“A scuola te ne devi andare”: se anche la mafia è in crisi di formazione. Tra consigli e tirocini, anche dentro Cosa Nostra bisogna studiare

“A scuola te ne devi andare” è il consiglio di Giancarlo Romano, capomafia di Brancaccio (il quartiere di Don Pino Puglisi), a un giovane tirocinante. Le indagini della Procura di Palermo hanno portato all’arresto di 181 persone accusate di voler ricostruire Cosa Nostra, ma raccontano anche di una certa nostalgia per i tempi passati e la frustrazione per la mancanza di formazione mafiosa dei giovani.
Insomma, anche a scuola di mafia bisogna studiare e bene, altrimenti il rischio è quello di sembrare “gli zingari. Se tu parli con quelli che fanno business, ti ridono in faccia. Ma questo business è? Siamo troppo bassi, siamo a terra ragazzi”.
D’altra parte, ce lo diciamo da tempo (e in tutti i settori) che in Italia esiste una grande distanza tra le competenze richieste dal mercato del lavoro e la formazione delle giovani generazioni. E anche i mafiosi se ne sono accorti. Dunque, non solo i settori dell’industria, del digitale, dell’innovazione, ma anche Cosa Nostra è in crisi occupazionale.
“Il livello è basso” è il sentire comune tra gli indagati, come dire che non ci sono più i giovani mafiosi di una volta. Erano quelli che sviluppavano competenze, facevano “il business”, costruivano relazioni e, soprattutto, stavano muti. “Oggi arrestano uno e si fa pentito, ma di che cosa stiamo parlando? Io spero sempre nel futuro, in tutta Palermo. Da noi, spero nel futuro di chi sarà il più giovane”. Le parole del boss Romano, intercettate dagli inquirenti, lasciano comunque la speranza in un futuro migliore per Cosa Nostra se i giovani dimostrano voglia di imparare. Ed è per questo motivo che consiglia al giovane tirocinante di andarsene a scuola (quella vera). Così, gli dice, “conoscerai dottori, avvocati, quelli che hanno comandato l’Italia, l’Europa”.
E Romano non manca di fornire esempi, tra il romantico e il pratico, al tirocinante. “Se tu guardi Il Padrino, il legame che aveva. Non era il capo assoluto, ma era molto influente per il potere che si è costruito a livello politico nei grossi ambienti”.
Lo stage per chiedere il pizzo: nuova frontiera dei PCTO?
Dalle indagini emergono anche gli stage per insegnare ai giovani a chiedere il pizzo. “Vieni qua che ti insegno, tu senti parlare me“. È il 2023 e Giuseppe Marano (poi arrestato nel marzo 2024 con l’accusa di aver gestito le attività della famiglia mafiosa di corso Calatafimi) sta insegnando il mestiere al giovanissimo Vincenzo Cascio. Sono molti i consigli che gli dispensa, tra cui l’umiltà di lasciare sempre l’ultima parola alla controparte. “Man mano che vai camminando, devi essere umile… scaltro – spiega al giovane – Fai parlare sempre a lui, l’ultima versione è la sua”.
Dalla teoria alla pratica, sotto la supervisione di Marano, il passo è breve, ma non soddisfacente.
Secondo gli inquirenti, tra le attività individuate dal 71enne Marano come possibili obiettivi di estorsione vi era un negozio di abbigliamento, inaugurato solo pochi giorni prima. Sebbene l’attività fosse gestita da una donna, il referente per la richiesta di denaro avrebbe dovuto essere un uomo. “Ci deve essere lui però”, raccomandava Marano al suo tirocinante, avvertendolo anche di fare attenzione alle telecamere di una banca situata nelle vicinanze del negozio. Pochi giorni dopo, un altro tentativo di estorsione avrebbe coinvolto un’azienda impegnata nei lavori di ristrutturazione di una bottega. Dopo alcuni sopralluoghi e la raccomandazione di lasciare il cellulare prima di agire, la giovane recluta ha avvicinato un uomo, scoprendo solo in seguito che si trattava di un semplice elettricista. Il giovane desiste, “domani mattina – gli dice – il muratore non c’è”, e Marano non è contento, “tu gli dovevi dire che si mette apposto“.
Insomma, questi giovani di oggi sono troppo impreparati e hanno bisogno di formazione specifica. Altrimenti, cosa ne sarà di Cosa Nostra?