Addio alle parole ‘sindaca’ e ‘rettrice’, i vertici della Lega chiedono il ritiro del disegno di legge: “Iniziativa personale del senatore Potenti. Non rispecchia la linea del partito”

Sembra diventare un giallo la questione legata al disegno di legge proposto dal senatore Manfredi Potenti, che mira a vietare l’uso del femminile per i titoli istituzionali, professionali e onorifici negli atti pubblici.
Infatti, in base a quanto risulta, fonti avrebbero riportato il pensiero dei vertici del partito, che non condividerebbero la proposta del senatore.
“La Lega precisa che la proposta di legge del senatore Manfredi Potenti è un’iniziativa del tutto personale“, riferiscono fonti interne alla forza politica.
“I vertici del partito, a partire dal capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, non condividono quanto riportato nel Ddl Potenti il cui testo non rispecchia in alcun modo la linea della Lega che ne ha già chiesto il ritiro immediato“.
Dunque, un polverone che si è alzato in poche ore e che potrebbe anche diventare un boomerang per il partito guidato da Matteo Salvini, già ai ferri corti con Forza Italia, l’altra forza di centro-destra della maggioranza.
Il disegno di legge aveva fatto storcere il naso all’Accademia della Crusca, che per bocca di Claudio Marazzini, presidente onorario, ha bocciato in toto la questione.
Il disegno di legge
Secondo il progetto di legge leghista andrebbero banditi termini come sindaca, questora, avvocatessa, rettrice per “preservare l’integrità della lingua italiana” e contrastare “tentativi ‘simbolici’ di adattarne la definizione alle diverse sensibilità del tempo”.
Il disegno di legge prevede sanzioni salate per chi non si adegua: multe da 1.000 a 5.000 euro per chi utilizza il genere femminile in atti e documenti emanati da enti pubblici o finanziati con fondi pubblici.