A scuola comandiamo noi, forse. Lettera aperta di un giovane insegnante

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Inviata da Luca Nardi –  Alla mia prima assemblea da coordinatore di classe ero un filino teso. Dubbi amletici da supplente alle primissime armi mi frullavano per la testa: Come si gestisce un’assemblea di inizio anno? E se mi dimentico qualcosa? E se mi fanno delle domande a cui non so rispondere? Mi mangeranno vivo, garantito al limone… Poi arriva lei, è la Decana di Lettere, buona come il pane ma, quando si arrabbia, manda in frantumi i migliori vetri antisfondamento sul mercato, i suoi studenti la temono più della peste bubbonica; insomma, un pezzo da 90.

La Decana pronuncia per noi, prof alle prime armi, un urlo di guerra apaches guardandoci dritto negli occhi: “Ricordatevi bene che la Scuola è casa nostra e a casa nostra
comandiamo noi! Entrate a testa alta, sempre!”.

Che cosa mi diresti adesso, quasi otto anni dopo? Mi tranquillizzeresti usando le stesse parole rassicuranti? Oggi non sono più un supplente sbarbatello (il sogno si è realizzato!), ho le spalle larghe, qualche capello bianco e svariate soddisfazioni indimenticabili nel cuore. Credimi, la Scuola è, e sarà per sempre, la mia casa… Però è dura, durissima, comandare, sai! Mi piacerebbe tanto essere ancora considerato l’autorità senza macchia, l’istituzione da rispettare e da non mettere in dubbio per nessun motivo al mondo, perché l’insegnante è la Scuola e la Scuola non si tocca, ma oggi la mia casa è sempre più bersaglio di attacchi da ogni dove e, francamente, avrei bisogno di una coperta antiproiettili grande come un transatlantico.

Qualsiasi proposta, di prassi, va criticata perché si può fare sempre di meglio o perché bisogna omologarsi agli altri, che sono più cool di noi. Per sicurezza è opportuno metterci lo zampino, meglio se mediante sondaggi, raccolte firme, quizzoni su WhatsApp, dove la domenica sera si scrive eccome (chissene se gli stessi chiedono assoluta pace dei sensi per i loro cuccioli durante l’intero weekend).

Tutti conoscono lo scibile umano, dei provetti Sherlock Holmes con il quoziente intellettivo da urlo, tutti diplomati at the best school of specializzazione della didattica, della psicopedagogia, dell’Educazione Civica, del successo performante ad ogni costo, della guerra dei voti che il figlio diletto deve raggiungere ad ogni costo per posizionare l’ennesimo trofeo di famiglia in bacheca. E, poi, come dimenticare quanto siate tutti i migliori prof sul mercato di lettere, aritmetica, geometria, scienze, tecnologia, chimica, informatica, trigonometria, economia aziendale, fisica teorica, inglese, francese, tedesco, spagnolo, mandarino; tutti provetti Sinner, Van Gogh e Mozart; tutti esperti di tempo scuola normale e prolungato, settimana corta e cortissima, lunga e lunghissima su scelta facoltativa (perché, se vuoi, puoi!), rientri sì e rientri no. Viviamo in una società di esperti di correzione di verifiche, di griglie di valutazione, rubric, UDA, progettini e progettoni, laboratori STEM e PNRR coinvolgenti, accattivanti e giocosi, attività PON PAN E BIM BUM BAM, vittorie da Ola in concorsi, minimo nazionali, da mettere in bacheca perché “La scuola ha pochi soldi e
qualche premio in più serve, visto che il contributo volontario lo pagano sempre i soliti”.

“Troppa tecnologia no, eh! Mica ho tempo di controllare sempre il registro elettronico e i video che posta su Classroom! Ai miei tempi carta, penna e basta”… Fermi tutti! Si chiama didattica digitale integrata, non digital-only, e poi senti chi parla! ‘Sti passeri solitari non sanno nemmeno giocare a tombola, briscola, UNO e scala quaranta… ah, già! Non le insegnano più al babysitteraggio scolastico.

“E le gite esperienziali le fate? Ah, nooo? Come si fa a non andare in gita almeno con una
notte fuori in tre anni, e poi parlano di socializzazione!”. Però, se i vostri figli hanno l’unghia
incarnita ancora prima di partire, via a razzo con la denuncia perché non vigiliamo
abbastanza, notte compresa… “Siete pagati, è giusto così!”… “Ah, non vi pagano e siete
pure responsabili penalmente h24? Vabbè dai, avete vitto e alloggio gratis”… Certo, non ci
avevo pensato… che pivello!

Mia cara Decana, mi sa che, un po’ ovunque, tutti sono troppo avvezzi a dire che fai preferenze divisive o che sei troppo accogliente con chi non lo merita, tutti che vogliono le classi miste per incentivare la social-integrazione e, poi, tutti pronti a fare marcia indietro perché “Meglio l’altra sezione, dove si sta tutti insieme tra amici del paese”.

“18 ore alla settimana è lavorare? Dai, non scherziamo”… e poi “Non posso venire al suo ricevimento, io lavoro eh!” oppure “Scusi, genitore caro, è la Scuola che parla: sua figlia non si sente bene, la può venire a prendere?”. “Non posso, me la portate a casa voi? Cosa vi costa? Io sto lavorando”.

La classe va portata avanti senza lasciare indietro nessuno, classi parallele per gruppi di livello, studio assistito ben fatto fino all’ultima annotazione del registro elettronico “perché non voglio mica arrivare a casa e dover fare i compiti (sempre esagerati) con i miei figli! Ho altre priorità dopo otto ore di lavoro e poi li devo anche portare a fare calcio, batteria, catechismo, danza, compleanni, pizzate di classe e il sabato gare e partite! … Poi, colpo di reni ed inversione a U, “No, non va affatto bene come insegna, mia figlia si annoia, sbuffa, non è motivata se Lei non valorizza le sue potenzialità per stare sempre dietro agli altri. Lei è troppo buono e ne approfittano, gliel’avevamo detto… si ricorda?”. Eccerto che mi ricordo, ci mancherebbe.

 

Giusto per capire, quando andate dal medico gli dite voi cosa scrivere sulla ricetta per curarvi meglio? E se chiamate l’idraulico per la lavastoviglie infame che si rompe a
Capodanno, oltre a lamentarvi perché vi ha fatto la fattura (pure cara!), gli insegnate a fare il suo mestiere? La pizza in pizzeria la fate voi perché del pizzaiolo meglio non fidarsi? E, quando il vostro titolare vi consegna la busta paga, chiedete l’aiuto della prof di ripetizioni di fiducia per dimostrare a tutti i costi che ha sbagliato a fare i conti ed è colpa sua?

Cara Decana, la scuola è cambiata rispetto ai tempi dei miei genitori (dei miei nonni non ne parliamo!) ed è colpa nostra. Abbiamo perso autorità, abbiamo perso il rispetto intoccabile in passato, ci siamo fatti mettere i piedi in testa per non avere rogne. Abbiamo perso noi la determinazione nel dire a gran voce, in coro: “Questa è casa mia e qui comando io!” Con rispetto e dialogo reciproco, si intende. Ci siamo adeguati quasi a tutto purché non ci stressino, ci siamo seduti per fare il nostro e poi basta, “Di più chi me lo fa fare?”.

Ci siamo seduti ma non significa che ci siamo arresi, sia ben chiaro… “Temo di avere solo risvegliato il Gigante che dorme” disse l’ammiraglio giapponese Yamamoto dopo aver bombardato a tappeto Pearl Harbour.

Io non getto la spugna. E voi?

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