Addio a Bruno Pizzul, storico telecronista. Quando disse: “Insegnare era un mestiere stupendo, ti dava quel senso di utilità unico”

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Il mondo del giornalismo sportivo è in lutto per la scomparsa di Bruno Pizzul, storica voce della Nazionale italiana di calcio, spentosi all’età di 86 anni. Pizzul fu assunto in Rai nel 1969 e l’anno seguente commentò la sua prima partita (Juventus-Bologna, spareggio di Coppa Italia). Dalla Coppa del Mondo del 1986 è diventato la voce delle partite della Nazionale ed è stato il telecronista delle gare degli Azzurri in occasione di cinque Campionati del Mondo e quattro Campionati Europei, congedandosi nell’agosto 2002 (Italia-Slovenia 0-1).

Prima di diventare il narratore delle emozioni calcistiche che hanno accompagnato generazioni di italiani, Pizzul ha percorso un cammino professionale poco noto ai più: quello dell’insegnamento.

La cattedra prima della telecronaca

La carriera di Pizzul è iniziata nelle aule scolastiche, dove per tre anni ha ricoperto il ruolo di docente di lettere alle scuole medie. “Ho fatto il professore di lettere per tre anni, alle medie: insegnavo storia, geografia, italiano e latino”, aveva raccontato in un’intervista a La Repubblica. L’esperienza da educatore ha lasciato un segno profondo, tanto che ancora oggi ex allievi lo fermavano per strada con la classica domanda: “Professore, si ricorda di me?”. Un bivio professionale significativo si presentò quando, contemporaneamente, ricevette la nomina a professore di ruolo in storia e filosofia al liceo di Monfalcone e la notizia di aver superato il concorso da telecronista.

L’eredità di un maestro che riconosceva i maestri

La sensibilità di Pizzul verso il valore della formazione si rifletteva anche nel suo approccio al giornalismo. “I maestri sono fondamentali”, amava ripetere, citando figure che lo hanno ispirato come Beppe Viola, Gianni Mura, Mario Fossati, Emanuela Audisio e Vittorio Zucconi. Del periodo trascorso con questi colleghi ricordava con nostalgia “quel modo allegro di stare insieme e fare bisboccia dopo avere scritto in modo impeccabile”. La sua capacità di unire rigore professionale e calore umano ha rappresentato una lezione preziosa per il giornalismo contemporaneo, specialmente in un’epoca in cui la velocità dell’informazione rischia di sacrificare la profondità dell’analisi e la qualità della narrazione.

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