Albo educatori e pedagogisti, Saraceno: “Obbligo di iscrizione genera confusione, rischia di aggravare la carenza di personale qualificato”

In un intervento su La Stampa, la sociologa Chiara Saraceno analizza la complessa situazione dei nidi d’infanzia in Italia, mettendo in luce le criticità del sistema e le contraddizioni della recente normativa in materia di professioni educative.
Saraceno parte dalla cronica carenza di asili nido nel nostro paese, un problema che costringe molte famiglie a rinunciare al lavoro o a ricorrere a soluzioni costose e spesso poco qualificate. Ma la carenza di posti disponibili, sottolinea la sociologa, è solo la punta dell’iceberg. A mancare sono anche educatrici ed educatori adeguatamente formati e retribuiti, scoraggiati dalla precarietà del settore e dalla disparità di trattamento economico e contrattuale tra strutture pubbliche, private e del terzo settore.
La legge 66/2017, pur avendo incluso i nidi d’infanzia nel sistema educativo 0-6 anni, richiedendo la laurea triennale in Scienze della Formazione per il personale educativo, non è stata applicata in modo uniforme. Molti nidi privati, e persino alcuni comuni, continuano ad assumere personale senza i requisiti previsti dalla legge, contribuendo a creare una immagine poco qualificata del lavoro educativo nei servizi per la prima infanzia.
In questo contesto già frammentato, la recente legge 15 aprile 2024, n. 55, anziché fare chiarezza, ha introdotto un elemento di ulteriore confusione. La legge, nell’istituire gli albi professionali per diverse figure educative, ha incluso tra queste anche gli educatori dei servizi per l’infanzia, equiparandoli di fatto agli educatori socio-pedagogici.
Una scelta, questa, che Saraceno definisce “non accettabile”, poiché non tiene conto della specificità del lavoro educativo nei nidi, che si rivolge a bambini molto piccoli e richiede competenze pedagogiche e relazionali peculiari. L’iscrizione all’albo, inoltre, non aggiunge nulla in termini di qualificazione professionale, già garantita (almeno sulla carta) dalla normativa vigente, ma rischia di creare ulteriori ostacoli burocratici e di aumentare i costi per le famiglie.
La sociologa sottolinea come l’obbligo di iscrizione all’albo, oltre a essere inappropriato, rischia di aggravare la carenza di personale qualificato nei nidi. Molti comuni, infatti, si troverebbero a dover fare i conti con educatrici ed educatori sprovvisti dei requisiti per l’iscrizione all’albo, con il rischio concreto di dover sospendere il servizio.
Saraceno conclude il suo intervento lanciando un appello al governo affinché riveda la norma sull’albo, accogliendo la richiesta del Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia e di molte altre realtà del settore. Un appello che mette al centro il diritto dei bambini ad un’educazione di qualità fin dai primi anni di vita, un diritto che passa attraverso il riconoscimento e la valorizzazione del lavoro educativo nei nidi d’infanzia.
La risposta di APEI
Il Comitato tecnico scientifico APEI, in una nota, spiega che la recente istituzione dell’Ordine delle Professioni Pedagogiche ed Educative con la Legge 55/2024 rappresenta un traguardo storico per il riconoscimento della professionalità pedagogica. Tuttavia, è fondamentale garantire che questa conquista non si traduca in una frammentazione della figura dell’educatore.
L’inclusione della qualifica di “Educatore dei servizi educativi per l’infanzia” all’interno dell’Albo dell’Educatore Professionale Socio-Pedagogico, prevista dalla Legge 55/2024, è una scelta di grande valore che riconosce l’importanza della qualificazione professionale in questo ambito. Tuttavia, è fondamentale evitare di creare una separazione netta tra le due figure professionali.
L’educatore, indipendentemente dall’età degli utenti con cui opera, deve possedere una solida formazione pedagogica di base, con radici nell’educazione della prima infanzia. Come evidenziato dalle più recenti ricerche neuroscientifiche e neuropedagogiche, i primi anni di vita sono cruciali per lo sviluppo dell’individuo e richiedono un approccio educativo specifico e qualificato.
Frammentare l’esperienza educativa in compartimenti stagni, basati sull’età degli utenti, significherebbe perdere di vista la globalità dell’essere umano e la continuità del suo percorso di crescita. L’educatore, come un abile regista, deve saper cogliere la visione d’insieme, accompagnando l’individuo in ogni fase del suo sviluppo.
La Legge 55/2024, riconoscendo l’autonomia scientifica e la responsabilità deontologica dell’Educatore Professionale Socio-Pedagogico, abilitato ad operare in tutti i contesti educativi, formali, non formali e informali, pone le basi per una visione unitaria e qualificante della professione.
A garanzia di un’elevata qualità pedagogica del sistema integrato 0-6, la legge affida al pedagogista il ruolo di coordinamento pedagogico. Tale figura, in qualità di esperto dei processi educativi e formativi, garantisce la coerenza e la qualità dell’intervento educativo, in sinergia con gli educatori, le famiglie e il territorio.