Analfabetismo geografico degli studenti, un problema diffuso. Con le Nuove Indicazioni Nazionali si cambia: “La geografia non serve solo a sapere localizzare monti, mari e fiumi”

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L’insegnamento della geografia torna al centro del dibattito. La recente decisione del Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, di istituire una commissione ad hoc, coordinata da Loredana Perla dell’Università di Bari, evidenzia la necessità di rivalutare il ruolo di questa disciplina nel curricolo scolastico.

“La geografia non serve solo a sapere localizzare monti, mari e fiumi”, precisa Perla in un’intervista a Italia Oggi, sottolineando l’importanza di una visione più ampia che consideri la geografia come strumento per comprendere l’organizzazione spaziale delle comunità umane, le disuguaglianze regionali e il rapporto tra uomo e ambiente. Un “grande organizzatore mentale dello spazio-mondo”, lo definisce Perla, fondamentale per formare cittadini consapevoli e responsabili.

Analfabetismo geografico: un problema diffuso

La carenza di ore dedicate alla geografia e la scarsità di docenti specializzati contribuiscono ad alimentare un diffuso analfabetismo geografico, come denunciato da Riccardo Morri, presidente dell’Associazione Nazionale Italiana Insegnanti di Geografia. “All’università il 90% degli studenti si presenta con gravissime lacune”, ha affermato Morri a Orizzonte Scuola, evidenziando la difficoltà dei giovani a interpretare i fattori geografici come chiave di lettura per altre discipline, dalla storia all’economia. Un problema che compromette la capacità di comprendere le sfide del presente, come migrazioni e cambiamenti climatici, fenomeni strettamente legati alla dimensione spaziale.

Oltre la geopolitica: una materia per il futuro

Il rinnovato interesse per la geopolitica, alimentato dall’attuale contesto internazionale, non deve oscurare la complessità della geografia, che va ben oltre lo studio del rapporto tra spazio e potere. “Riguarda il nostro quotidiano, le filiere produttive, l’impatto delle nostre scelte sull’ambiente”, sottolinea Mauro Varotto, docente all’Università di Padova, auspicando un superamento della visione nozionistica a favore di un approccio che colleghi la disciplina alle grandi emergenze del presente. Investire sulla formazione dei docenti e rendere la geografia autonoma dalla storia sono passi fondamentali per ridare centralità a una materia che, come afferma Varotto, ci rende “cittadini più consapevoli, meno manipolabili e, forse, anche più felici”.

Le principali novità

Le “Nuove Indicazioni Nazionali”, frutto del lavoro di una Commissione ministeriale, prevedono un ridimensionamento della Geostoria a favore di un approfondimento della storia italiana, con particolare attenzione alle origini, all’antica Grecia e Roma, ai primi secoli del Cristianesimo e ai popoli italici. Tra le novità più significative, la reintroduzione facoltativa del Latino a partire dalla seconda media e un maggiore spazio dedicato a letteratura, poesia ed educazione musicale. “Abbiamo disegnato il cammino di bambini e adolescenti dai 3 ai 14 anni”, ha spiegato Valditara.

L’obiettivo principale della riforma è potenziare le competenze linguistiche degli studenti, a partire dalla scrittura, “l’abilità più in crisi”, secondo il Ministro. Già dalla prima elementare, l’insegnamento della letteratura sarà adattato all’età degli allievi per incentivare il piacere della lettura e migliorare la scrittura. “L’idea è di sviluppare la storia come una grande narrazione, senza sovrastrutture ideologiche”, aggiunge Valditara, sottolineando l’importanza di una narrazione storica incentrata sull’Italia, l’Europa e l’Occidente.

La storia, nelle parole del Ministro, diventerà “la scienza degli uomini del tempo”, rivendicando una maggiore centralità per la storia nazionale. La riforma punta a valorizzare le radici culturali italiane, offrendo agli studenti una prospettiva storica che metta in luce le vicende e le trasformazioni della penisola italiana dalle origini fino ai giorni nostri.

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