Abilitazione e concorso per i dottori di ricerca: come valorizzarli. Lettera

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inviata da Mariarita Barone – Giorno 24 Aprile 2019 è stato siglato l’accordo tra Governo e Organizzazioni sindacali del comparto istruzione e ricerca. L’intesa riguarda in particolare la stabilizzazione dei precari storici (docenti che possiedono ben 36 mesi di servizio nella scuola secondaria di I e II grado). 

L’intesa afferma che:
“… il Governo garantirà con cadenza regolare l’indizione di concorsi per il personale docente. In prima attuazione, e anche tenuto conto della recente normativa in materia pensionistica di cui al decreto legge n. 4 del 2019 (c.d. quota 100), il Governo, nel rispetto del principio costituzionale dell’accesso al pubblico impiego tramite concorsi pubblici, individuerà le più adeguate e semplificate modalità per agevolare l ‘immissione in ruolo del personale docente che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi.
In via transitoria, il Governo si impegna altresì a prevedere percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi finalizzati all’ immissione in ruolo.”
Questo accordo esclude in maniera illogica la categoria Dottori di Ricerca!
Il dottorato di ricerca è un titolo accademico post lauream, corrispondente al terzo ciclo dell’istruzione universitaria, introdotto nel nostro sistema universitario dalla legge n. 28 del 1980 ed equivalente a quello che nei Paesi anglosassoni viene comunemente chiamato, col nome della qualifica conseguente, “Doctor of Philosophy” (o, più semplicemente, con l’acronimo Ph.D.).
Per esservi ammessi, occorre superare un selettivo concorso pubblico per esami, per un numero di posti assai esiguo per ciascun settore disciplinare, bandito dalle più importanti Università pubbliche e private, e per la metà dei posti messi a concorso (quindi, per uno o due vincitori, eccezionalmente tre) sono previste per il dottorando delle borse di studio, di circa tredicimila euro l’anno.
Con la vincita del concorso si viene ammessi ad un corso triennale di studi, che comporta lo svolgimento continuativo di attività di studio e di ricerca nell’ambito di un programma fissato dal collegio dei docenti e la frequenza obbligatoria di corsi, seminari e convegni, nonché, a discrezione dei docenti, una limitata attività didattica e di tutoring. Se il progetto di ricerca lo richiede, il dottorando può svolgere periodi di studio in università o alte istituzioni educative straniere, previa autorizzazione del collegio dei docenti. Annualmente il frequentatore del dottorato di ricerca ha l’obbligo di presentare una particolareggiata relazione sui corsi e seminari seguiti, sulle pubblicazioni scientifiche scritte, sull’attività e le ricerche svolte, al collegio dei docenti, che, sulla scorta di tali elementi, propone al Rettore l’esclusione dello studioso o il prosieguo del dottorato.
Al termine del triennio consegue il titolo di dottore di ricerca il corsista che avrà conseguito risultati di rilevante valore scientifico accertati da un’apposita commissione di docenti e documentati da una dissertazione finale scritta, pubblicata a beneficio sia della comunità scientifica che di chiunque, per motivi professionali o non, sia interessato allo studio.
Il Ph.D., dunque, è titolo di studio più elevato nel quadro dei titoli attribuiti in Italia. Malgrado i Dottori di Ricerca siano spesso chiamati a formare i futuri insegnanti nei corsi, prima di SISS, poi di TFA o PAS e recentemente di FIT, il titolo di Ph.D. è ritenuto inferiore ai laureati con 36 mesi di servizio e l’esperienza maturata in tre anni di corso dottorale non viene considerata se non marginalmente in termini di punti.
Non sono previsti percorsi agevolati e l’esperienza didattica accumulata nel corso del dottorato non viene ritenuta determinante in alcun modo e spesso è chiesto loro di recuperare debiti formativi con esami singoli. È da segnalare, infatti, che proprio in ragione dell’ampio bagaglio di conoscenze e di competenze acquisite durante il percorso dottorale, il Dottorato di Ricerca costituisce titolo preferenziale per l’affidamento degli incarichi di docenza universitaria a contratto ai sensi dell’art. 23 della L. 23 dicembre 2010 n. 240. La formazione professionale acquisita nel concreto espletamento delle funzioni di docente viene ad essere ingiustamente disconosciuta a fronte della collocazione in III fascia delle graduatorie di Istituto (quindi tra i soggetti privi di abilitazione poiché in possesso di sola laurea).
In relazione alle caratteristiche formative del corso di dottorato, si segnala che i dottori di ricerca conseguono un numero di crediti formativi universitari pari a 180 crediti. Inoltre, è doveroso mettere in evidenza che il percorso di dottorato e le esperienze successive in ambito accademico portano ad acquisire competenze nell’ambito delle nuove tecnologie informatiche e delle lingue straniere, competenze che nelle ultime riforme scolastiche sono state più volte citate come abilità da potenziare in ambito scolastico (esempio CLIL, TIC ecc.)
Ma vi è di più in data 18 gennaio 2017 (annunciato nella seduta pom. n. 746 del 24 gennaio 2017) l’onorevole Giovanni Mauro ha presentato un Disegno di Legge per valorizzare il titolo di Dottore di Ricerca nella Pubblica Amministrazione “Disposizioni per riconoscere il titolo di dottore di ricerca come abilitante per la classe di concorso attinente al dottorato e per l’inserimento nelle graduatorie d’istituto di II fascia”.
Il documento in questione mette in evidenza che “In Italia, il nostro titolo è considerato valido per poter insegnare nelle università ma non è considerato valido per la funzione di docente nelle scuole medie e superiori.
Un altro paradosso è quello che in molti Stati europei il titolo di dottore di ricerca sia abilitante all’insegnamento e come, ai sensi della direttiva 2005/36/CE, l’Italia sia obbligata a riconoscere come abilitante all’insegnamento il titolo di dottore di ricerca conseguito presso paesi esteri in cui esso è ritenuto tale. Nel nostro Paese la percentuale di dottori risulta essere nettamente più bassa che nel resto d’Europa: su mille abitanti, la Finlandia ha 3,7 dottori di ricerca, la Germania 2,6, l’Italia solo 0,6. Lo scenario summenzionato appare in contraddizione con la visione di sviluppo delineata dall’Unione europea che stabilisce l’importanza del percorso di dottorato di ricerca nel percorso formativo del ricercatore, universitario e non, e della sua assunzione (Raccomandazione della Commissione riguardante la Carta europea dei ricercatori e un codice di condotta per l’assunzione dei ricercatori, 2005/251/CE), considerando la ricerca a livello dottorale cruciale nel guidare l’innovazione e la crescita economica…….Occorre riconoscere ai dottori di ricerca il potenziale ruolo di motore di trasferimento di conoscenza e innovazione nelle imprese, nelle professioni e in tutte le attività produttive, nonché nella pubblica amministrazione dove possono costituire una risorsa significativa per l’aggiornamento permanente e il rinnovo dei quadri dirigenti. Ritengo che la maggiore istruzione universitaria, basata su anni di approfondimento rispetto alla sola laurea, renda i dottori di ricerca una risorsa che sarebbe auspicabile poter utilizzare nell’ottica di una scuola di «qualità». Per questo motivo ritengo questo provvedimento utile ed urgente e confido in una veloce approvazione”.
Non dobbiamo neanche dimenticare la Riforma Madia (L. 124/15, art. 17 c.d. legge Madia: valorizzazione del titolo di dottore di ricerca, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 7, della legge 3 luglio 1998, n. 210, e dall’articolo 17, comma 111, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni»): “Per l’accesso ai concorsi, ferma la volontà di far accedere i candidati più meritevoli, è prevista da un lato, la preferenza per coloro i quali possiedono titoli avanzati, come dottorati di ricerca ovvero conoscenza linguistiche comprovate”.
A QUESTO PUNTO SEMBRA LECITO DOMANDARCI CHE FINE ABBIA FATTO L’IMPEGNO DEL GOVERNO NEI CONFRONTI DEI DOTTORI DI RICERCA!
Dopo tali premesse normative che evidenziano la preparazione formativa dei dottori di ricerca riteniamo di possedere gli stessi diritti dei docenti aventi tre anni di servizio e pertanto chiediamo che venga valorizzato il nostro titolo di studio tramite:
1) l’istituzione di un PAS non selettivo finalizzato al ruolo riservato ai
Dottori di Ricerca.
2) l’esonero della prova preselettiva nel concorso scuola 2019
3) un punteggio premiale sensibilmente maggiore per i Dottori di Ricerca nei prossimi concorsi scuola che daranno accesso al ruolo d’ insegnante nella Scuola secondaria di I e II grado.
4) il riconoscimento di tre anni di servizio scolastico pari alla durata del corso di dottorato frequentato.
5) “regolarizzare” in maniera più chiara il punteggio acquisito dai contratti d’ insegnamento svolti presso le Università italiane ed estere.
6) inserire nel calcolo degli anni/mesi di servizio che serviranno per l’accesso al PAS o concorso scuola 2019 anche gli anni/mesi relativi ai contratti stipulati con la scuola da parte di dottorandi e assegnisti che hanno usufruito del congedo regolamentato dalla circolare ministeriale N° 15 del 22/02/2011.
Restiamo in attesa di un Tavolo di confronto tecnico tra sindacati e Miur.
Sottoscrivono e appoggiano la seguente mozione:
Seguono firme
Inoltre appoggiano pienamente la mozione il gruppo “Valorizzazione del Dottorato di Ricerca nella P:A. costituito da ben 337 membri.

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