Affinati: “La lettera della preside Savino come quella di Don Milani. Non accettare passivamente la realtà, ma conoscerla e interpretarla”

Il noto scrittore Eraldo Affinati, impegnato da anni nell’insegnamento e fedele all’insegnamento di Don Lorenzo Milani, ha analizzato a La Repubblica gli sviluppi delle recenti manifestazioni studentesche e, in particolare, l’apparizione di uno striscione con Giorgia Meloni e Giuseppe Valditara a testa in giù al liceo Carducci di Milano.

Interpellato sull’eventualità di uno scontro sociale, Affinati ha espresso la sua opinione secondo cui gli estremismi, sebbene ancora presenti, non hanno più la forza sociale di un tempo. Ciò non significa negare il rischio di involuzione autoritaria, ma è necessario creare le premesse per atti comuni, invece di enfatizzare le proprie identità. La scuola pubblica rappresenta il luogo ideale in cui si possono creare relazioni umane di qualità.

Riferendosi alla lettera della preside Savino ai ragazzi del liceo Carducci, Affinati ha evidenziato la somiglianza con la lezione di Don Milani. Il priore di Barbiana, infatti, cercava di insegnare ai suoi studenti a sviluppare uno spirito critico e non accettare passivamente la realtà.

Quando gli è stato chiesto se leggerebbe la lettera ai suoi allievi, Affinati ha espresso la sua completa condivisione del testo, ma ha evidenziato la necessità di non lasciare mai da soli coloro che continuano ad alzare muri e decantare frontiere. Il compito del docente, infatti, è anche quello di lavorare con gli studenti che commettono errori.

In relazione alla lotta contro l’indifferenza, Affinati ha sottolineato che si tratta di una conquista quotidiana, che riguarda tutti e non solo i giovani. Il fatto che molti italiani non partecipino al voto rappresenta una ferita sanguinosa.

Infine, in relazione alla recente polemica sulla gestione del naufragio di Cutro e alle dichiarazioni del ministro Piantedosi sul “carico residuale”, Affinati ha espresso la sua indignazione e ha sottolineato la necessità di superare gli errori culturali della classe politica, ponendo sempre al primo posto il bene comune.