Andarsene senza far rumore: un caso di disagio emotivo e dispersione

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Un’allieva che frequentava la classe 4 di un Istituto Commerciale con buoni risultati, all’inizio dell’anno scolastico ha iniziato ad evitare di prendersi cura di sé stessa e del suo disagio.
All’allieva era stata diagnosticata una profonda fragilità emotiva derivante da un profilo psicologico instabile con tratti di carattere masochista. Senza clamore la ragazza si è ritirata dalla scuola e per il team di sostegno è stato un doloroso fallimento.

L’allieva da sempre estremamente fragile, nel corso dei primi tre anni trascorsi nell’Istituto Commerciale ha manifestato una serie di comportamenti auto-frustranti nella vita emotiva, sociale e scolastica.
Per comprenderla e cercare di impostare con lei una vera e propria relazione d’aiuto, il team di sostegno ha approfondito una tematica nuova: il masochismo.

Si tratta della condizione in cui l’individuo ha perso il rispetto di sè ed è talmente abituato a vivere un sentimento di inferiorità che tende a riprodurlo di continuo.

Il masochista percepisce come piacere tutto ciò che l’individuo normale vive come dolore  e rivolge contro sé stesso la propria distruttività sadica.
Per chi viene intrappolato in questa logica malata fin dall’infanzia diventa molto difficile uscirne perché ha difficoltà a instaurare legami solidi: poiché non ha più fiducia nelle persone, non accetta nemmeno le loro rassicurazioni e rimane schiavo del proprio delirio.

Coerentemente col profilo, Rita aveva sviluppato una personalità insicura e compiacente con frequenti reazioni passivo-aggressive  che sfuggivano alla sua consapevolezza.

Mentre l’attività scolastica procedeva in modo regolare e sembrava che le due insegnanti di sostegno che per alcune ore alla settimana lavoravano con lei avessero instaurato dei rapporti sereni e funzionali, si è presentato un episodio molto grave: ai servizi Rita si è ferita alla cosce con un paio forbici.
L’autolesionismo è il danneggiamento del proprio corpo attraverso lesioni autoinflitte che manifesta in modo accentuato le difficoltà di controllare le proprie reazioni emotive.

Questo comportamento è stato il segnale del grave disagio, del dolore, dell’ansia, del senso di confusione e di vuoto che Rita stava vivendo.
Nel periodo immediatamente successivo all’episodio, Rita ha iniziato una terapia psicologica dialettico-comportamentale con la quale ha imparato a dare importanza alle proprie emozioni positive per sviluppare strategie utili per tollerare i nuovi elementi critici che si presenteranno in futuro.
Dopo l’episodio di autolesionismo, Rita ha continuato a frequentare il quarto anno seguendo con interesse le lezioni, prendendo appunti e svolgendo i compiti a casa con regolarità.

Le due docenti di sostegno hanno preso contatto con la psicologa che lavorava con Rita per la terapia psicologica.

Dal punto di vista cognitivo, Rita confermava le abilità mnemoniche deficitarie che aveva manifestato nel corso degli anni precedenti, cioè una memoria di lavoro cadente, ma riusciva a compensare grazie all’impegno costante e all’attività delle insegnanti di sostegno che svolgevano la funzione di mediatori didattici.

L’allieva stava acquisendo una crescente consapevolezza dei propri processi cognitivi e del proprio stile di apprendimento, imparando a riconoscere le potenzialità e a lavorare sulle criticità.

Tuttavia, all’inizio del quarto anno, Rita è stata assente per due settimane: una delle insegnanti di sostegno le ha telefonato ricevendo giustificazioni ovvie.

Il vero problema è che lei non voleva farsi aiutare e che aveva molta paura del giudizio degli adulti.

Forse nessuno ha dedicato abbastanza attenzione alle assenza di Rita che – senza fare rumore – ha comunicato alla segreteria didattica che desiderava ritirarsi dalla scuola.

Era diventata maggiorenne: così nella classe è stato sufficiente dichiarare di avere un’allieva in meno.

Un vero dolore per tutti i docenti e in particolare per le due insegnati di sostegno.

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