ANAC richiama il Comune di Napoli per l’adeguamento sismico delle scuole: irregolarità nella gara d’appalto

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La Città Metropolitana di Napoli è stata recentemente oggetto di un richiamo da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) riguardante l’appalto per l’adeguamento sismico degli edifici scolastici.

Secondo la delibera n. 453 del 13 settembre 2023, l’ANAC ha identificato due problematiche significative: la mancanza di chiarezza negli atti di gara e la violazione del principio di adeguata remunerazione dei professionisti coinvolti, quali progettisti, architetti e ingegneri.

In primo luogo, è emerso che la documentazione tecnica allegata al bando non forniva indicazioni sufficienti per identificare chiaramente l’oggetto e l’entità delle prestazioni richieste. Questa mancanza di trasparenza ha impedito agli operatori economici di formulare offerte consapevoli e attendibili, mettendo a rischio i principi di trasparenza e par condicio.

La carenza di elementi chiari ha altresì limitato la capacità degli operatori economici di valutare l’onere richiesto per l’espletamento delle attività. Secondo l’ANAC, questo avrebbe potuto scoraggiare la partecipazione al mercato, restringendo la concorrenza.

Un altro punto di contestazione riguarda la richiesta di esecuzione di attività di “metaprogettazione”, considerate aggiuntive rispetto a quelle stabilite dal bando. Tali attività comprendono l’acquisizione e l’analisi critica dei dati relativi alle verifiche di vulnerabilità sismica. L’ANAC evidenzia che queste prestazioni, non adeguatamente compensate, non sono state considerate nella valutazione degli importi dei servizi richiesti.

Infine, l’ANAC ha richiamato le proprie Linee Guida, sottolineando che per assicurare una retribuzione adeguata ai professionisti, non possono essere richieste prestazioni ulteriori rispetto a quelle previste dal bando. L’entità della remunerazione dovrebbe riflettere tutte le prestazioni richieste, incluse quelle relative ai livelli di progettazione omessi.

Il mancato rispetto di questo principio violerebbe l’art. 36 della Costituzione Italiana, che garantisce al lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.

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