Abbandono scolastico al 12,7% con punte fino al 21% al Sud, un diplomato su 10 non ha le competenze minime: i dati Save the Children

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Il 12,7% degli studenti non arriva al diploma, perché lascia prima gli studi. Il 23,1% dei 15-29enni in Italia si trova fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione: il numero dei Neet è il più alto dell’Unione europea. Un quadro disastroso quello che emerge dai dati diffusi da Save the Children

Il 9,7% del totale, circa un diplomato su 10 nel 2022, non ha “le competenze minime necessarie per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università”. Un fenomeno quella dispersione impicita che già Invalsi aveva evidenziato alcune settimane fa e i cui dati vengono citati da Save the Children nel rapporto.

Se si guarda alle competenze nelle singole materie, in Campania, Calabria e Sicilia più del 60% degli studenti non raggiunge il livello base delle competenze in italiano, mentre quelle in matematica sono disattese dal 70% degli studenti in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna.

L’abbandono scolastico in quasi tutte le regioni del sud supera la media nazionale del 12,7%: in Sicilia si arriva al 21,1%; in Puglia al 17,6%, in Campania al 16,4% e infine in Calabria al 14%.

Secondo Save the Children, è evidente che vi sia un correlazione tra livello di apprendimento e alcuni indicatori strutturali. Ciò si può osservare guardando i dati: nelle province dove l’indice di dispersione implicita è più basso, le scuole primarie hanno assicurato ai bambini maggior offerta di tempo pieno (frequentato dal 31,5% degli studenti contro il 24,9% nelle province ad alta dispersione), maggior numero di mense (il 25,9% delle scuole contro il 18,8%), di palestre (42,4% contro 29%) e sono inoltre dotate di certificato di agibilità (47,9% contro 25,3%).

I dati sulla dispersione scolastica diffusi da Save the Children, purtroppo, confermano quanto era già emerso da altre rilevazioni: i due anni e mezzo di pandemia hanno colpito duramente soprattutto le fasce sociali più deboli e i territori del Paese che già scontavano una carenza di servizi e sostegni alle famiglie. La politica delle chiusure degli istituti portata avanti con pervicacia da PD e Movimento 5 Stelle ha contribuito a una deprivazione culturale a cui siamo chiamati a dare risposte. E dobbiamo farlo in fretta, per non aggravare una situazione già complessa“. Lo dichiara Rossano Sasso, sottosegretario del ministero dell’Istruzione.

L’analisi

Le scuole costituiscono degli avamposti imprescindibili per contrastare la povertà educativa, ma devono essere messe nelle condizioni di poter svolgere il proprio ruolo. Bisogna assicurare la continuità didattica attraverso la stabilizzazione degli insegnanti precari, che possono costituire un punto di riferimento preziosissimo in contesti di particolare fragilità sociale. Ma i docenti vanno anche valorizzati con stipendi adeguati e agevolando gli spostamenti verso i territori di origine. Va rafforzato il tessuto della formazione tecnica e professionale, che presenta dati lusinghieri a livello di opportunità occupazionali, e va ampliato il numero degli insegnanti di sostegno. Ma bisogna anche lavorare su forme di supporto per le famiglie, ad esempio rendendo detraibili fiscalmente tutte le spese sostenute per l’istruzione fino alle scuole superiori. Così si aiutano davvero i cittadini – sottolinea Sasso – non estendendo l’obbligo scolastico o con altre trovate estemporanee che stiamo sentendo in questi giorni”.

Nulla di nuovo, sembrerebbe. Ma le conclusioni del Rapporto evidenziano, sempre più, la drammaticità che caratterizza alcune questioni: la dispersione scolastica, i divari territoriali, la povertà educativa, le carenze infrastrutturali delle scuole. A questo vanno aggiunti gli effetti di una crisi che ha impoverito drasticamente interi territori e ampliato le sacche di povertà economica ed educativa” commenta Antonello Giannelli, presidente dell’Anp.

Prosegue Giannelli: “L’interconnessione tra questi elementi produce un corto circuito sociale ed economico. Troppi giovani non hanno competenze adeguate, non possono usufruire di agenzie formative diverse dalla scuola e sono privi di validi strumenti per orientarsi nel mondo del lavoro. Tutto questo determina condizioni di marginalità e di profonda insoddisfazione individuale oltre che influire sulla partecipazione al mercato del lavoro, sulle possibilità di occupazione, sui redditi e sul prodotto interno lordo”.

Il Presidente dell’ANP propone: “Grazie al PNRR disponiamo di una irripetibile iniezione di risorse economiche e le scuole non possono permettersi di perdere questa opportunità. Occorre fare scelte dirompenti per riorganizzare la didattica rendendola motivante e attrattiva anche servendosi di strumenti innovativi e per rendere la scuola, soprattutto nei territori più deprivati, il punto di riferimento per i giovani e le loro famiglie ampliandone il tempo da dedicare alle attività scolastiche e a quelle extrascolastiche che, comunque, sono occasioni di crescita”.

Conclude Giannelli: “Il nuovo Parlamento e il prossimo Esecutivo dovranno farsi carico di scelte strategiche per la scuola e per il Paese: senza una coraggiosa assunzione di responsabilità, lo scenario futuro sarà inevitabilmente fosco”.

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