A Palermo “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, centinaia di studenti per il film: “Bullismo fenomeno che va combattuto e denunciato”

Proiezione "Il ragazzo dai pantaloni rosa"

Di bullismo si può anche morire. Lo sanno bene le centinaia di studentesse e studenti che stamattina a Palermo hanno assistito silenziosi e commossi alla proiezione de “Il ragazzo dai pantaloni rosa” nella sala De Seta dei Cantieri Culturali alla Zisa in occasione delle Giornate nazionali del “Cinema per la Scuola” promosse per il secondo anno nel capoluogo siciliano dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e dal Ministero della Cultura.

Silenzio in sala in segno di rispetto per la tragica storia di Andrea Spezzacatena, vittima di bullismo e morto suicida a 15 anni nel 2012. Dolorosa vicenda a cui il film si ispira e che vuole essere un monito contro ogni forma di violenza contro i più fragili.

Da Palermo e più in generale dalla Sicilia giunge forte il segnale di consapevolezza dei più giovani rispetto alla gravità di un fenomeno che non deve essere sottovalutato e anzi combattuto e denunciato affinché si possa fermare il dolore silenzioso che ancora tante, troppe ragazze e ragazzi vivono nel nostro quotidiano.

In sala la regista Margherita Ferri insieme al protagonista, il giovane Samuele Carrino e a Corrado Fortuna, l’attore palermitano che nel film interpreta il padre del ragazzo che hanno raccontato le emozioni che hanno accompagnato le riprese e che stanno accompagnando le proiezioni e le anteprime per le scuole. Il film da domani 7 novembre sarà nei cinema in tutta Italia, distribuito da Eagle Pictures.

“Il ragazzo dai pantaloni rosa” è stata l’ultima proiezione in programma delle Giornate del Cinema per la Scuola che hanno trasformato per tre giorni i Cantieri culturali alla Zisa di Palermo in una cittadella del Cinema per la Scuola ospitando registi, attori, case di produzione e distribuzione, ma soprattutto laboratori e seminari di formazione rivolti a docenti, dirigenti scolastici e operatori di educazione visiva per portare l’audiovisivo all’interno delle classi e della didattica. 1300 gli accreditati di questa edizione, quasi il doppio rispetto allo scorso anno.

“L’emozione è stato il sentimento più forte durante la lavorazione del film da parte di tutti, siamo stati un po’ investiti da questa missione, abbiamo sentito tutta la responsabilità di raccontare questa storia nel modo più onesto, autentico e pieno d’amore possibile”, racconta in una sala gremita, la regista Margherita Ferri.L’incontro con Teresa, la madre di Andrea Spezzacatena, è stato fondamentale perché ricordo una domanda che le ho fatto, che cosa ti aspetti da questo film. E lei disse: ‘Io mi aspetto un film pieno di vita, un film vitale, come era mio figlio’. E da quel momento è stato il faro che ha illuminato tutta la realizzazione del film, perché questo è un film sulla vita, un tributo alla vita di un ragazzo che a un certo punto non ha avuto gli strumenti, non ha saputo sopportare il peso di queste azioni di bullismo, di questa discriminazione che subiva e ha fatto questa scelta tragica di preferire di togliersi da questa terra, piuttosto che vivere la vita insieme agli altri perché gli altri lo facevano sentire sbagliato e immeritevole. Il film racconta proprio il punto di vista di Andrea e racconta che nessuna vita è immeritevole di essere vissuta, sono quelli che ti fanno sentire sbagliato o sbagliata che sbagliano.”

Il ragazzo dai pantaloni rosa

“Che sbagliano ma non sono sbagliati e la scuola prova a trovare in ognuno di loro lo spunto per continuare ad educare”, continua la moderatrice del dibattito apertosi dopo la proiezione del film. “L’educazione salverà il mondo e speriamo che chiunque si sia rivisto in questo film, sia docenti o ragazzi, abbia trovato lo spunto per capire che la parola che ci portiamo a casa oggi e su cui lavoreremo si chiama ‘alterità’. Lavoriamo sull’alterità, l’altro sono io, l’altro è quello che mi rappresenta, l’altro è quello di cui devo prendermi cura per essere curato.”

Interviene l’attore protagonista Samuele Carrino che in sala indossa una felpa rosa: “La indosso per lasciare un messaggio, quello che Andrea vive, e far capire alle persone che se uno si veste con un pantalone rosa o con una felpa fucsia, se uno è alto, basso o è in carne, uno si deve vedere bello, deve sentirsi bene, è tutto a posto, non bisogna discriminare per come si è.”

Poi interviene Corrado Fortuna, attore palermitano, che nel film interpreta il papà di Andrea, e si rivolge alla sala gremita di studenti e docenti giunti da varie parti d’Italia: “Io credo che ci siano poche altre soluzioni in questo mondo che non le parole. So quanto è difficile per i ragazzi, me lo ricordo, trovare il coraggio di parlare con gli adulti, però mi ricordo anche quanto certe volte è difficile per noi adulti parlare con i ragazzi. Non c’è una soluzione alternativa a questo, non c’è una soluzione alternativa al portare a galla roba sommersa, roba che piano piano può ucciderci. Questo è quello che mi sento di dirvi, grazie di avere visto questo film, per me è stato veramente molto importante.”

Dal pubblico, nel dibattito dopo la proiezione del film, interviene un docente: “Ero molto arrabbiato mentre vedevo il film, perché mi chiedevo da docente perché non c’è un professore nella trama? Più che una domanda è una riflessione. Io insegno italiano, forse per me è un po’ più semplice, noi a volte facciamo scrivere ai ragazzi, ed è uno strumento molto utile. Molto spesso però sento docenti che mi dicono: No, non lo fare, entri troppo nello specifico. Noi docenti siamo punti di riferimento. Chi fa, sbaglia, chi non fa, non sbaglia mai. Toppo spesso siamo presi dai programmi da portare a termine e non ci dedichiamo all’ascolto, ma una lettera che i ragazzi scrivono può far venire fuori fuori qualcosa d’importante.”

Risponde la regista: “Si parla di scuola, ma si parla del mondo dei ragazzi, che per gli adolescenti sono la parte più importante della loro vita sociale. C’è un punto molto bello e vero nel film che dice che quando sei adolescente, se sei socialmente morto, è la stessa cosa che esserlo davvero. Una frase molto dura, ma anche molto vera, perché l’accettazione da parte dei pari è più importante di quella della famiglia, perché nel periodo in cui ci si affranca dalla famiglia, ci si fanno tante domande, ci si chiede chi sono io, chi mi piace, cosa sarò. Per me era fondamentale raccontare Andrea nella scuola e nel mondo dei pari e dei ragazzi. Poi c’è la famiglia, c’è la madre, presente nella vita di suo figlio. Questo film è nato dall’incontro con Teresa Manes, la madre di Andrea, presente durante tutta la lavorazione del film.”

Interviene quindi il direttore di Eagle Pictures rispondendo sull’assenza della scuola nella vicenda di Andrea Spezzacatena: “Quando Teresa e io abbiamo cominciato a lavorare insieme, quindi lei mi ha confidato quello che è successo, è emerso che la scuola non c’era. Lei ha trovato una specie di muro di omertà, sia per quanto riguarda il corpo docente che per quanto riguarda i ragazzi. Dobbiamo renderci conto che era il 2012, non esisteva ancora il reato di cyberbullismo, non se ne parlava, quello di Andrea è stato il primo caso e questa cosa ha spaventato molto sulle responsabilità. Oggi mi piace pensare che anche grazie a un film come questo ci sia una sensibilità molto più grande. All’epoca la scuola non era presente e questa cosa nel film viene si, rappresentata. Andrea era un ragazzo come molti altri, magari come qualcuno anche in questa sala, che tendeva a non comunicare con la famiglia, tendeva a farsi carico di più cose che le sue fragili spalle potevano sostenere, quindi la famiglia fa fatica a interpretare il proprio figlio. L’insegnante invece ha una posizione privilegiata perché vede questo ragazzo 5 ore al giorno, 6 ore al giorno e per 5 giorni alla settimana, vede le interazioni tra i ragazzi, quindi è molto più capace di intercettare certe cose.”

Il disagio mentale giovanile oggi purtroppo è in aumento. La speranza che film come “Il ragazzo dai pantaloni rosa” possano essere di aiuto, che storie come quella di Andrea Spezzacatena non si ripetano e la soluzione che lui ha trovato non dev’essere una soluzione, è palese e si fa forte in sala. “Se questo film può aiutare noi lo apprezziamo”, conclude infine il direttore generale per la comunicazione e le relazioni istituzionali del Ministero dell’Istruzione, Giuseppe Pierro.Nel 2012 non c’era la legge sul bullismo. Era la legge emanata nel 2017 che ha istituito la figura del docente referente per il bullismo in ogni scuola: si tratta di quei docenti che noi formiamo ogni anno. Gli insegnanti che oggigiorno a volte devono fare anche i supplenti di famiglie che non riescono a dare sostegno ai propri figli, a loro dobbiamo dare strumenti per mettersi in empatia e in relazione con i ragazzi. I ragazzi di oggi non sono più quelli di un tempo, il nostro compito quindi è formare i docenti e dare gli strumenti per intercettare il disagio e sapere che c’è qualcuno che può sostenere i ragazzi.”

Exit mobile version