Accorpamento scuole, non esiste una dimensione ottimale dell’istituzione scolastica. Come si può contestare. Sentenze

Una interessante sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 17/02/2020, n. 1215 affronta la questione del dimensionamento scolastico. I giudici rilevano che gli atti di fusione, scissione o soppressione di istituiti scolastici sono espressione della potestà di autorganizzazione dell’Amministrazione e conseguentemente determinano le conseguenze del caso.
Vediamo alcuni principi affermati nella sentenza in questione:
Non esiste una dimensione ottimale dell’istituzione scolastica
“L’incidenza dell’atto organizzatorio sulla qualità del servizio in relazione ai requisiti di dimensione ottimale dell’istituto in base a prestabiliti parametri normativi non integra l’interesse attuale e concreto che sorregge l’impugnazione. Non esiste, infatti, una « dimensione ottimale » dell’istituzione scolastica, né un optimum in termini assoluti in materia di organizzazione scolastica, poiché i parametri normativi in materia sono tendenziali e flessibili, proprio per consentire un miglior adeguamento della struttura scolastica alle sempre cangianti e molteplici esigenze dell’utenza e spetta all’Amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, ragionevolmente adattarli alla situazione concreta nella cura dell’interesse pubblico ad essa affidato”.
Il dimensionamento scolastico non determina automaticamente l’interesse ad agire per la comunità scolastica
“Il superamento dei requisiti dimensionali, tendenziali e derogabili, non è quindi né espressione né dimostrazione di un concreto interesse ad agire in capo a genitori ed insegnanti, incombendo ai ricorrenti l’onere di allegare e fornire almeno un principio di prova circa un irragionevole peggioramento della situazione, in termini di organizzazione dell’offerta formativa o di fruizione del servizio scolastico, che conseguirebbe dalla creazione di Istituti Comprensivi o dall’accorpamento amministrativo dei vari istituti, non essendo contestabile né contestato che gli atti di riorganizzazione, impugnati in prime cure, non determinassero alcun mutamento in ordine alla sede delle scuole, alla consistenza della popolazione studentesca o al livello dell’offerta formativa.
Pertanto, la legittimazione dei genitori, degli insegnanti e del personale a ricorrere avverso gli atti organizzativi riguardanti l’assetto e la sistemazione degli istituti scolastici non deve essere confusa con la verifica dell’interesse ad agire, che presuppone la prospettazione di una concreta lesione, da parte dell’atto programmatorio scolastico, nella sfera giuridica degli interessati, lesione che non può ritenersi effetto automatico o implicito di quello che l’Amministrazione ritiene, al contrario, un miglior assetto organizzativo della rete scolastica nel territorio, impresso proprio dal Piano avversato (cfr. ad es. Consiglio di Stato , sez. VI , 12/11/2013 , n. 5383)”.
Per contrastare il dimensionamento scolastico bisogna provare l’esistenza dei pregiudizi che si subiscono
È pur vero però che, riconosciuta in tal guisa la legittimazione a ricorrere ai genitori degli allievi, ai docenti e al personale tecnico amministrativo in ordine alla qualità del servizio con riferimento ai requisiti dimensionali, come ricorda correttamente la sentenza impugnata, l’affermazione dell’esistenza di un interesse concreto e attuale alla favorevole definizione del ricorso deve comunque e sempre accompagnare, in tali casi, la sua proposizione. In altre parole, nel dolersi degli strumenti pianificatori di cui si tratta gli originari ricorrenti avrebbero dovuto fornire quanto meno concreti indizi in ordine alla natura e portata dei pregiudizi che – in quanto genitori degli alunni appartenenti ai due istituti scolastici che si andavano a scorporare, ovvero in quanto appartenenti al personale docente e amministrativo degli istituti stessi – sarebbero andati inevitabilmente o, quanto meno, verosimilmente ad affrontare (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 13 aprile 2010, n. 2054)”.
Le ipotesi in cui si può contestare il dimensionamento scolastico
“Solo nell’ipotesi, invero, di adozione, in prospettiva, di provvedimenti di rimodulazione e/o diversa assegnazione di alunni, docenti o altri dipendenti (o aggravamento dei compiti di questi ultimi o di obbligata rinuncia a servizi scolastici essenziali) i provvedimenti in esame, quali necessari presupposti rispetto a tali future determinazioni, potrebbero, infatti, essere investiti di impugnativa in una con le scelte pianificatorie di cui si controverte (così, ancora e a titolo esemplificativo di tale condivisibile orientamento, la cit. sentenza n. 2054 del 2010). Sulla scorta di tale inquadramento, il ricorso di prime cure è rimasto privo di adeguato riscontro circa il concreto pregiudizio, nei termini appena descritti, che i genitori, gli insegnanti e il personale tecnico amministrativo risentirebbero dall’impugnato Piano di dimensionamento. Ne consegue la sussistenza dei presupposti per la dichiarata carenza di interesse ad agire in capo agli originari ricorrenti, nei termini condivisibilmente prospettati dalla sentenza impugnata”.