Allarme scabbia in una scuola primaria. I genitori: “Siamo costretti a vivere nell’angoscia”

Allarme scabbia in classe in una scuola primaria di Riccione. L’Ausl Romagna è già stata allertata e la gestione dei casi è sotto controllo. Ma fra i genitori l’ansia cresce.
“Si tratta di un caso di minore in una scuola primaria di Riccione – spiegano dall’Azienda sanitaria, si legge su Il Resto del Carlino -. E’ già stata attivata la procedura per la gestione dei contatti a rischio con il caso interessato”.
La lettera ai genitori è stata recapitata nel fine settimana scorso. “Sono un genitore di un bimbo della scuola elementare di Riccione Paese. Ci siamo visti recapitare sabato l’ennesima lettera dalla Ausl di Rimini – racconta un genitore – perché a un compagno di classe e stata diagnosticata la scabbia. E già la seconda volta che ci viene recapitata una lettera simile nel 2023. La prima volta ci è stata inviata nel giugno scorso”.
I sanitari hanno dato indicazioni alle famiglie su come gestire il tutto e come comportarsi nelle prossime settimane: “La scabbia è una malattia della pelle, una dermatite procurata da un acaro che si trasmette per contatto personale stretto e prolungato con la persona affetta“, ha scritto l’Ausl alle famiglie dei compagni di classe del minore in cui è stato riscontrato il caso di scabbia.
Tuttavia proprio per la necessità di un contatto prolungato per contrarre la malattia “è molto difficile che il contagio avvenga in ambito scolastico o ricreativo“.
Gli alunni a questo punto dovranno essere monitorati nelle prossime settimane dato che la dermatite può mostrarsi dopo pochi giorni, ma anche dopo quattro o sei settimane dopo il contagio, questi i tempi di incubazione.
Il prossimo 8 novembre sarà il personale di Ausl a fare le opportune verifiche direttamente a scuola per identificare eventuali altri casi.
Intanto tra i genitori c’è chi sta perdendo la pazienza. “Noi genitori siamo stanchi di questa situazione – scrive un genitore -. Nelle prossime settimane dovremo vivere con mille attenzioni e con l’angoscia che i nostri figli possano essere stati a loro volta contagiati e possano contagiare la comunità“.