A proposito dei concorsi: forse sarebbe più onesto un sorteggio? Lettera

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Inviata da Chiara Geminiani – Conosco alcuni precari storici che, diciamo così, forse hanno avuto la sfortuna di essere stati convocati per la prova scritta uno dei primi giorni del concorso e si sono trovati domande a dir poco assurde, che hanno generato solo tanta frustrazione. Perché dopo tanti anni di studio e di lavoro, elemosinato e atteso ogni volta con angoscia, di fronte a quesiti inutili e – lasciatemelo pensare – perfidamente concepiti per eliminare, c’è chi si è trovato costretto ad affidare alla fortuna tutte le proprie possibilità di stabilizzazione professionale. Per l’ennesima volta.

Forse sarebbe più onesto un sorteggio? O forse di fatto questo tipo di concorso lo è, almeno in parte…

Mi piacerebbe sapere quanti docenti già di ruolo passerebbero gli stessi test…

Ma sorge anche un altro dubbio: non è che per caso “l’algoritmo” all’inizio proponga i quiz più assurdi poi, “il sistema”, vedendo come va, magari “corregga il tiro” e nei giorni successivi inserisca domande più realisticamente legate alla materia insegnata? Giusto per selezionare solo il numero adeguato di persone…

Scusate, è l’amarezza che ho letto nel volto di questi amici che mi ha spinto a scrivervi. Si tratta di persone che insegnano ormai da 20 anni e che da sempre aiutano e sostengono IN CLASSE, nella vita vera, tanti neo-quiz-abilitati, che forse conosceranno a memoria tutti i sonetti di Shakespeare, ma che spesso si sentono davvero impacciati davanti a classi di trenta alunni urlanti, a cui Shakespeare non interessa proprio. E sapete, dopo 20 anni questi amici, stanchi e frustrati, pur non essendo considerati “abili”, probabilmente sono quelli che riescono davvero a insegnare qualcosa soprattutto nelle classi che nessuno desidera avere…

Ma dopo vent’anni una persona dovrebbe aver appreso il proprio lavoro, giusto? Non è pratica, quella svolta?
Perché non la facciamo valere come abilitante, magari anche con un esame, ma sulle cose davvero importanti?

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