Algoritmo mobilità 2016: perizia tecnica svela pasticcio che ha dirottato insegnanti lontano dalla provincia scelta

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Gilda degli Insegnanti – Si fa luce sul mistero del software utilizzato dal Miur nelle operazioni di mobilità 2016/2017 e che ha provocato molti ricorsi da parte dei docenti vittime degli errori nelle assegnazioni agli ambiti territoriali.

A fare luce è una perizia tecnica commissionata dalla Gilda degli Insegnanti, che per prima ha presentato ricorso al Tar Lazio per l’accesso agli atti negato dal ministero dell’Istruzione, a un pool di esperti informatici delle università di Tor Vergata e La Sapienza di Roma.

Confuso, lacunoso, ampolloso, ridondante, elaborato in due linguaggi di programmazione differenti, di cui uno risalente alla preistoria dell’informatica, costruito su dati di input gestiti in maniera sbagliata.

Sono questi i termini utilizzati dal pool di esperti informatici delle università di Tor Vergata e La Sapienza per descrivere l’algoritmo della mobilità 2016/2017 responsabile del caos nei trasferimenti dello scorso anno scolastico.

Su richiesta della Gilda degli Insegnanti e dell’avvocato Michele Bonetti, che ha curato il ricorso del sindacato al Tar del Lazio per ottenere l’accesso agli atti negato dal Miur, gli ingegneri Alessandro Salvucci, Maurizio Giorgi, Emilio Barchiesi e Matteo Scafidi hanno analizzato il codice sorgente fornito dal ministero dell’Istruzione dopo la sentenza di condanna nei suoi confronti da parte del tribunale amministrativo. Risultato dello studio è una perizia tecnica dalla quale emergono molte anomalie che lasciano ben poco spazio ai dubbi sulla responsabilità dell’algoritmo negli errori di assegnazione agli ambiti territoriali.

Nella relazione tecnica si legge che sono stati utilizzati due linguaggi di programmazione diversi: per la fase A della mobilità il COBOL, datato e ormai sostituito da nuovi e più performanti linguaggi di sviluppo, anche in termini di sintassi logico-aritmetica; per le fasi B, C e D, il linguaggio C.  “Salta subito all’occhio che non sono stati osservati i più basilari criteri di programmazione che notoriamente si applicano.

Difatti – scrivono gli analisti nella perizia – anche alla luce della semplicità dell’operazione richiesta, non si comprende quali siano le ragioni che hanno indotto il programmatore a creare un sistema ampolloso, ridondante e non orientato alla manutenibilità, specie come nel caso della fase A dell’algoritmo. Ciò anche in considerazione del fatto che è statisticamente provato che un software che deve eseguire operazioni elementari dal punto di vista logico, se consta di un gran numero di righe di codice, ha più probabilità di presentare errori e malfunzionamenti al suo interno. L’aver articolato in tale maniera un algoritmo che doveva svolgere funzioni relativamente semplici  – sottolineano gli ingegneri – è anche sinonimo di un lavoro confuso e frammentario, più volte maneggiato nel tempo anche da parte di programmatori diversi che hanno osservato standard di descrizione differenti”.  La scarsa chiarezza del codice si evidenzia anche nella mancanza di alcune righe del listato.

Un altro aspetto rilevante messo in luce dall’indagine riguarda la mancanza di alcuni dati nel codice delle fasi B, C e D: non viene fornita, infatti, la documentazione che attesta la struttura e il formato del  database con cui si gestiscono le informazioni di input e output e necessaria per verificare la correttezza del programma.

“Altra importante zona d’ombra – si legge ancora nella perizia – si riscontra nelle modalità di predisposizione materiale dei dati di ingresso (graduatorie, dati insegnanti ecc.) sui quali è stata eseguita l’elaborazione; in particolare, data la carenza di tale documentazione, non si riesce a comprendere se tali dati siano stati ceduti alla società che ha sviluppato l’algoritmo e da essa elaborati o se, una volta predisposto l’algoritmo, questo sia stato ceduto al Miur che ne ha gestito il funzionamento (input e output dei dati) sino alla pubblicazione delle nomine dei docenti.

È evidente che la mancanza di tali precisazioni, così come la mancanza dei file richiamati all’interno del codice, del database, dei file che il software utilizza in lettura e scrittura dei dati (non tanto nei contenuti quanto nella forma) nonché delle specifiche tecniche, configura una condotta poco trasparente, nonostante l’intervenuto ordine di ostensione dei dati e degli atti da parte del Tar, nei confronti del ministero. Tali omissioni inficiano in maniera irreversibile la possibilità di un completo controllo sulle concrete modalità di utilizzo dell’algoritmo e, quindi, sulle modalità che hanno determinato lo spostamento degli insegnanti sul territorio nazionale”.

“Ciò che emerge dall’analisi degli esperti informatici, unito alle numerose sentenze della magistratura che hanno condannato il Miur dando ragione ai ricorsi dei docenti, – commenta Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – dice chiaramente che l’algoritmo, così come è stato concepito, non poteva funzionare correttamente. Alla luce di quanto rilevato dalla perizia, chiediamo al Miur di spiegare perché nel codice mancano alcune parti e il motivo per cui sono stati utilizzati due linguaggi di programmazione diversi per le fasi della mobilità. Il ministero – conclude Di Meglio – farebbe bene anche a indagare se il costo sostenuto per l’algoritmo è congruo rispetto ai prezzi di mercato”.

La perizia

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