti e dai segretari dei sindacati rappresentativi della scuola immortalati in una storica foto, quando si brindava ad aumenti a tre cifre, si apriva ai concorsi riservati per i precari, si rassicurava sulla regionalizzazione e ci si volgeva a stipendi europei. Anief, peraltro non invitata perché non chiamata rappresentativa, denunciò subito l’inganno. Ora dopo tre mesi la verità: non ci sono soldi, né aumenti e i concorsi sono bloccati.
Marcello Pacifico (Anief): Lunedì chiederemo al Presidente del Consiglio di onorare i suoi impegni. Bisogna stabilizzare tutti i precari con 36 mesi, riaprire le GaE, assumere tutti gli idonei dei concorsi, utilizzare i fondi dei tagli per dare 200 euro di aumento mensili e chiudere ogni ipotesi di passaggio del personale dallo Stato alle Regioni per salvare l’autonomia delle scuole.
In questo lasso di tempo, nessun punto dell’accordo primaverile sembra rispettato. Il bando dell’ennesimo concorso straordinario è bloccato dal Mef, la Commissione Ue ci ha inviato una lettera di reclamo che si trasformerà in pochi mesi in una procedura d’infrazione, di aumenti non c’è traccia nei documenti di finanza, per l’autonomia i Governatori della Lega sono sulle barricate con il loro leader Salvini in prima fila. E ora i sindacati maggiori fanno nuove proposte difficili da praticare.
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief: “Anziché percorrere strade impervie e soggette a vincoli, nella scuola basterebbe introdurre nella voce tabellare degli stipendi tutti i risparmi di spesa già destinati dalla legge alla carriera degli insegnanti. In questo modo, si potrebbero garantire almeno 200 euro di aumento. Allora sì che si valorizzerebbe al massimo il ruolo professionale del docente, predisponendo pure il passaggio di livello funzionale degli Ata, previsto per legge ma mai adottato. Sono tutte questioni che presto porremmo all’attenzione dell’amministrazione scolastica, nel corso della contrattazione nazionale dopo che finalmente l’Aran, qualche giorno fa, ha stabilito che il nostro sindacato ha pieno diritto a sedersi a quei tavoli”.
Anief aveva definito, da subito, l’accordo del 24 aprile una farsa all’italiana. Perché sapeva bene che il Governo non avrebbe potuto tenere fede agli impegni, se non in minima parte. E sul fronte degli incrementi in busta paga, le cose stanno andando peggio di quanto preventivato. Perché ad oggi non c’è stato nessun passo in avanti rispetto a quanto previsto dall’ultima legge di bilancio, attraverso la quale sono stati stanziati i finanziamenti previsti per legge in caso di contratto scaduto, quindi con l’applicazione scaglionata, da aprile 2019, dell’indennità di vacanza contrattuale che corrisponde ad incrementi appena superiori all’1%, mentre c’è ancora da colmare buona parte degli oltre 8 punti di ritardo stipendiale rispetto all’inflazione, accumulati tra il 2007 e il 2015, appena scalfiti dagli aumenti-mancia del 3,48% e degli arretrati farsa approvati dal Governo Gentiloni.
È una situazione di fermo sostanziale e i sindacati ricordano ciclicamente al Governo, nel frattempo diventato di colore giallo-verde, che c’era stato un preciso impegno in campagna elettorale, sancito proprio dall’intesa tra Governo, Miur e sindacati del 24 aprile scorso: “in quell’occasione – scrive oggi Orizzonte Scuola – il Governo si è impegnato a reperire le risorse necessarie a far recuperare al personale della scuola la perdita del potere d’acquisto. Allo stesso tempo, nel corso del triennio di vigenza del Contratto (2019/21), si è assunto l’impegno ad allineare progressivamente gli stipendi dei docenti e degli ATA italiani a quelli dei colleghi europei”.
“Il ministro Bussetti, pur rinviando la quantificazione degli aumenti alla legge di bilancio 2020, ha parlato di ‘aumento a tre cifre’. Gli aumenti mensili, secondo il Corriere, dovrebbero essere di 100 euro. Simile la stima de “Il Messaggero”, secondo cui gli aumenti saranno di 95 euro o poco più. È questa dunque la partita che si giocherà: a partire dai 95 euro calcolati per il recupero dell’inflazione, fino a che punto il Governo sarà disposto ad alzare l’asticella per riconoscere il prestigio sociale degli insegnanti?”. È di questi giorni la proposta, fatta da alcuni sindacati al premier Giuseppe Conte, di avere cifre stipendiali maggiori con la detassazione degli aumenti e con la mancata applicazione delle tasse sui primi 16 mila euro dello stipendio. Ma siamo sempre nell’ordine delle proposte, nulla di più.
“La verità – commenta Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief – è che l’intesa di fine aprile serviva al Governo, soprattutto alla Lega, a ricevere consensi in vista delle elezioni europee. In quell’accordo, si indicava sì la necessità estrema di adeguare gli stipendi dei nostri docenti e Ata rispetto agli standard europei e internazionali, visto che i colleghi di Germania e l’Olanda percepiscono il doppio dei compensi, ma non si faceva riferimento a nessuna strada perché ciò si realizzasse. Nel frattempo, l’applicazione della vacanza contrattuale ha portato prima in media 3,90 euro ai collaboratori scolastici e 5,60 euro ai docenti, poi gli incrementi per scaglioni stipendiali e con l’attuale mese di luglio aumenti tra i 6 e gli 11 euro”.
“Sono cifre che si commentano da sole, che non meritano ulteriori commenti – afferma ancora Pacifico – anche perché diversi dipendenti nemmeno se ne sono accorti, visto che le addizionali regionali e comunali, applicate per sopperire ai tagli agli enti locali, sono state anche superiori. Non dimentichiamo, poi, che il gap nel caso dei precari è ancora più altro, visto che rimangono fermi allo stipendio iniziale e anche quando vengono immessi in ruolo si vedono riconoscerne, ai fini dell’accreditamento degli scatti automatici in busta paga, solo una parte. Con tanto di primo ‘gradone stipendiale’, al terzo anno di carriera, svenduto dagli altri sindacati a mai riassorbito. Una condizione, tra l’altro, su cui la Commissione Europea ha avuto da ridire, andando a produrre, solo pochi giorni fa, una procedura d’infrazione contro l’Italia, alla quale il nostro Paese dovrà rispondere in meno di due mesi”.
Anief, nel frattempo, continua ad invitare tutti i lavoratori pubblici a presentare ricorso al giudice del lavoro, in modo di adeguare l’indice di incremento al tasso IPCA reale e non aggiornato dal settembre 2015.