Agorà 33: “Caro Galli della Loggia, il problema non è l’inclusione ma lo smantellamento della scuola pubblica”

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“Qualcuno dovrebbe dire a Galli della Loggia che il problema della scuola italiana non è l’inclusione – cosa c’è, o ci sarebbe, di più inclusivo che dare un’istruzione pubblica di qualità a tutti i futuri cittadini? – ma l’uso strumentale della splendida idea dell’inclusione per portare avanti lo smantellamento della scuola pubblica”.

Lo scrive il Gruppo La nostra scuola – Associazione Agorà 33, prendendo parte al dibattito iniziato dallo storico Ernesto Galli della Loggia che pochi giorni fa in un editoriale su Il Corriere della Sera ha riflettuto sull’inclusione della scuola italiana.

Insegnare a tutti i futuri cittadini la matematica e le lingue, o fargli scoprire la ricchezza del pensiero, delle scienze, della letteratura, ha un costo e richiede un grande investimento di risorse, a favore soprattutto degli studenti più in difficoltà, come i non madrelingua, se non si vogliono ridurre il disagio e le difficoltà soltanto a certificazioni burocratizzate che lasciano le cose esattamente come stanno“, proseguono.

Tra tante “riforme” dissennate che investono e stravolgono la scuola anno dopo anno, non ce n’è una che preveda ciò che è davvero indispensabile: avere degli adulti che possano dedicare più tempo, attenzione e affetto a persone in crescita che imparano soprattutto attraverso la relazione. Occorrerebbe prima di tutto ridurre il numero degli studenti in classi in cui ne sono stipati fino a 32-34“, aggiunge il gruppo.

L’idea invece che si faccia inclusione non insegnando più nulla, sostituire la matematica con le “life skills”, con un “orientamento” para-aziendalistico sempre più precoce, con i visori sulla faccia degli studenti in “ambienti di apprendimento innovativi” o con la burocrazia dell’ “e-portfolio” delle “competenze” non solo permette di tagliare la spesa pubblica ma crea una grande mangiatoia per “formatori” e affini, e una filiera di inutile e redditizia “economia dell’innovazione” (secondo la definizione che ne danno Laval e Vergne, nel libro Educazione democratica), che nutre degli enormi interessi privati anziché la crescita umana e culturale degli studenti, sempre più abbandonati a se stessi“, conclude il gruppo Agora 33.

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